Ci sono dei post che vanno scritti di getto, altrimenti sfuggono. Ho fatto tante volte l’errore di lasciarli andare, nonostante lo spunto fosse brillante, per pigrizia, per l’idea che avrei dovuto sedimentare e migliorare i concetti ed era una cazzata.
Quindi se già la scrittura quella vera dev’essere un succo di istinto, figuriamoci che problema c’è se ci sono degli errori nelle cacate che scrivo io.
Nzomma sto scrivendo questo post su una splendida poltrona con pouff di camoscio grigio, col mio pigiamino di Oisho preso ai saldi due anni fa, in un cinque stelle del centro di Berlino.
Parte tutto dal fatto che si vede palesemente che al lavoro mi rompo i coglioni così SpidiGonzales, spinta da Soviet, ha acconsentito a mandarmi a un sammit internazionale a Berlino per QuelliTipoGugol. Detta così sembra molto una figata, in pratica sono due giorni in cui io e altri tipo me staremo a parlare del nulla in un inglese stentato, si lavorerà come forsennati nelle pause tra una riunione e l’altra e vedremo sfumarci in orribili pasti tra colleghi i soldi che avremmo voluto a fine mese come aumento nel bonifico dello stipendio (assenza di virgole voluta, nda).
Nzomma niente, siccome AirBerlin ha deciso di andare a zampe per aria, sono dovuta partire di lunedì pomeriggio per andare a una riunione di martedì mattina. Quindi al mattino lavoro da casa in pigiama e al pomeriggio arriva una bellissima auto privata con autista a portarmi in aeroporto perchè devo viaggiare con una compagnia lowcost (cosa che per me è la norma ma in ufficio mi guardavano tutti come se stessi per partire per la campagna di Russia con le celeberrime scarpe di cartone).
Ed eccomi su questo pulmino Mercedes coi sedili in pelle nei miei ginz di Primark da 12.99. Iniziamo con una bella fila in tangenziale di 40 minuti, e vabbè tanto sono in anticipo.
Arrivo a Malpensa, faccio la mia bella fila, mangio la focaccia, compro 15 grammi di carote essiccate per due euro, attendo un’oretta e mezza l’inizio dell’imbarco.
Solita fila a imbuto, tra la mischia si stagliano forti e chiare le urla di due neonati sotto i sei mesi ma con dei polmoncini da futuri campioni di apnea. Vabbè, siamo tanti, figuriamoci se capitano vicino a me.
E, in pieno mood Trenitalia, le hostess annunciano overbooking che, per chi non fosse pratico, vuol dire che queste facce di merda hanno 100 posti sull’aereo ma vendono 130 biglietti così, alla pene di segugio. Simpatici come la scabbia chiedono se ci sono volontari per prendere il volo successivo. Indovina indovinello? Non ci sono.
Arrivo all’imbarco vero e proprio e mi sottraggono il bagaglio a mano dicendo “prenda l’indispensabile” lasciando presagire che la mia povera valigia chissà dove sarebbe finita. Ed eccomi quindi avviarmi all’aereo con un computer, una 24ore, la mia borsa, il cappotto, il barattolo di avena e succo d’arancia, le dispense di spagnolo e il materiale per la riunione di domani. Praticamente nel trolley c’erano rimaste giusto giusto le mutande e il deodorante.
Per salire usiamo il finger? no. Usiamo la navetta? no. Annamo a piedi in mezzo alle piste, tu guarda MeriPoppins se devo morì schiacciata da un aereo low cost.
L’aeromobile è a dir poco stracolmo e io, manco a dirlo, ho il posto al centro tra due sconosciuti, vamos. Lato finestrino un signore in giacca, tedesco, che si addormenta tempo due minuti. Lato corridoio una signora tedesca molto tipica: mezz’età, alta, capello corto, ginz, atletica.
Io ho dimenticato anche una rivista e non ho nulla da fare per le prossime due ore se non guardarmi intorno. Scampato il pericolo neonati mi pare che ormai il peggio sia passato…e invece la vita è bella perché fa schifo.
Dunque scopro che il passeggero della stessa mia fila ma dall’altro lato del corridoio è il marito della signora atletica accanto a me e che, nonostante lei stesse leggendo un romanzo di Roversi in tedesco, avevano programmi del tutto diversi per questo volo.
Infatti non appena si spengono le lucine di obbligo di cinture allacciate, la signora bella bella si sporge in avanti e tira su il sacchetto del duty free. Estrae una bottiglia di Barolo appena stappata e riattappata a mano e due bei bicchieri da osteria di vetro spesso, proprio quelli delle fraschette di Ariccia, uno per sé e uno per il suo bello. Versa due belle bicchierate di rosso e daje col vino.
Un bicchiere, poi un altro, poi un altro ancora. Cerco di chiudere gli occhi visto che l’odore del vino mi disturba, figuramose quanto mi sono disturbata quando con gesto tecnico la signora ha accavallato le gambe ed emesso quelle quattro o cinque sonore scoregge come se nulla fosse, leggendo il suo romanzo e sorseggiando il suo Barolo.
Vorrei avere metà della tua noscialanza, signora tedesca snella e puzzona e affrontare la vita con questa ebbra serenità.
Finalmente atterriamo, la signora e il marito sono palesemente ubriachi ma vedo la luce in fondo al tunnel.
Quindi riattraversiamo le piste a fette, rischiamo di farci stirare da un furgoncino e entriamo da una porta secondaria verso i nastri portavaligie. La porta secondaria era evidentemente un’uscita di sicurezza e infatti suona ininterrottamente un allarme a fischio per tutti i 15 minuti in cui attendo la valigia. Un piacere per l’Amplifon.
Esco e vedo la fila dei taxi, mi metto in coda e c’è un tizio col gilet giallo fluo che dirige gli avventori verso i taxi disponibili. Gli italiani sono miracolosamente tutti in fila indiana su questo marciapiede quando una coppia di tedeschi prende e sale sul taxi che si trova davanti. Non l’avesse mai fatto: al tizio col gilet viene la bava alla bocca e comincia a urlare delle robe che, alle mie orecchie profane, suonano come la dichiarazione di guerra alla Polonia. Corre come un forsennato verso quel taxi e comincia a lanciare giù le valigie dal portabagagli scatenando a sua volta l’ira del tassista e del marito della coppia.
Proprio allo scattare della rissa mi infilo in una macchina e do l’indirizzo dell’hotel a quel tamarro del tassista che controlla uozzapp mentre sfreccia a 170 nella periferia berlinese con un cd di Taylor Swift a palla nello stereo.
E anche oggi una cosa normale la faccio domani.