SOTTO IL CIELO DI BERLINO è SUCCESSO UN CASINO

Ci sono dei post che vanno scritti di getto, altrimenti sfuggono. Ho fatto tante volte l’errore di lasciarli andare, nonostante lo spunto fosse brillante, per pigrizia, per l’idea che avrei dovuto sedimentare e migliorare i concetti ed era una cazzata.
Quindi se già la scrittura quella vera dev’essere un succo di istinto, figuriamoci che problema c’è se ci sono degli errori nelle cacate che scrivo io.
Nzomma sto scrivendo questo post su una splendida poltrona con pouff di camoscio grigio, col mio pigiamino di Oisho preso ai saldi due anni fa, in un cinque stelle del centro di Berlino.

berlino
Parte tutto dal fatto che si vede palesemente che al lavoro mi rompo i coglioni così SpidiGonzales, spinta da Soviet, ha acconsentito a mandarmi a un sammit internazionale a Berlino per QuelliTipoGugol. Detta così sembra molto una figata, in pratica sono due giorni in cui io e altri tipo me staremo a parlare del nulla in un inglese stentato, si lavorerà come forsennati nelle pause tra una riunione e l’altra e vedremo sfumarci in orribili pasti tra colleghi i soldi che avremmo voluto a fine mese come aumento nel bonifico dello stipendio (assenza di virgole voluta, nda).
Nzomma niente, siccome AirBerlin ha deciso di andare a zampe per aria, sono dovuta partire di lunedì pomeriggio per andare a una riunione di martedì mattina. Quindi al mattino lavoro da casa in pigiama e al pomeriggio arriva una bellissima auto privata con autista a portarmi in aeroporto perchè devo viaggiare con una compagnia lowcost (cosa che per me è la norma ma in ufficio  mi guardavano tutti come se stessi per partire per la campagna di Russia con le celeberrime scarpe di cartone).
Ed eccomi su questo pulmino Mercedes coi sedili in pelle nei miei ginz di Primark da 12.99. Iniziamo con una bella fila in tangenziale di 40 minuti, e vabbè tanto sono in anticipo.
Arrivo a Malpensa, faccio la mia bella fila, mangio la focaccia, compro 15 grammi di carote essiccate per due euro, attendo un’oretta e mezza l’inizio dell’imbarco.
Solita fila a imbuto, tra la mischia si stagliano forti e chiare le urla di due neonati sotto i sei mesi ma con dei polmoncini da futuri campioni di apnea. Vabbè, siamo tanti, figuriamoci se capitano vicino a me.
E, in pieno mood Trenitalia, le hostess annunciano overbooking che, per chi non fosse pratico, vuol dire che queste facce di merda hanno 100 posti sull’aereo ma vendono 130 biglietti così, alla pene di segugio. Simpatici come la scabbia chiedono se ci sono volontari per prendere il volo successivo. Indovina indovinello? Non ci sono.
Arrivo all’imbarco vero e proprio e mi sottraggono il bagaglio a mano dicendo “prenda l’indispensabile” lasciando presagire che la mia povera valigia chissà dove sarebbe finita. Ed eccomi quindi avviarmi all’aereo con un computer, una 24ore, la mia borsa, il cappotto, il barattolo di avena e succo d’arancia, le dispense di spagnolo e il materiale per la riunione di domani. Praticamente nel trolley c’erano rimaste giusto giusto le mutande e il deodorante.
Per salire usiamo il finger? no. Usiamo la navetta? no. Annamo a piedi in mezzo alle piste, tu guarda MeriPoppins se devo morì schiacciata da un aereo low cost.
L’aeromobile è a dir poco stracolmo e io, manco a dirlo, ho il posto al centro tra due sconosciuti, vamos. Lato finestrino un signore in giacca, tedesco, che si addormenta tempo due minuti. Lato corridoio una signora tedesca molto tipica: mezz’età, alta, capello corto, ginz, atletica.
Io ho dimenticato anche una rivista e non ho nulla da fare per le prossime due ore se non guardarmi intorno. Scampato il pericolo neonati mi pare che ormai il peggio sia passato…e invece la vita è bella perché fa schifo.
Dunque scopro che il passeggero della stessa mia fila ma dall’altro lato del corridoio è il marito della signora atletica accanto a me e che, nonostante lei stesse leggendo un romanzo di Roversi in tedesco, avevano programmi del tutto diversi per questo volo.
Infatti non appena si spengono le lucine di obbligo di cinture allacciate, la signora bella bella si sporge in avanti e tira su il sacchetto del duty free. Estrae una bottiglia di Barolo appena stappata e riattappata a mano e due bei bicchieri da osteria di vetro spesso, proprio quelli delle fraschette di Ariccia, uno per sé e uno per il suo bello. Versa due belle bicchierate di rosso e daje col vino.
Un bicchiere, poi un altro, poi un altro ancora. Cerco di chiudere gli occhi visto che l’odore del vino mi disturba, figuramose quanto mi sono disturbata quando con gesto tecnico la signora ha accavallato le gambe ed emesso quelle quattro o cinque sonore scoregge come se nulla fosse, leggendo il suo romanzo e sorseggiando il suo Barolo.
Vorrei avere metà della tua noscialanza, signora tedesca snella e puzzona e affrontare la vita con questa ebbra serenità.
Finalmente atterriamo, la signora e il marito sono palesemente ubriachi ma vedo la luce in fondo al tunnel.
Quindi riattraversiamo le piste a fette, rischiamo di farci stirare da un furgoncino e entriamo da una porta secondaria verso i nastri portavaligie. La porta secondaria era evidentemente un’uscita di sicurezza e infatti suona ininterrottamente un allarme a fischio per tutti i 15 minuti in cui attendo la valigia. Un piacere per l’Amplifon.
Esco e vedo la fila dei taxi, mi metto in coda e c’è un tizio col gilet giallo fluo che dirige gli avventori verso i taxi disponibili. Gli italiani sono miracolosamente tutti in fila indiana su questo marciapiede quando una coppia di tedeschi prende e sale sul taxi che si trova davanti. Non l’avesse mai fatto: al tizio col gilet viene la bava alla bocca e comincia a urlare delle robe che, alle mie orecchie profane, suonano come la dichiarazione di guerra alla Polonia. Corre come un forsennato verso quel taxi e comincia a lanciare giù le valigie dal portabagagli scatenando a sua volta l’ira del tassista e del marito della coppia.
Proprio allo scattare della rissa mi infilo in una macchina e do l’indirizzo dell’hotel a quel tamarro del tassista che controlla uozzapp mentre sfreccia a 170 nella periferia berlinese con un cd di Taylor Swift a palla nello stereo.
E anche oggi una cosa normale la faccio domani.

 

E siccome questo è un blog di informazione scientifica è bene che sappiate che ci sono teorie su Taylor Swift nazista 

DAMMI DUE BOTTE, ALMENO AI VETRI

I più penseranno che su Parigi si sia già scritto tutto, e invece.

Ero convinta, convintissima, avevo iniziato a scrivermelo in testa in metropolitana, il mio bell’articolo sul femminismo.
Una congiuntura di fattori mi aveva portato a immaginare una serata da sola, visto che il Primate è all’estero, sul divano, visto che la signora delle pulizie ha sistemato i cuscini, con un bicchiere di vino bianco, visto che è venerdì, a scrivere su come si conciliano femminismo e chirurgia plastica, visto che sono uscita a pranzo con Teddi che- in fondo in fondo – si schifa che mi sia piegata ai canoni di bellezza vigenti.
Mi succede spesso quando parlo con Teddi, lui mi dice “non mi aspettavo che ti rifacessi” e a me scattano le madonne sul femminismo perché non mi devi mica giudicare, mi sento meglio con me stessa, ho diritto ad avere dei complessi mantenendo dei principi, migliorarsi non è mica snaturarsi e blablabla…ché alla fine il bocciodromo è mio e lo gestisco io.
Nzomma, volevo fare tutta sta bella disquisizione e avevo argomenti. Ma, c’è sempre una congiunzione avversativa, poi mi sono sentita con AmicoGaioLondinese che ora è AmicoGaioParigino.
Mi scrive perché, dopo anni, finalmente a giugno passa per Milano e ci rivediamo, ovviamente non vedo l’ora. AmicoGaioParigino ha una delle qualità che preferisco negli esseri umani: unisce un cinismo osceno a una grande sensibilità e alterna le due caratteristiche continuamente e senza preavviso.
Passerà per Milano, dicevo, perché vive all’estero da tanti anni e vede pochissimo la sua famiglia, così ha preso quest’abitudine di fare un viaggio in estate coi suoi genitori e quest’anno tocca al Giappone.
AmicoGaioParigino è alto, ha la faccia da ragazzino con la barba, occhiali stilosi, barbettina accennata, smilzo, pelle chiara, glabro e quando era ancora un suddito della Betty, si spaccava di palestra risultando così smilzo ma pompatello.
Ora anche lui lavora da QuelliTipoGugol e quindi fa i corsi di palestra in orario lavorativo.
Pe’ falla corta e pe’ falla breve, io volevo attaccare un pippone sul femminismo sul blog, ma poi c’è stata questa conversazione:
arin 1arin 2arin 3arin 4arin5arin 6

Morale della favola, sto sul divano con uno yogurt alla mela verde, i piedi gelidi e sta minchia di guaina che mi sega in due per la lunga, mortacci di tutti sti gancetti.
Però adesso so tutti dei membri filippini, e scusa se è poco.
E anche oggi la vita mi ha dato una grande lezione, ovvero che la geolocalizzazione del 2017 è “il mio amico ha detto che sei carino e ti vorrebbe conoscere” del 2001.

RICOMINCIARE DALLA PUNTA GIALLA

La domanda comune che viene chiesto nel business è, ‘perché?’
Questa è una buona domanda,
ma una questione altrettanto valida è: ‘perché no?’
Jeffrey Bezos

Ero così impegnata a ricordarmi di splendere sempre che mi sono scordata del blog, per due fottuti anni.
Ho scritto in testa seimila post, li ho rivisti, corretti, ampliati e impaginati tutti sempre nella mia mente…eppure al momento di prestidigitare: niente, il nulla cosmico, la favella di Caterina Balivo, una roba noiosa e soprattutto svogliata.

Me l’ha detto una sera Ventiseitre a Milano (capite come cambia la vita?), davanti a un cocktail il un locale tamarro semicentrale: ci ha rovinati Feisbuc, ci ha mangiato e ricacato, si è preso i bloggher, ne ha spremuto un po’ di essenza e se li è tolti dai denti con uno stecchino disgustoso.
E io ci sono cascata in pieno, evitando così di raccontare l’esperienza di vita della Birmania, la quotidianità col Primate, il matrimonio che per le lacrime servivano i frangiflutti di MAU, il fidanzato anziano di MAS, AGB che si sposa Cervellovale con delle Manolo Blanhik con le piume che te dico SaraJessica areggimergiacchetto, AmicaUmbra che diventa una svuingher, Mun che incontra il suo primo pezzo di merda a 30 anni e lo liquida – relativo coro da stadio, un viaggio negli Stati Uniti che mi ha aperto un universo parallelo al mio universo in continua espansione di amore per i trucchi, la mostra di Barbi, quanto mi piacciano le barbe, quella grandissima baldracca della legale biondanaturale dell’azienda Brum Brum con cui sono finita quasi al chetfait…due anni di vita intensi e colmi di cambiamenti che qui si sono persi e probabilmente anche la mia memoria ha in gran parte rimosso.

Tra me e questo amato diario si sono inseriti degli elementi che – a onor del vero – nessuno può permettersi di trascurare: le GIF, le meravigliose GIF che mi ipnotizzano per ore, Instagram…Instagram e i suoi video da quindici secondi da guardare senza soluzione di continuità: gattini che rotolano, ombretti che si sfumano, KylieJenner e il padre travone  (ailoviu darlin!) più fine, Internazionale a pagamento sul cellulare, le mie amate polemiche sterili sui soscial intorno a frasi come “ricordati di splendere sempre” (ma anche di passare lo scopino del cesso, aggiungo io).

Ma il blog è un primo amore: lo sai che non sarebbe più lo stesso ma prima o poi la cazzata di tornarci la fai. (spoiler: per un po’ ti piace perchè ti fa tornare chi eri, ovvero la persona che detestavi e da cui volevi allontarti – e infatti l’hai fatto – per poi farti tornare ad avere lo stesso desiderio, ovvero ridiventare quello che sei ora…insomma una specie di Inzepcion in cui non si capisce un mazzo ma tanto che ci sei balli)

Se dovessi parlare di alcuni punti salienti che hanno caratterizzato quantomeno il mio 2015 direi: ho imparato a mettermi molto bene l’ailainer e me lo metto tutti i giorni, ho fatto ricrescere i capelli naturali per capire che se me li sono sempre tinti biondi un motivo c’era ed era valido, ho iniziato a lavorare in una di quelle americanate moderne che quando lo dici tutti ti dicono “macheddavero lavori in QuelliTipoGugol?”con Teddi – il capo allucinante, faccio un corso di ballo anni ’30 col Primate che si dimostra un signorino da denzflor, mi sono colorata i capelli di turchese e viola come un unicorno perché tanto ormai me li sono tinti e quindi tanti auguri,  ho smesso di mangiare il pesce e iniziato a mangiare le lenticchie …ingrassando enormemente. Fottute lenticchie scoreggione. (*su questo devo tornarci, nda)

Non è semplice ricominciare ma mi ero ripromessa di farmi un bel regalo quando avessi ritrovato il coraggio di affrontare questo noioso template, e quelle decolté scamosciate a punta e tacco giallo canarino si meritavano decisamente uno sforzo. E poi questo blocco era per me come un brufolo maturo che fa male e ti fa cessa: quando c’è la punta gialla, devi farti coraggio e spremere.

Sono stanca, ma felice.

 

 

L’ADDIO AL NUBILATO E’ UNO SOLO, NON SPRECATELO

Girls they just wanna have some fun 
Get fired up like smokin’ gun 
On the floor til the daylight comes 
Girls they just wanna have some fun
(Madonna – Girl gone  wild)

A distanza di tanto tempo è abbastanza complicato descrivere che megafigata sia stato il mio addio al nubilato, procederò quindi per scene (scopiazzando la tecnica e l’idea da un libro letto recentemente):

Scena di me impanicata facendo il bagaglio secondo le nebulosissime indicazioni di AmicaUmbra.
Scena di me che scendo con uno stile marinaretto e vedo la C3 turchese metallizzato di AmicaUmbra sotto casa con una scritta zebrata sulla fiancata e sul finestrino con tanto di frecce.
Scena di me a dumila.
Scena di me che penso che andremo alle terme sul lago di Garda e mi prendo male.
Scena di me esaltata per ogni cosa.
Scena di me che penso che andremo a Riccione.
Foto con la CocaCola con scritto “Vamp”.
Scena di me che capisco che non andremo sul Garda (me felice).
Scena di me all’arrivo della pensione sul mare a Cervia.
Scena di me in costume con la cellulite a vista.
Scena di me a dumila per l’arrivo di altre amiche.
Scena di me che faccio il bagno con le amiche.
Scena di noi che usciamo dal mare camminando contro i cavalloni coi capelli bagnati d’acqua salata, la pelle baciata dal sole, i costumi umidi appiccicati alle procaci forme. Nzomma, scena di noi che sembriamo le Amazzoni – Extreme Diet Edition.
Scena di Mun col suo costumino a bandiera americana e di me che continuo a toccacciare le tette di AGB perchè sono le più belle che io abbia visto dal vivo e vere.
Scena di noi impazzite che ci vestiamo e pettiniamo e ci proviamo tutto e ci trucchiamo tantissimo.
Scena di noi in pizzeria con le amiche che mi danno i regali più belli del mondo tra cui: un album con la selezione delle nostre foto più imbarazzanti e/o belle, foto delle marachelle, foto che nessuno vedrà mai; un contratto in cui si giura e si firma che quello che happens in Cervia stay in Cervia, regali da casalinga fescion.
Scene di noi che ci facciamo ciupiti di vodka alla menta e cerchiamo le 8 differenze col Listerin.
Scena di me che vado sui miei tacchi a spillo dal barista e dico “scusa mi allunghi il cocktail gentilmente…così è imbevibile” e vedo la tipa che fa al barista “senti il cocktail della signorina è imbevibile”.
Scena di donne in spiaggia che si confessano, dormono, spremono i peli incarniti, smessaggiano, spettegolano.
Scena di paura e delirio a Las Vegas (noi che scegliamo i nostri outfit).
Scena di un pulmino bianco che arriva a caricare questa macchinata di vulva allo stato puro che siamo noi dopo due ore di trucco parrucco e moooolto tacco.

tacchi

spilla Scena di tutte che tirano fuori un pacchettino: spilla fuxia  con scritto BIONDA SUPREMA (sul mio) e VORREI TANTO ESSERE BIONDA  (sulle loro).

Scena delle scene: l’arrivo del buchè. Semplicemente ineguagliabile. Merita un post apposito e molte richieste. 

Scena del pulmino di vulva che ci scarica giusto davanti davanti al Papeete Beach.
Scena dell’arrivo di Tatta che ci raggiunge al Papeete e di noi che entriamo come principesse in tubini e tacchi che Cheit Middelton in confronto è na buzzicona de TorMarancia in questo posto pieno de grezzi ma così grezzi ma così grezzi.
Scena di me che poso col mio buché in tutte le foto del mondo (sarò sicuramente nelle foto degli addii al celibato dei vostri amici, ma non lo saprete mai).

culi
Scena di diciottenni strafatte che ballano in tanga, scena di palestrati coatti, scena di addii al nubilato molto meno fighi del mio. Scena di noi che diciamo “ma te rendi conto che quella ha trovato uno che se la sposa? non ce credo”
Scena di uomini che ci adocchiano e noi facciamo le sceme e poi li cazziamo.
Scena di dialogo: “quanto sei bona!” e io: “grazie, come sei spontaneo!” e lui “te metterei a pecora!”
Scena di me senza parole (ma con molti insulti)
Scena dei suoi amici che vengono a scusarsi.
Scena di lui che torna, io che gli faccio “ma che vuoi?” e lui: “volevo dirti che sei molto bella, hai un sorriso e degli occhi stupendi, scusa per prima”
Scena di me moralizzatrice soddisfatta.
Scena di noi che andiamo a cena e di AmicaUmbra che se rimedia anche l’impossibile per strada col suo abitino verde albero con tanto di uno che prende in pieno un palo mentre cammina.
Scena di un gruppo di fighi che ci dicono “voi sì che siete forti, mica come quelle zoccole là dentro”
Scena di me che penso “La regola del più FI* non si smentisce mai”
Scena di noi che ci scofaniamo l’impossibile in un ristorante bellissimo che alla fine ci offre delle caipirosche alla fragola. Per dire quanto siamo femmine.
Scena di me che compilo un CRUCIPERLA.
Scena di noi che spacchettiamo il kit da Dive: ciocca di capelli rosa, braccialetto brandizzato con il motto “incontrarti è stato etilico”, ciondoli e collane a forma di  rossetto e trucchi, carte con uomini nudi per giochino interattivo. Noi splendidamente abbinate grazie alla maestria di AmicaUmbra che a confronto Saatchi&Saatchi è un ubriacone che mena la moglie. 
Scena di noi che prendiamo un taxi con l’autista ovviamente pippato come Fabrizio Corona e che corriamo a mille all’ora alla Villa Papeete.
Scena di uno che cerca per ore e ore e ore di pomiciarsi Marchigiana Simpatica, unica donna al mondo che va al Papeete con le calze e i decolleté perché senza “fa cafone”. Da notare che al Papeete Beach era stata assalita da un quarantenne palestrato-tatuato-con lo slip che gli aveva infilato due dita nel bicchiere e succhiato il ghiaccio con fare da Brigitta Bulgari e strizzando l’occhio. Darei un piede per avere la foto della faccia di MarchigianaSimpatica in quel momento, col suo abito blu con le farfalle.
Scena di me che grido con tutti questi sciamannati “SO-LO PAPE-TE! SO-LO PAPE-TE!”
Scena di numerosi e numerosi uomini che lo appizzano con un certo ardone a Tatta. Ma na cosa impressionante, come ci giravamo un attimo c’era uno che glielo appizzava con veemenza. E dire che è una gran bella ragazza, ma stava anche senza tacchi e mezza struccata… Tanto che a una certa mi giro e le faccio “Tatta tutto bene?” e mi sento rispondere: ” sì ma mi fa un po’ male il culo”.
Scena di uno sfigato mortale che passa chiedendo a tutte “ma tu sei fidanzata?” e sentendosi dire sì da chiunque. Chiunque tranne Mun che, in un accesso di sincerità coniugata al poco rimorchio serale, risponde un secco “no!” e si sente controbattere, da questo con faccia più che stupita, “allora goditi la vita!” . Io che mi cappotto con AmicaUmbra.
Scena di me che grido con tutti questi sciamannati “SO-LO PAPE-TE! SO-LO PAPE-TE!”
Scena di un nano sborone che tenta di rimorchiare insistendo come un dannato sia me che MAU. Probabilmente senza distinguerci. Continuando a ripete che c’ha la barca a Spezia e che ci porta in barca.
Scena di Mun che prende a gomitate una e noi terrorizzate dalla megarissa (che, diciamocelo, ce stava tutta!)
Scena di me che convinco uno a tenerci la borsa piena di scarpe di ricambio.
Scena di me che grido con tutti questi sciamannati “SO-LO PAPE-TE! SO-LO PAPE-TE!”

Scena di noi che balliamo, io sono una forsennata.
Le cantiamo tutte ma tutte ma tutte. Io impazzisco quando mettono a palla questa canzone coatta che amo pazzamente. Ballo ballo ballo da capogiro.
Scena di me che grido con tutti questi sciamannati “SO-LO PAPE-TE! SO-LO PAPE-TE!”
Scena di questo che mi si mette a parlare mentre mi siedo su un muretto con una camicia bianca oscena, tutta tipo paggetto medievale per quanto era larga e rimbolsata nei calzoni. Che si vede che vuole tentare un approccio e, quando gli spiego che sto per sposarmi, mi attacca la pippa sul fatto che ha 38 anni e vorrebbe un figlio e la sua compagna si è allontanata per un periodo ma lui vuole una stabilità e forse si prende un anno sabbatico dal lavoro per capire i valori della vita. Dentro al Papeete.
Scena di me che grido con tutti questi sciamannati “SO-LO PAPE-TE! SO-LO PAPE-TE!”
Scena di un altro che mi ferma tornando dal bagno e le prova tutte: vieni con me/parliamo un attimo/quanto sei carina/ noi dai non andare via/ dai almeno un bacio/ proprio perché ti sposi che ti frega… per finire con “mi sono lasciato da una storia importante, per me lei era quella giusta ma ora è così e io ci soffro, non me la sento di avere una storia nuova, la amo ancora ma non so se credo nell’amore”.  Dentro al Papeete.
Scena di noi che balliamo, io sono una forsennata.
Scena di me che grido con tutti questi sciamannati “SO-LO PAPE-TE! SO-LO PAPE-TE!”
Scena di noi che facciamo chiusura. I baristi se ne vanno, il sole sorge sulla Villa Papeete, le cubiste scendono dalle impalcature su cui erano appese a cavalcioni di palle da discoteca (“stasera Maruska e Priscilla ci stanno sulle palle!” cit.), la musica si spegne, i buttafuori raccattano i cadaveri. Rimaniamo giusto noi e le baldracche (cit.)
Scena di noi in albergo, saluti, abbracci, gioia e poi noi alle terme.

Glisso sui disastri del viaggio di rientro giusto per dire che erano anni che non sorridevo così tanto. E che non rimorchiavo così tanto.
Ho le migliori amiche di sempre, fossi in voi mi invidierei un bel po’ parecchio.
E’ stato un fine settimana perfetto, perfetto, perfettissimo. Non ridevo e non ballavo così tanto da tempo. Per dire, ho anche fatto la cacca.

* Regola del più FI: se non puoi essere più FIga, sii più FIne

LA GRANDE BELLEZZA, LA GRANDE NOSTALGIA

Ieri sono stata al cinema a vedere il nuovo film di Sorrentino, “La grande bellezza”. Toni Servillo d’ordinanza, uno splendido (come sempre) Verdone, un’agghiacciante Serena Grandi, la solita pallosa Isabella Ferrari e una Sabrina Ferilli credibile per la prima volta in vita sua.
Insomma: ci sono tutti gli ingredienti per piacere a un pubblico intellettuale e commerciale di sinistra.
Io, per dire, l’ho adorato.
Di cosa parla il film probabilmente lo sanno tutti, come il fatto che Sorrentino ha sempre una fotografia della madonna e un team di correttori del colore che fa spavento peggio di Cliomecap. Il film è ambientato a Roma, le immagini della città sono meravigliose, struggenti e poetiche in maniera sublime.
La narrazione è lenta e molto all’italiana, primi piani a pioggia con luci e ombre calcatissime.
Ma più di tutto per me è stata una riflessione di due ore sul senso della bellezza e dell’arte. Spesso mi sono interrogata su quello che significa l’arte per le persone, per la gente e per i singoli, capendo in fondo che queste riflessioni sui massimi sistemi non sono alla portata del mio intelletto e ritenendo che alla fine le mie conclusioni fossero molto banali. In qualunque caso ho almeno capito cosa penso sia l’arte per me, o almeno cosa mi piace delle espressioni artistiche e posso riassumere il concetto in due grandi filoni: cose che non saprei capace di immaginare e che quindi mi stupiscono molto (vedi gli intrecci di Palanhiuk) e cose in cui ritrovo una parte di me al meglio o al peggio con sfumature nette (ed ecco Sorrentino o Ammaniti).
Guardando a Roma, alla Roma ladrona e caciarona, con gli occhi del regista non ho potuto fare a meno di capire perché ultimamente sogno continuamente le strade di quella città che ho tanto criticato quando ci abitavo.
Perché, sì, è vero, Roma è davvero impossibile e troppo troppo caotica, è maleducata e invadente, puzza e appiccica, urla e schiamazza e scola d’olio agli angoli della bocca mentre mangia, suona mentre attraversi sulle strisce, spintona e commenta continuamente e tutto questo è semplicemente insopportabile. Non si può negare, soprattutto se non è la propria città natale.
Eppoi però, regina delle contraddizioni, apre scenari meravigliosi, si permette di non truccarsi perché di suo ha degli occhi splendidi e espressivi, ha le rughe di espressione di chi ha qualcosa da raccontare e ne ha viste tante, non si giustifica nemmeno tanto alla fine ti travolge. Ti avviluppa ma anche ti accoglie, ci resti un anno o due eppure non ti senti di passaggio. Diventa mamma Roma, anche se non lo capisci, poi lo senti.
E quindi alla fine io ci ho visto questo di me, in questo film e in questa città, tanti difetti e dei problemi davvero irrisolvibili, delle zone inspiegabilmente lasciate al degrado e molti germogli che non verranno mai coltivati, le merde di cane per strada,  i tossici che ancora ti chiedono cento lire in stazione, le borse contraffatte e i fregaturisti ma anche i tramonti più belli del mondo, una cucina appassionata e gustosa, delle tradizioni impossibili a morire, il cinismo e il sarcasmo, le risate sempre e la poesia popolare.
Praticamente tutte cose abbastanza difficili da spiegare a chi non ci ha vissuto e l’ha vista tre giorni da turista, tutte cose assolutamente incomprensibili per un milanese o chi per lui.
Roma, come dicono di Totti i suoi tifosi, non si discute, si ama.
Ho pensato per due anni che la città mi mancasse tanto per le persone, per gli amici, per il lavoro. Invece mi sbagliavo e l’ho capito solo ieri sera in una sala del Bicocca Village.
Il vuoto che mi capita di sentire non è altro che abitudine al bello quotidianamente disattesa. Sono cresciuta sulle cose del Gargano e tra le valli umbre e poi approdata a Roma, ho assorbito anni e anni di paesaggi e borghi e opere d’arte che ormai mi fanno da lenti a contatto. E c’è poco da fare e poco da dire quando i mezzi arrivano in orario (che poi, Pisapia mio, c’è da aprire una treccani…) perchè la bellezza, come il buonsenso, se non ce l’hai nessuno te la può dare.
Appena ho il coraggio ci torno, perchè nonostante una grande nostalgia quello che ti lascia Roma è soprattutto la sensazione di un cielo perennemente assolato.

ORNITOLOGIA E MISTERI

Insomma a fine settembre io e Primate andiamo a fare la prova del ristorante. Sì, sì, il ristorante per il matrimonio, esattamente. Quindi, sì, stiamo scegliendo la data e i fiori e la musica e tutto quanto. E no, non abbiamo ancora abbastanza soldi. E, sì, ovviamente mi sono già messa a dieta (consiste nel mangiare passati di verdura e quindi dimagrire un po’ per le poche calorie e un po’ tramite cacarella).
Quindi, insomma, io un mio equilibrio sentimentale devo dire che l’ho trovato. Certi giorni ammazzerei il mio bello, ma se così non fosse probabilmente non me lo sposerei. Lascio a un secondo momento quelle riflessioni tipo: e quindi pensi di non accoppiarti mai più con uno che non sia lui? Sono decisioni di un certo calibro.
Fatto sta che, come questo blog dimostra, i rapporti maschio-femmina sono sempre più complicati. Sembra che più andiamo avanti con gli anni, cresciamo, facciamo esperienze e meno troviamo il verso di comportarci in un modo che funzioni reciprocamente. Sono cose che ti fanno rivalutare il “vuoi metterti con me? fai una croce su SI’ o NO”, almeno era chiaro e semplice e una prendeva una posizione e lì stava sino a che non ci si lasciava. Adesso è tutto un andirivieni di metti-foto-su-feisbuc, mi commenta, mi dice mi piace, ciattiamo ma non mi chiama, usciamo da due mesi ma non trombiamo, trombiamo da due mesi ma non usciamo, mi ha portata a cena con gli amici ma non mi ha baciato, ci scrivevamo email da un mese quindi ora siamo fidanzati in casa…in a few words: la gente stanno male.

E questo è un paragrafo.

L’altro invece è questo:

Mun è l’amica dell’università del Primate, avvocatessa già a ventisette anni ha passato la sua vita a studiare tantissimo e ascoltare musica grezza. Un metro e mezzo di donna con stupendi occhi celesti e  capelli castani tagliati sempre diversi, la riconoscereste per strada grazie alla sobrietà dei suoi abbinamenti come il turchese+pesca+beige per il lavoro e il giallofluo+fuxia+arancione per la vita di tutti i giorni. Un fisico compattino che si sta dotando di tette con una cura ormonale e un culo decisamente a mandolino abbinato a un carattere tosto e puntiglioso e permaloso ma affettuoso.
Insomma, una donna complicata ma con due belle cosce.
L’anno scorso è uscita da una biennale relazione con un uomo che lei definisce meraviglioso e bravissimo, ma comunque si sono mollati. Dopo un viaggio da sola a Nuova Iorch e un’americanissima strombazzée in ostello ha messo la testa a posto e s’è messa alla ricerca di un nuovo fidanzato. Come cercare una pianta di limoni in fiore al Polo Sud. Poi, non si sa come, ha avuto una liaison decisamente dangereuse con AggenteImmobbigliare. Ora, lui è di Roma Sud ma così tanto che si sente uno straniero rispetto a quelli della Garbatella. Lei è una che Milano c’è solo Milano, a Roma iniziano a lavorare alle 10, questi pantaloni sono una terronata, io vivo in centro e tutto il resto è hinterland. Non ho molto capito perché qualcuno ha pensato che potesse funzionare. Però sono stati cinque giorni di passione di quella che poi vai a calendula per almeno due settimane, a capisse.
Un po’ sfiduciata ma sempre tosta e gagliarda, Mun programma la propria estate: un uichend dai miei, uno dai nonni, uno con le amiche all’estero e…quasi quasi rivedo le mie amiche erasmus e vado a una festa in Germania. Quale migliore occasione per una bella inzuppatina estiva? E infatti arriva bella bella in Doiccland, zi mette qvalche vestitinen carinen und zi prepara a smignotecciare. Le amiche prontamente le presentano un tizio tedesco MA che vive parte dell’anno in Messico, vuoi che un po’ di calor latino non ce l’abbia? E infatti alla prima occasione le piazza le mai sul suddetto culo. E bravo ragazzo, chiamiamolo il Germano Irreale. Poi insomma pomiciano, pomiciano, pomiciano. Germano Irreale era arrivato alla festa insieme a un amico che chiameremo, a caso, il Ciccionazzo.
Ciccionazzo beve come una bestia e idem gli altri. Mun e Germano Irreale intanto paccano e paccano e via andare, come alle belle feste dei tempi che furono. La musica finisce, gli amici se ne vanno, buonanotte ai suonatori e Mun invita a casa Germano Irreale per concludere da trentenni una sonora pomiciata fra stranieri. All’orizzonte, però, si scorge Ciccionazzo ubriaco che si addentra nella boscaglia circostante il casale della festa. Germano Irreale, giustamente, corre a recuperare l’amico. Poi torna da Mun che lo stava aspettando pronta a una notte di passioni senza pensieri. E lui che fa? Lui in tutta tranquillità le dice che ha deciso di andare a ballare con il resto degli amici (tre, n.d.a.). Mun, sgomenta, torna a casa e fa lo spelling bestemmiato di tutto il calendario di Frate Indovino.
Ora, mi domando e dico, un uomo pomicia tutta la sera, dimostra in maniera manifesta la sua turgidità, ha davanti una bella donna italiana con gli occhioni blublublù  e che fa? Porta a spasso il Ciccionazzo, mi pare giusto.

Io non capisco, non capisco, non capisco e allora ballo la zarromusic:

*grazie a Mun, scopritrice di fiducia di talenti cafoni

LEGGERE CI APRE LA MENTE VERSO UNIVERSI NUOVI CHE POSSONO ANCHE ESSERE DI MERDA – 12 recempsioni

Non so se l’ho detto almeno diciasseimila volte ma, a me, il Chindol ha cambiato la vita. Lo amo, gli ho dato il suo nome affettuoso (Chindy che mi fa pensare a « lei si chiama Cindy  e incassa tanti dindi » – per pochissimi – )e costringo il Primate a chiamarlo così.

Quest’anno ho anche fatto l’abile mossa di regalarlo a mia madre per il compleanno, fottendomi così i regali dei prossimi diciotto natali e compleanni ché, si sa, col libro non si sbaglia(va) mai.

Chindy mi permette di risparmiare tanti dindi e di leggere anche robe per cui mai e poi mai avrei pagato.

Detto questo, ecco le recempsioni rapide dell’ultima dozzina che ho letto :

 

I ragazzi di Anansi – Neil Gaiman

Come tutti i libri di Gaiman ha un intreccio complesso a metà ambientato nel mondo reale e  a metà in un mondo divino/fantastico/surreale con caratteristiche e sentimenti molto reali.

La storia è quella di due fratelli, uno più umano e l’altro più divino, uno grasso e l’altro figo…insomma una specie di gemelle Olsen rivisitate.

Gli dei-personaggi della storia sono gli spiriti ancestrali delle storie del mondo e sono rappresentati da animali : questo è il problema. Per dirla meglio, uno dei protagonisti è Ragno ed io sono aracnofobica all’ennesima potenza. Non potevo leggere senza arrivare  a grattarmi le braccia con frequenza più o meno regolare.

Carino ma non paragonabile per spessore e intensità ad American Gods, Anansi Boys per certi versi è più godibile e leggero ma anche meno interessante.

Quello che ho apprezzato è soprattutto l’inventiva, il genio narrativo di Gaiman. Riesce a creare storie sempre originali e folli nella sua penna non c’è mai il minimo tratto di banalità.

 

La metà di niente – Catherine Dunne

Ecco, dicevo, la banalità. Dico io, se sto leggendo un libro è forse perchè voglio vedere una vita simile alla mia descritta pari pari o per evasione ? Eh, Catherine Dunne, che ne pensi ?

La storia è questa : cinquantenne grassa con due o tre figli problematici viene mollata di punto in bianco dal marito che si tromba la moglie di amici di famiglia. Rose (anche il nome della protagonista simboleggia una certa creatività irrefrenabiledell’autrice) rimane disperata e senza un soldo e deve decidere come ritirare su le sorti della famiglia dopo una vita da casalinga. Piange un bel po’ poi comincia  a vendere torte, si arricchisce mentre il marito perde il lavoro e fa la fame da solo visto che la sua amante è tornata a casa.

Se proprio non avete niente da fare, mettete a posto il cassetto delle mutande che tanto lo so che anche il vostro è incasinato.

 

Il karma del Gorilla – Sandrone Dazieri

Le storie di Dazieri mi piacciono sempre un sacco, sono divertenti e irriverenti e « il Gorilla » è un personaggio che non annoia.

La storia è meglio che non la racconti, leggetela. Ma vi dirò perchè questo libro mi è piaciuto particolarmente : per la citazione del cocktail Fernando nei ringraziamenti.

Il Fernando è una bevanda a base di Fernet e CocaCola, vi rendete conto ? Pare essere molto popolare in Argentina e io l’ho scoperto a spese di Altissimo. All’ultimo VodkaParty della storia di Roma, quando ancora Maison Dourange dava dieci piste ai peggiori bar di Caracas, si presentarono due amici di Mun, lei francese e lui argentino. Alla vista di una bottiglia di Fernet lui si mise a distribuire sta roba a tutti e soprattutto ad Altissimo che, venuto giù a conquistare Amica Umbra, le ha vomitato nel cestino della camera da letto.

Chissà che età aveva il Fernet…AmicaUmbra l’aveva portato 3 anni prima da casa dicendo « Mamma m’ha detto prendilo e buttalo, non se sa da quanto stal ì, però magari per un’emergenza, se finiamo l’alcol ».

 

Molto forte, incredibilmente vicino – Jonathan S. Foer

Adesso va un sacco di moda ma, onestamente, mi ha lasciata perplessa. La storia è molto dolce : un ragazzino che ha perso il padre nella tragedia dell’11 Settembre si mette alla ricerca delle tracce perdute del genitore pur di accettare meglio la sua dipartita. Il personaggio è strutturato bene, il bambino ha mille manie, è intelligentissimo  e molto fragile…però la trama a volte si impalla, si dilunga, non scorre e finisce con l’annoiare. Non lo sconsiglio, ma non lo incarterò per nessuno a Natale.

 

Treno di notte per Lisbona – Pascal Merier

Una mattonata fra capo e collo. Molto bello.

Un professore austriaco di lingue morte incontra per caso una donna che sta per suicidarsi, le rivolge la parola e scopre che ha uno strano accento : portoghese.

Di lì lui, compra da un rigattiere un vecchio libro in portoghese di un autore pressochè sconosciuto. Sbarella, abbandona la sua vita pallosa di sempre e va a Lisbona col treno alla ricerca delle tracce perdute dell’autore.

La ricerca si infittisce e il professore arriva a contattare i parenti dell’autore, un medico geniale e dalla personalità complessissima, per ricostruire un intreccio di vite che si mischiano alla propria.

Questo libro è lento e difficile ma mi è stato impossibile non esserne travolta :Lisbona è la mia città del cuore e ad ogni piccolo rimando alla calçada portuguesa, al bacalhau, alla tristezza dei palazzi con i loro occhi tra gli azulejos, sentivo un tuffo al cuore. La resistenza portoghese è stata tra le più agguerrite e organizzate d’Europa e in questo libro se ne ha un assaggio.

I centonovantanove gradini – Michel Faber

Ormai m’è presa che devo leggere tutto di Faber, non ho ben capito perchè visto che non mi fa impazzire.

Questa breve storia narra di una tizia di un qualche paese balcanico, zoppa a causa di guerra, che si ritrova in Inghilterra (mi pare) a fare scavi sui resti di un convento di monache del 1200. Incontra un figaccione che fa jogging con un cane, lui stranamente si invaghisce di lei ed è un ricco medico. Lei se la tira, non cede e perde l’occasione. Di mezzo un mini giallo, niente di chè.

Romanzetto caruccio, non saprei cos’altro dire visto che c’è davvero poco sugo nella storia.

 

La mano sinistra di dio – Jeff Lindsay

Il nostro Caro Dexter – Jeff Lindsay

Dexter L’Oscuro – Jeff Lindsay

Dexter l’esteta – Jeff Lidsay

Questi vanno recempsiti tutti insieme visto che sono una saga. Si tratta della storia da cui è stato tratto il famoso telefilm Dexter, il serial killer di serial killer. L’idea non è malvagia, lui – ragazzino adottato dopo un orrendo trauma – ha un forte istinto omicida e suo padre poliziotto lo invita a sfogarsi su chi se lo merita : i serial killer. Il primo libro è carino, il secondo è brodo allungato, il terzo è troppo lungo ma più carino e anche il quarto si difende. Succede sempre la stessa cosa : lui dà la caccia a un qualche serial killer che a sua volta dà la caccia a lui e ne pagano le spese i suoi familiari : sua sorella (la sboccacciata e insopportabile poliziotta Deb), il fidanzato della sorella, quella rincoglionita di Rita (la moglie) e quei due simpatici aspiranti assassini dei figli di Rita.

Io capisco che nei vari episodi di una saga sia necessario dare continui rimandi alla storia generale e ciò comporta molte ripetizioni ma in questi libri repetita stufant. Lo so che uno può capitare in libreria e prendere a caso il terzo libro e quindi un minimo gli va detto de che stamo a parlà, ma io che li ho letti tutti perchè mi devo smaronare a questa maniera ?

Insomma, le saghe non fanno per me…mi risultano seghe, per dirla in francese.

Adesso sto vedendo con immensa fatica il telefilm in ingese ché perlomeno lui è un discreto figo. 

 

The Help – Kathryn Stockett

E’ un libro veramente da donne e veramente carino. Se siete ometti statene alla larga.

Nel Mississippi degli anni Sessanta una giovane ragazza bianca comincia a porsi domande sulla condizione delle domestiche di colore e inizia una sorta di « indagine » nel mondo razzista e piccolo borghese delle sue amiche, spietate schiaviste.

I personaggi sono costruiti benissimo, i momenti amari si alternano perfettamente a quelli dolci e divertenti e la lettura non annoia.

Certo, il lieto fine si capisce dalla seconda virgola, ma che c’è di male ?

Prima o poi vedrò il film.

 

Zia mame – Patrick Dennis

Tanto amato e tanto criticato, non capisco veramente perchè.

Centra in pieno il suo genere : divertente senza picchi geniali, ripetitivo e senza colpi di scena ma carino e godibile.

Prima di leggerlo mi immaginavo una qualche storia di mami di colore grassissima che allevava un qualche orfanello nella capanna dello zio Tommaso. La mente è strana.

Invece è la storia di questo Patrick adottato dalla zia Mame, una viveuse pazza scatenata e ricca sfondata della New York anni ’20.

Come in « I love shopping » (che però è illegibile) anche qui il canovaccio è sempre quello : la zia fa delle pazzie poi qualcuno la ammonisce e lei risponde facendo altre follie. E manda il nipote in una scuola nudista, e mette su un negozio di ceramiche futuriste, si finge cavallerizza provetta rischiando l’osso del collo…insomma, non è Proust, per chi non l’avesse intuito.

Una ombrellonata in piena regola.

 

Nzomma poi quest’anno ho preso una grossa decisione : in vacanza leggerò solo ed esclusivamente monnezza di un certo calibro.

Si dà il caso che la prossima settimana anche io avrò delle ferie (ormai non ci sperava più nessuno) e andrò al mare col Primate dell’Amor, prima in Turchia e poi in Ligurìa.

Tanto per cominciare col piede giusto l’altroieri ho iniziato « Cinquanta sfumature di grigio », sto al 13% e ancora non s’accoppiano quindi mi sta stufando, volevo della pruderie signora mia.

Sono quindi a chiedere ai miei sparuti lettori qualche consiglio di Real Monnezza. Ma non libri noiosi, pallosi, inconsistenti…io voglio proprio letteratura trucida.

Famo a capisse, il prossimo in lista è VAMPIRI & THE CITY. Chi offre di più alzi la mano.

MI SPIACE COSì TANTO CHE LA LEGA ABBIA PERSO OVUNQUE CHE QUASI QUASI…

…domattina mi metto l’ailaner glitterato oro.

Volevo scrivere un bel post e raccontare il mio uichend a Tosilandia (che bella Verona), del Primate che dormiva in mutande ma con una palla che usciva di lato diventando così il supereroe Mutandello, del suo ombrello con la custodia in pelle che sembrava andasse in giro con uno sfollagente e anche del fatto che, tornando alla macchina, si sentiva in sottofondo Marco Carta Igienica che strillava da dentro l’arena.

Insomma, di cose da dire ce n’erano ma questi sono giorni veramente tristi per il nostro paese e, onestamente, un po’ di voglia di ridere m’è passata.

Quantomeno c’è da consolarsi con sto palo rettale per la Lega. Eddaje!

 

 

(e se pensate “ecco la solita italiana che invece di essere “pro qualcosa” è “contro qualcosa” be, sapete che c’è di nuovo? è Vero! ma io sono “contro qualcosa”, io sono CONTRO BORGHEZIO sempre e comunque, ciriciao!)

SOLO LA NEBBIA, C’AVETE SOLO LA NEBBIA…

Alla fine, lo devo ammettere, lasciare lo Zoo di Testaccio non è stato facile. Innanzitutto perché per trovare un altro lavoro c’ho messo una vita, in secondo luogo perché ci ero anche affezionata. Pare si chiami Sindrome di Stoccolma.

Comunque, arrivare a Milano da romana non è per niente facile. Tutti dicono TAAAAC e i miei nervi sono sottoposti a sollecitazioni costanti e fastidiose. Sono l’unica donna, se si escludono quelle nella sede emiliana, il resto sono uomini giovani e meno giovani intenti ad accumulare capitali. Prima o poi li descriverò tutti con dovizia di particolari, per oggi vi basti questo esemplare dialoghetto.

Ambientazione: costosa pasticceria del centro che, in occasione della colazione (nel senso di “pranzo” pe li burini) prepara una leggera e sbrigativa – ma non per questo economica – tavola calda.

Protagonisti: Memmedesima, Avvocatik e il Bocconiano. Avvocatik è giovane, belloccio, se pippa anche la calce dei muri, ricco sfondato. Il Bocconiano è un bocconiano, non credo serva aggiungere altro.

Un silenzio imbarazzante alla ricerca disperata di argomentazioni.

F – sapete che io leggo in formato digitale, no? avreste qualche libro da consigliarmi?

B – ….

A – …mah…sai…

F – ? (sguardo interrogativo finto interessato)

A – mah, sai io ho letto di questo danese…poco conosciuto…alcuni libri molto belli…dei racconti sul mare…

B – …

F – Ah, interessante, me lo segno, come si chiama? (interesse smodato)

A-  Khawnpfhgjfogsson

B – …

F – ah, figo me lo segno…ultimamente io invece ho letto “Milano Criminale”, così, un po’ per cominciare anche a familiarizzare con la mia nuova città, mi sembrava un modo per approcciare…è simile a Romanzo Criminale solo che è ambientato nei quartieri della malavita milanese…

A – …

B – …

A questo punto la disperazione mi coglie, il piatto di broccoletti al vapore sta per finire e io non ho manco la scusa di avere la bocca piena, il silenzio è imbarazzante…che due palle, una c’ha un’ora risicata di pausa pranzo e la deve passare a tentare di interagire con sti due che non fanno il benché minimo sforzo. Un avvocato e un marchetingaro che non trovano di che chiacchierare: due professioni che si basano sul girare intorno a qualcosa di ovvio e nessuna capacità di farlo, incredibile. A un certo punto, provo a buttarla sulle serie tv: nessuno ha visto Boris, nessuno conosce la serie di Romanzo Criminale, nessuno ha mai sentito nominare Bigbentiori: ma ndo mazzo vivete? Mica dico che vi debbano piacere, ma almeno conoscerne l’esistenza. Libri no, tv no…a parte abbinare golfini e cravatte e  gli aperitivi, nella vita che fate? Poi, all’improvviso, la luce in fondo al tunnel, il Bocconiano ha un sussulto di vita.

B- hai visto nel fil di Checco Zalone..

A – puahhhahaa….sì, come si chiama? La vita è bella? ahahahah

F – burp! (quasi mi strozzo)

A – ahahaha ah, no, Che bella giornata ahahah

B – ahahahaha sai quando quello va da lei e dice no? ahahah

A – ahahah sì il terronazzo aahaha

B – sì, troppo divertente mammamia…mi sono morto dalle risate ahahhaha

A – sì, davvero fantastico ahahahah

Cose che poi dopo una veramente rimpiange la cicorietta ripassata e il barista che la chiamava Rasotera.

MI DISPIACE DEVO ANDARE, IL MIO POSTO E’ Là

Oh, buon anno a tutti.

Sì, è vero, ho aperto il blog nuovo e poi non me lo sono cagato. Di seguito una serie di scuse, fondate e dimostrabili:

– mi sono pulita la mano sulla giacca davanti alla persona che me l’aveva appena stretta. Si trattava dell’amministratore delegato della società che mi ha dato schiavitù da due anni a sta parte.

– ho graficamente ideato e mandato in stampa un calendario con le foto del mio gatto stupendo.

– ho mangiato polenta unta mentere nevicava a picco sul lago di Como.

– ho mandato testualmente a quel paese  il mega direttore comunicativo della grande Casa Madre della Guerra.

– ho fatto un colloquio in un salotto con 12 divani 12 dopo un attacco di labirintite alla frase “si sieda dove vuole”

– ho risolto parzialmente e temporaneamente i miei problemi di stitichezza a botte di cremini di cioccolata (mangiandoli eh)

– ho trovato lavoro

– mi sono dimessa dallo Zoo di Testaccio

– da lunedì convivrò col Primate e mi cago leggermente sotto

– ho comprato uno stivalazzo di Macsmara nero in pelle solo stupendo a 98 euri che è praticamente il record di prezzo basso dell’universo degli stivali meravigliosi

 

Tornerò, ora scusatemi ma devo impacchettare anche l’anima de li mejo.