SE TI FAI POCHE DOMANDE AVRAI TUTTE LE RISPOSTE [cit.]

Nzomma alla fine mi sono sposata.
A Luglio.
E non ho più scritto niente qui.
Per farla breve: lacca, lacrime, lacca, ombretto, lacca, orchidee, lacca, Primate bellissimo in demi-tight, lacca, amiche in gran spolvero, lacca, piangere a fontana, lacca, riso, lacca, ravioli e tartufo e spinaci e merlot e buffè di dolci, lacca, sbornia assoluta, lacca, danza sfrenata, lacca. La mattina dopo lacca, piscina, lacca.  Per farvi capire de che stamo a parlà:
gaga wedding

In sintesi, ne parlavo ieri con MIO MARITO, il matrimonio è una gran bella festa, ma davvero bella. Poi stare insieme è un altro paio di maniche. Per quanto mi riguarda, festone della madonna con balli e balletti olnailò, #unvodkalemonperlasposa che è stato l’hashtag più usato tra il 20 e il 21 luglio nella bassa Umbria, finalmente una grande rimpatriata dei migliori amici della mia vita tutti insieme da ogni parte del mondo  a parte, credo che ne sia valsa la pena solo per vedere questo sguardo qui rivolto a me:

primate sguardo

Ma non sono qui per parlare di cose mielose o di feste invidiabili e invidiate, bensì per narrare di una di quelle faccende molto ganze che accadono quando meno te lo aspetti e quindi indossi delle scarpe di merda (nel mio caso, sempre della Geox).
Fatto sta che torno un finesettimana in Umbria senza Primate, vado a trovare la mia genitrice e quel mito de mi nonna, mi programmo un paio di appuntamenti con le amiche di sempre: MAS e Tatta.
La prima sera esco con Tatta e purtroppo proprio non posso svelare quei pettegolezzi che tanto vorrei, sennò ce scappa il morto. Ma la seconda sera esco con MAS, decidiamo di farci una cena nell’unica città del posto, in centro, e bere una cosa in giro.
Morale della favola andiamo in questo ristorante che fa capire a cosa serva l’Umbria nel mondo: magnà come Dior comanda.
Chiaramente essendo partita di corsa e con un bagaglio minimo, senza aspettative di uscita, mi ero portata da Milano un paio di ginz, una giacchetta di merda e nessun paio di scarpe eccetto quelle con cui viaggiavo: dei mocassini di pelle color panna. Molto belli per andare in ufficio. E infatti stavo in un ristorante sciccoso del centro. In Umbria, vabbè, ma sempre ristorante sciccoso del centro.
Ma nzomma, sticavoli, io me so sposata, io da sto posto sono scappata, io non volevo avere l’obbligo morale di mettermi in tiro per non essere a disagio, io questo obbligo me lo impongo quando mi gira ma poi chi vuoi che ci sia in giro..
Ecco, le ultime parole famose: pareva Ibiza al quindici di agosto.
Una roba impressionante, gente accalcata ovunque, io robe così veramente mai viste a Roma o Milano. Tipo che a confronto Trastevere il sabato sera è depopolato.
Vabbè, noi dopo mesi che non ci vediamo con calma riusciamo a raccontarci tante cose. E il quarantenne in crisi di MAS, e le vite come cambiano dai 25 ai 30 anni e poi pettegolezzi a nastro. Facciamo quindi quattro passi in mezzo a questa calca ben vestita del sabato sera, incrociando facce conosciute del liceo, alcuni amici di MAS che salutiamo al volo e via….libere nel mondo come due consapevoli giovani donne.
Ridenno e scherzanno chi scorgo tra la folla? Il Bel Sottomesso!
Devo obbligatoriamente fare una digressione un po’ lunga: il Bel Sottomesso, come dice il nome è bello e è stato anche parecchio sottomesso a me medesima. Lo conobbi per caso uscendo da un locale appena tornata in Umbria dopo la laurea. Io ero così: magra, raggiante, convinta di me, leggermente sull’orlo della depressione, sempre coi tacchi, abbronzata, arguta e maledettamente 23enne. Non posso certo biasimarlo per aver avuto un colpo di fulmine intravedendomi mentre un suo amico ci provava con me. Lui era un 28enne simpatico, timido, degli occhi molto espressivi, un po’ all’ingiù e molto scuri ed espressivi canile style, poco scolarizzato ma per niente ignorante, mite, arguto e con degli addominali che avrebbero comunque giustificato qualunque cosa.
Mi aveva soprannominato “la variabile impazzita”, un nomignolo molto tenero, a significare che mi avrebbe scambiato per una scemetta del paese invece, guardandomi meglio, ero me. Cominciammo a frequentarci e io mi affezionai, lui invece si innamorò. Ci furono varie fasi: ” io ti amo, tu mi ami?” “un po’”, “mamma ti ha invitato a cena, fa i piccionacci arrosto, vieni?” ” a parte che sono vegetariana, ma comunque manco morta” fino alla finalissima “Frangia io con te non voglio litigare, tanto tu vinci sempre!” “Ok, Bel Sottomesso, direi che la piantiamo qui”.
Nel frattempo avevamo presentato e fatto iniziare una storia seria tra MAS e un suo amico che a sua volta aveva presentato al neomollato Bel Sottomesso la sua amica Nana.

A ripensarci mi sento un po’ stronza, anche perché l’ho perdonato subito per l’infamata che mi ha fatto appena ci siamo mollati e ha iniziato a uscire con la Nana: aveva appuntamento con lei ma è corso sotto casa mia a dichiararmi il suo amore, poi è andato in ritardo da lei dicendo che l’avevo chiamato io. Che poraccio. L’ho perdonato come si perdonano i bambini che fanno i dispetti: ti arrabbi e ti urti, ma poi li perdoni subito perché la verità è che sei superiore.

Nzomma niente, passeggiamo e io lo scorgo accanto a me a chiacchierare con due tizi in piedi in piazzetta. Istintivamente, con lo slancio di chi ha visto un vecchio amico, gli do una bella pacca sulla spalla:

– Oi ciao!
– Ooohhh ma ciaaaaoooo (fa lui a braccia conserte)
– Insomma come stai? (non mi avvicino)
– Bene dai…(e mi da i classici due bacetti alle guance)… ho saputo che hai fatto il grande passo!
– Ah, ammazza, le voci corrono! Ebbene sì…(mostrando la fede) e chi te l’ha detto?
– Eh, chi me l’ha detto…me l’hanno detto…
Entra MAS  a gamba tesa: – E vabbè via, noi andiamo mo…
– Insomma che mi racconti, tutto bene?
– Ma sì dai…tu ora dove vivi? Non stai qui vero?
– Eh no, sto a Milano…
– Beh, certo!
E ancora palla a MAS: – Vabbè dai, mo andiamo…
– E un attimo che sto salutando! Tu invece tutto ok il lavoro?
– Sì sì..e tu?
– Sì tutto ok …madonna quanto tempo è che non ci vediamo!
– Eh…saranno, quanti? 3 anni…
– Veramente credo sei…io stavo qui nel 2007…
– Eh…(faccia da mente locale) eh sì!
E ancora MAS che incalza: – Vabbè dai senti andiamo…
Io a quel punto anche un po’ urtata chiudo questa conversazione di cortesia che sarà comunque durata non più di un minuto e mezzo.
– Vabbè, mi ha fatto piacere, alla prossima e buona serata!
– Anche per me, ciao via, ciao!

Riprendiamo il passeggio e mi giro verso MAS un po’ stupita: ma insomma ma che era sta fretta? stavo a salutà, calma un attimo, che t’ha fatto sto poraccio?Un minuto signore mio…sei stata anche sgarbata.
E MAS  mi illumina: ma possibile che non ti sei resa conto? non hai visto che succedeva dietro di te? fra un po’ ce menavano!
Faccio mente locale e mi rendo conto che con la coda dell’occhio avevo registrato un movimento sospetto alle spalle di Bel Sottomesso, una sorta di gruppetto che dalla posizione circolare passa a quella della falange da combattimento con una donna particolarmente bassa al centro.
Morale della favola quella è la rediviva Nana, la mia copia venuta male con cui Bel Sottomesso aveva cominciato a uscire all’epoca e con cui sta ancora insieme. Lei, l’unica donna al mondo che vede in me il demonio personificato. Anche perché non mette mai i tacchi e lui è un feticista (aveva una fotogallery delle mie scarpe immortalate di nascosto dai suoi amici nel cellulare)…purtroppo per essere proprio tutto cinematografico non avrei dovuto indossare i mocassini Geox, mannaggia a me.
E io tutta entusiasta della vita [cit.] non mi ero accorta di nulla, salutavo, elargivo sorrisi e spontanea ammirazione, affetto a palate gratis. E quella dietro che affilava le lame e disponeva quelle quattro amiche a testuggine.
Mi metto a ridere, ride anche MAS.
In contemporanea ridiamo e riflettiamo che non c’ha messo manco mezzo secondo a dirmi che sapeva del mio matrimonio, cioè, s’è ricacato la notizia subito, manco un  “come stai?ho saputo che..” No, bello deciso, coglie il punto della notizia che l’ha colpito e affondato direttamente. Aiutatemi a dire “sei un grosso poraccio”.
Poi la risata si trasforma in un amaro sorriso pieno di consapevolezza: rifacendo dopo anni un’uscita tipica dei nostri vent’anni abbiamo ritrovato le stesse persone, nella stessa via, con lo stesso Negroni in mano, maschi che parlano coi maschi, femmine che parlano con le femmine. Bel Sottomesso lì, coi suoi soliti occhiali né belli né brutti, la sua polo, i suoi ginz, il suo culo galattico, il suo drink, i suoi occhi belli eh, ma da cane bastonato che mi fanno veramente venire voglia di prendere un bastone e daje più forte una volta per tutte.
Insomma, c’avremo anche i nostri bei problemucci mentali da risolvere, ma tiriamo un sospiro di sollievo perchè l’abbiamo scampata bella.

Grazie ad Altissimo per il video e a AmicaUmbra per le immagini

BLASFEMIA PORTAMI VIA

Embè embè, signoramia, guarda che templeit che mi ritrovo.

Praticamente questo meraviglioso nuovo templeit è il frutto dell’amore cibernautico tra AmicaUmbra e Altissimo. Si esprimono così, sono timidi e nerd e per questo io sarò per sempre grata.

Nzomma, alla fine ieri ho speso 210 euro di maledetta Trenitalia. Ho anche detto una mezza bestemmia, la terza della mia vita.

La storia delle mie bestemmie, fra l’altro, è quantomeno singolare e variegata: la prima la dissi nella palestra dell’oratorio quando un tipo con le mesc mi spacco l’unghia appena riformatasi dell’alluce destro facendomene entrare i frammenti nella carne viva, copioso sangue uscì dalle mie scarpette con gli strass con cui mi allenavo a danza.

La seconda la dissi una volta che stavo magistralmente spiegando come fare il tiramisù a un tizio, proprio mentre sottolineavo l’importanza di non far cadere alcuna goccia di tuorlo nell’albume altrimenti questi non si sarebbe montato a dovere, ecco che si spaccò il tuorlo dentro la terrina degli albumi. Bella figura merdacea.

Ultima e blanda, la bestemmia di ieri sera. Più o meno la giornata si è svolta cosi: spendi 109 euri per un’andata e ritorno in Frecciammerda in giornata Capitale-Capitale della Moda. Vai a fare un colloquio mentre sul sedile accanto cambiano il pannolino a una bella bambina con gli occhi blu che non espelle comunque violette. Parla con la gentile ragazza del colloquio, preparati per tornartene dal Primate che ti attende capitolino, scopri che devi andare a fare un altro colloquio dall’altra parte della Lombardia. Perdi il treno, fatti venire a prendere dal suocero e vai a fare il secondo colloquio. Fai un test di logica incomprensibile, fai un test di autovalutazione della tua personalità, parla per un’ora con sto squalo bionda caschettata secca come la pelle di Carlo Conti. Rispondi quali sono i tuoi pregi e i tuoi difetti, dì i nomi dei tuoi capi, dì che cosa ti piace del tuo lavoro, dì quanto prendi di stipendio, volevo anche dire 33 ma non me l’hanno chiesto. Rimettiti in macchina col suocero, fai conversazione di cortesia, torna alla Madunina, paga altri 91 euri di treno ché il biglietto prima non è variabile né rimborsabile. Vomita due volte in treno con dei sudamericani che berciano. Dormi, leggi, arriva a Termini, non baciare il tuo fidanzato che hai l’alito di vomito, rientra in casa che sono le 11 piem. Poi dici una non è blasfema.

Tutto questo per postare una canzone bellissima che mi ha fatto conoscere il Primate Abbigliato:

IL PASQUALONE

Mi si perdoni la brevità ma sono molto impegnata a smadonnare.

 

Le festività religiose non mi hanno mai trasmesso davvero nulla.

La Pasqua, poi, nello specifico, l'ho sempre considerata grandemente inutile. Devo ammettere però che l'Uovo Chinder e i cinquanta euri della nonna hanno sempre esercitato su di me un certo fascino.

Quest'anno il Primate ha pensato di regalarmi un uiched fuori in terra tosca, che carino. Dopodichè appena dopo l'arrivo ha pensato bene di bloccarsi a letto, schiena a pezzi, poverino. Abbiamo passato due giorni chiusi in un alberghetto del centro con la finestra vista muro a cercare di limitare i dolori e parlare con un dottore indoitaliano.

Morale della favola di Pasqua: quando esci a comprare le medicine al tuo fidanzato perfetto ma infermo, non cercare mai nel suo cellulare i messaggi della sua ex di cui non ti aveva informata, li troveresti.

CONTENTI CHE UN INVERNO SI TRASFORMI IN PRIMAVERA [cit.]

Ho dei post pronti belli lunghi e pure divertenti solo che manca il tempo e la connessione adatti per postarli. Ci sono anche altre notizie e questioni di quore che io vorrei e, per onestà nei confronti della mia amplissima platea di lettori, dovrei esporre. Mapperò c'è un mapperò, e questo mapperò si chiama Scaramanzia. Evitiamo, na volta tanto, che qualsivoglia congiunzione astrale mi porti merda.  Indipercuilaquale non dirò niente dell'ominide che si affaccia con timidezza estrema sull'orizzonte sconfinato dei miei sentimenti. Clericizzerò, lasciandovi una canzone:

 

FEEL THE LOVE GENERATION

Allora la mia mamma è venuta a trovarmi perchè va in Francia la settimana prossima e dopo ci manchiamo tanto tantissimo. E poi io avevo la bua e quindi le mi ha preparato le zucchine, i pomodorini al forno e tutte le cose che mangio io e che non ho voglia di preparare avendo la bua e me le ha portate a Roma.
Insomma tanto bene alle otto e mezza di mattina io e la mia mamma sentiamo tanti rumori che sembra la guerra, trum trum brim brum che sembra l'inzio di un video degli Oasis
Allora ci ricordiamo che oggi, vicino a casetta mia, ci sta una festa grande grande. La festa dell'amore che è un sentimento bellissimo e molto più bellissimo dell'odio e dei comunisti.
Allora dopo si sentono le canzoni napoletane che vengono dalla finestra e capiamo che sono quelli della festa dell'amore che sentono le musichine perchè loro sono felici perchè si ameno e si rispetteno.
E dopo usciamo perchè la mia mamma deve prendere il treno però ci dicono che la metropolitana vicino a casetta mia è chiusa, per sicurezza. Infatti di sicuro perdiamo il treno se non ci sbrighiamo.
E incontriamo un gruppo in maschera, tanta gente con queste bandiere dell'Italia e io dico a mamma "Mammina, io non ho la tele da qualche mese, ma che ci stavano i mondiali e li abbiamo vinti ancora?", ma a mamma non risulta.
Allora scendiamo nella metro più in là ma c'è tanta fila dell'amore e non riusciamo a prendere un biglietto. Allora chiedo a tutti questi militanti dell'amore se per cortesia mi fanno fare un biglietto ché la mia mamma deve prendere il treno e stiamo facendo tardi. Ma loro mi dicono che hanno il treno pure loro, per Milan, e che quindi mi attacco e faccio la fila. E io, con fare meravigliato, domando: ma voi non siete quelli dell'amore? e allora fatemi fare un biglietto, amorevolmente!
L'unico che mi fa passare avanti è un ragazzetto giovine giovine, con l'accento bergamasco, che è venuto in gita a Roma Ladrona col cappellino della squadra dell'amore.
Alla fine il poliziotto ci fa passare senza biglietto. Io gli dico che non è molto giusto, che il biglietto lo devono pagare tutti e bla bla bla.
Insomma la mami prende il treno, io accompagno Bancario a comprare un regalo ad un'amica nella speranza che tutto l'amore si dissipi in vari convogli e se ne torni da dove è venuto. Vane speranze, le mie.
Nzomma arrivo nuovamente alla metro non proprio sotto casa mia ma comunque vicina e lì vedo l'orda dell'amore che intasa tutto.
Scopro che Capitan Amore ha pagato i mezzi pubblici a tutti (senza per questo rimborsarmi il corrispettivo di due ore di abbonamento prepagato). Aspetto, con altre persone. Aspetto ancora. Un altro pochino. Un quarto d'ora, bloccata nella fetida stazione della metro, senza andare ninzù ningiù [cit.]. Mi viene in mente di dire al poliziotto se per favore crea un cunicolo da cui farci emergere. Niente.
Allora insieme a altri quattro sfigati come me, mi dico che questa è l'orda non pagante dell'amore e figuriamoci se non ci fa passare. E invece no [cit.].
Allora comincio a dire, con una faccetta un po' nervosa, ma solo un po' (e anche comprensibilmente, visto che stavo sottoterra da un quarto d'ora buono) PER FAVORE CI FATE USCIRE? PER FAVORE? PER FAVORE! E un signore mi dice che non devo spingere. Ma 'nfatti io mica spingo, chiedo per favore e sto ferma.
Dopo cinque minuti che stavo lì ferma, guardo, e tutti fanno ulabadula, accenno un "eddai, fateci uscire, noi abbiamo pure pagato!".
Allora, senza né a e né ba, un signore, sulla sessantina, arriva tutto bello imbandierato e col cappellino che lo fa sembrare un'infelice al centro estivo e mi dà uno spintone contro al muro a piene mani.
Io resto allibita. Nessuno fa niente, tranne una signora dietro di me, anche lei in fuga che strilla CALMA!CALMA!
Ma figuriamoci se il vecchietto dell'amore mi vuole spintonare, lui è per i buoni sentimenti, gli sarà sfuggito un abbraccio di comprensione per la mia triste sorte di persona bloccata sottoterra.
Io, stizzita, dico che, insomma, ma che modi di abbracciare sono quelli, ma che schifo, ma insomma…
E una signora, dietro mi apostrofa con "la stronza che sei! puttana! vergogna!" che immagino, tradotto dall'amorese all'italiano, voglia dire "cara ragazza, ti auguro un'uscita dalla metro piacevole e veloce!".

Però secondo me aveva ragione il mio amichetto Scimmia che mi vuole tanto bene e mi consiglia sempre cose giuste. Lui mi ha detto infatti che quando una signora che sembra mia nonna mi chiama "stronza puttana", è buona educazione rispondere "signora cara, voglio diventare ministro!".

 

CHISSA’ SE STAI DORMENDO (aka QUELLI CHE CI RIPENSANO COME I CORNUTI)

Se non va, non va, non va

C’è una novità

Sai quanto me ne importa,

Che me ne importa a me

Per una che va storta, una dritta c’è

La vita è tanto bella ma

Se non ci sta il coraggio

Non è saporita senza un pò di guai

Meglio un capitombolo

Che non provarci mai

Ci ho pensato meno di quanto avrei creduto possibile. Ci ho pensato proprio poco, a dire il vero. Ma poco non vuol dire mai. E infatti oggi ho digitato il suo nome su Feisbuc. Ha cambiato foto, ne ha messa una più spiritosa e più invernale. Risulta sempre uomo (e questo è un bene) e sempre impegnato (e questo chissà che è). Non aggiorna nessun blog da anni. Onestamente sono rancorosa e quindi spero che si annoi mortalmente. O almeno quanto basta per pensare "…e se invece…" almeno una volta ogni due mesi.

(ci vuole veramente poco a capire di chi parlo, nel caso foste tonti leggete i tag e fate uno più uno. Se poi non avete ancora capito, beh, qui non è il Fatebenefratelli del bloggherz, andate indietro e studiate)

 

CENERENTOLA RELOADED

C’è una bionda procace, questa è la premessa.

Mettiamo, per dire, che questa abbia una discussione di una tesi molto a breve.

Mettiamo pure, sempre per dire, che questa tesi debba essere discussa in un’università per Cattoricconi.

Aggiungiamo, si fa per dire, che siccome questa abbia pagato un sacco di soldi, nonostante la tesi sia stata scritta in tre giorni, felicemente scopiazzata e un po’ arrangiata, la relatrice abbia detto "ottimo lavoro!" anche quando si sconfinava nella pura metafisica.

Tutto ciò, si capisce, non elimina minimamente il problema del vestiario.

Mettiamo che la bionda sia anche stata poco bene (si vocifera di caccole bianche agli occhi, blocchi intestinali e riflussi esofagei, cose così) e che quindi non abbia avuto voglia di sbattersi a destra e manca per cercare un vestito, ché tanto alla fine va bene pure il taierino grigio da suora laica.

Insomma un sabato mattina sta tipa esce con la madre e capita così, quasi per caso, nella buticchetta del paese che-sì- ha quattro pezzi, ma tutti carucci e alla fine si compra un abitino nero vera-veramente monastico (che si può vedere qui cliccando su catuolc e andando al numero sessantasette*) molto bello, fine e tutte cose.

L’interrogativo, dunque, nasce spontaneo: emmò che scarpe ci metterà mai la bionda procace sotto all’abitino monastico?

Nel frattempo una variabile si pone sulla strada della protagonista: l’amica molto magra e la sua giovane relazione con il ragazzo dalla sessualità esuberante. Il ragazzo invita questa amica ad un trombouichend e quindi questa giovane donna magra inizia a disperarsi relativamente alla propria biancheria. La bionda coglie la palla al balzo e decide di organizzare un’uscita a tutto sciopping nella capitale, due gli obiettivi: tanti tacchi e tanti pizzi.

Avendo poco tempo a disposizione ed un animo radicato da accompagnatrice turistica, cerca di organizzare tutto alla perfezione avvantaggiandosi con le informazioni."Che tu sappia, i negozi sono aperti all’ora di pranzo in centro?", queste le poche parole del suo essemmesse.

"Sono davvero pochi (sei un sogno) i pazzi che chiudono per (sei fantastica) pranzo, nessuno dei quali (sei un raggio di sole) vende scarpe (sei bellissima)."

 

cenerentola

*per avere un’immagine vagamente più corrispondente alla realtà, prendete la circonferenza delle cosce della modella ed applicatela alle braccia, togliete un metro di gambe  aggiungetelo in orizzontale secondo questo rapporto: 70%alle tette, 30% alla panza, schiariti 40 volumi i capelli e mettete gli occhi azzurri.

PIU’ BLABLABLA DI UNA PUBBLICITA’ DELLA VODAFON

Insomma come avevo accennato Lui si è rifidanzato. Lo attestano fonti certissime quali gli status di messenger. Gli ultimi lo danno per "arrapato e pericolosissimo, non fate i braviiiii". Mio dio, a trentun’anni. Ma insomma pare che abbia una relazione. E che la prescelta sia quella la cui immagine campeggia come di lui fotina a giorni alterni: capelli boccolosi fino all’ombelico neri, pelle scura abbronzatissima, occhi scuri e bichini nero da cui fanno capolino due…pocce rifatte. Cioè, le pocce rifatte no. No. No. No.

E allora perchè mi è presa così male? La risposta nasce spontanea da un episodio della bibbia filmata (SATC, n.d.a.) in cui Amanda dice che, dopo che ci si lascia da una relazione seria, scatta in automatico il giochino "chi di noi due morirà disperato?". Ed è evidente che tra me e Lui quella che morirà disperata sono io. E non è che lo accetti così di buon grado.

Insomma: me lo sono preso ciccione e con una fiat uno scassata che mi regalava ritratti a matita e lo consegno a TettaDisonesta abbigliato Etro dalla testa ai piedi, palestrato, con un attico in centro e un lavoro a molti zeri mensili. Ecchemmazzo.Me lo sono preso sfiduciato, sognatore avvilito, diggei, vraiter e glielo mollo tronfio, tracotante, sparone e con uno studio a suo nome.

Me lo sono preso che veniva a trovarmi in Francia in autobus e lo mollo che "le vacanze solo al Forte e le cene solo in centro".

E sì, forse io mi sono presa il lato migliore della persona. Lei si sta prendendo il lato migliore dell’ingegnere.

In tutto questo, però, la vita mi riserva sempre qualche simpatico dialoghetto surreale.

Il primo che riporto è datato una ventina di giorni fa ed è intercorso tra me e LoSmessaggiatore:

– Smessy, vedi, ormai è qualche mese che va avanti così…

– Eh, lo so…mi manchi infatti…

– Smessy ma io, lo sai, mi sono invaghita di un altro…

– Lo so, ma poi eccoti…

– No, Smessy, cioè…tentiamo di essere più lungimiranti, se la cosa tra noi non cresce un motivo ci sarà, no?

– Mah, le circostanze…

– No, Smessy, dai. Cioè, se doveva succedere qualcosa a quest’ora…

– Mi manchi, ti penso, che ci posso fare? Io sto bene quando sto con te.

– Ma io mica dico che ci sto male, dico solo che forse dopo alcuni mesi una pianta o cresce o crepa.

– E vediamo se cresce.

– Ma non cresce…Smessy, vedi, io sento la necessità di poter guardare oltre le contingenze quando sto con qualcuno. Va bene viversi il momento, va bene non progettare, ma io non posso pensare tra me e me che se rimanessi incinta sarebbe la peggior cosa che mi possa capitare, capisci?

– Eh, mo’ un figlio…dai.

– Ma lo so, è per dire, è solo che io un figlio con te non lo farei mai.

– Io con te sì che lo farei.

– Oddio, davvero?

– Sì.

– E perchè?

– Beh, sei giovane, bionda, hai gli occhi azzurri…in fin dei conti hai dei buoni geni.

Cioè, mi ha detto hai dei buoni geni. Devo commentare?

Di tutt’altra pasta sono invece i dialoghi con BancarioJones. Vi avevo detto che mi aveva preso la mano a Villa Pamphili, occhei. Che avevamo cenato insieme in una pizzeria di quartiere, che ci eravamo abbracciati fraternamente alla fermata della metro. Succede poi, però, che mi trovi l’ultimo giorno a Roma, tra uno scatolone di scarpe da una parte e uno di borse dall’altra, a catapultarmi in centro. Moooolto vicino al suo ufficio. E che mi sia abbigliata forzatamente in maniera molto c’ho-trent’anni-sono-singol-e-cattiva. Gli mando dunque un essemmesse per domandargli se gli va di passarmi a salutare. Scende ingiacchettato e mi conduce, col mio passo spedito su un paio di novecentimetri di vernice rossa e raso maculato, in una sala da the in Piazza di Spagna. Sì, sì, donne: sala da the – Piazza di Spagna, avete capito bene. IO prendo un the freddo tropicale, lui prende un the freddo e la mia mano tra le sue. E ci portano lo zucchero liquido su cui galleggia un puntino nero. Bancario chiede alla cameriera di cambiarcelo "ci dev’essere inavvertitamente finito un moscerino". La cameriera risponde che sì, l’avrebbe cambiato, ma che era un pezzettino di the. "Un pezzetto di the con le ali" rispondo io alla donna in scarpe bianche.

Insomma passeggiamo fino a Piazza Barberini e mi dice che la mattina dopo sarebbe passato per Termini per una questione di lavoro. Alle otto e mezzo. Il mio treno è alle nove e a me non va proprio di alzarmi un’ora prima per far colazione con lui. Scherzando faccio "a meno che qualcuno non venga a portarmi le valigie". Quel qualcuno era Bancario, alle sette del mattino dopo, sotto casa mia, in giacca e cravatta da lavoro. Io in ginz e golfino e coda che sembravo sua figlia.

E la sera, mentre finivo di inscatolare tutto, dopo il tiramisù con MarchigianaSimpatica, lo stesso Bancario mi aveva tenuto compagnia al telefono, evitando che mi scoraggiassi. Fino alle tre del mattino.

– Bancario, allora sei proprio sicuro di volerti alzare alle cinque e mezza per venire da me?

– Sì, certo.

– Ma io poi vado a casa mentre tu al lavoro, e sono già le due e mezza.

– Lo so ma voglio esserci quando lascerai Roma.

– Bancario vado a cento chilometri, tornerò spesso.

– Vabbè, alle sette da te.

– Senti, mi svegli?

– Va bene, ti chiamo prima di entrare in metro.

– Anzi no, è troppo da fidanzatini.

– Hai ragione.

– Lo so.

– Ma ti ho svegliato anche la prima volta che siamo usciti, ricordi?

– Ah, giusto. Non ci pensavo.

– Beh, te pare più sensato?

– No, era da matti, lo so.

– Eh.

– Ma da matti mi sembra meno grave che da fidanzatini.

– Giusto.

Cosa voglio di più visto che ne ho due per le mani?Quello che mi manca più di tutti, tra i piedi.

“SCUSA MA TI CHIAMO FRECCIAROSSA”- L’OPERA SAPONE DELL’ESTATE 2009- PARTE SECONDA DI DUE

Avrei voluto farvi penare di più, ma se la tengo un altro po’ nella cartella "BLOG" finisce che la cancello.

Quindi ecco qua, la prima parte è appena sotto.

Is this a lasting treasure

or just a moment pleasure?

Amy Winehouse

Veniamo al dunque: non è molto alto, me lo aspettavo secco secco, invece ha un corpo molto maschile, belle braccia. Indossa una camicia bianca a mezze maniche allacciata sino al penultimo bottone (scoprirò, in seguito, che è un felpudo), dei pantaloni grigio-marroni un po’ lenti e delle scarpette tipo le mie dello stesso colore (dei pantaloni, non delle mie, deo gratias), ha anche una tracolla marrone.

Imbarazzo, molto. Chiacchiere compulsive, molte. Ci incamminiamo e finiamo in un parchetto. Poco prima ci scambiamo i libri che ci siamo vicendevolmente comprati. La sua dedica è di una sola frase. E’ bellissima.

Parliamissimo, lo osservo meglio: è biondo, capelli corti corti vagamente ingellati, sottili. Pelle abbronzata, lo facevo più ragazzino, invece no. Ha gli occhi di un colore che non ho mai visto: verde bottiglia. Mi e gli domando se siano lenti: no. Dice che dal vivo spavento meno che via lettera, sono un po’ più inoffensiva. Gli chiedo se anche a lui fa un effetto strano pensare di essere lì insieme e mi dice che gli sembra di essere uscito con Creamy (cioè, Crimi, quella di parimpampù-babbo-mamma-toscio).

Gli dico che me lo aspettavo meno impacciato, “è tanto che non esco con una ragazza così, in questo modo” mi dice, lasciandomi intendere che è agitato e ha i sensi di colpa.

Invece io sono tranquillissima, come no, me pare proprio.

          come mai hai smesso di leggermi dalla Spagna?

          Chi ha detto che ho smesso di leggerti?

          Le bandierine…

          Ma io ti leggevo…

          Ah, eri già a casa?

          Già.

          E perché non mi rispondevi alle email?

          Perché pensavo di accantonare questa cosa.

          E perché allora poi hai risposto?

          Perché evidentemente non riuscivo ad accantonarla.

Lui non fa complimenti, mi osserva, si fissa, mi guarda negli occhi. Mi dice che ce li ho “verdognoli” (giuro che ha detto verdognoli, cioè), mi chiede delle forbicine e un cerotto. Il bello è che io dietro ho sia le forbicine che il cerotto. Ne vogliamo parlare?

Insomma si fa una certa e lui ha fame, io al posto dello stomaco ho una pietra dell’isola di Pasqua ma è pure ora che mangio qualcosa. Fosse mai mi dimagrisco.

Ci fermiamo in una trattoriola e mangiamo (per me le verdure grigliate d’ordinanza da primo appuntamento). Lui tiene la forchetta al contrario. Mi versa l’acqua. Continuiamo a parlare. Arriviamo ai discorsi seri e mi dice che, come non avrebbe mai sognato da ragazzino, si troverà a mettere sulla bilancia della sua vita la storia con la bici, rassicurante e assodata, e sto colpo di testa. Mi dice di non riuscire a capire se possa contare di più la stabilità o la felicità. Come a lasciare intendere che, in questa stabilità, per la felicità non c’è posto. La felicità quella che ti prende e ti porta via [cit.].

Gli dico che non so, non posso promettere niente, non riesco a prevedere come mi sentirò stasera, se ci penserò, se penserò a lui come un possibile “noi”. Cerco di essere il più corretta possibile: non devo rassicurarlo a tutti i costi, deve capire che vuole (come me, d’altra parte)  in fondo – penso – la notte porta consiglio e ciò su cui si riflette prima di andare a dormire è rivelatore. Ma il solo fatto che stia lì a pensarci, forse, la dice lunga.

Scopro che il suo ghiacciolo preferito è quello alla fragola (ovvero: rosa, n.d.a.).

Lo sorprendo a guardarmi con insistenza le tette. Le fissa così tanto che quasi mi sembra si sia fissato a pensare con lo sguardo nel vuoto. Invece no: s’è fissato sulle gemellone.

Mi viene in mente un caro amico che, tempo fa,  mi disse “non c’e’ niente che competa con un paio di belle tette per un uomo.”

piedi

Ci incamminiamo alla stazione, le nostre sei ore in cui tutto avrebbe dovuto essere chiarito e risolto stanno terminando. Di chiarezza e risoluzioni manco l’ombra. Ci fermiamo a parlare ancora un po’, io rimango terrorizzata dai silenzi. Ho tutto il viaggio di ritorno per le paranoie, adesso cerchiamo di non pensarci.

Arriviamo, mancano 15 minuti ai nostri treni.

– vuoi che ci separiamo subito o ancora cinque minuti?

– ancora cinque minuti.

– Aehm…bene…eccoci qui…

Imbarazzo letale. Comincio a pensare che discutere la tesi con un vestito da coniglietta di Pleiboi nell’Università per CattoRicconi non sarebbe poi tanto difficile.

– per favore, dì qualcosa…

– non possiamo stare in silenzio ora?

– …sì…ma…mi prende un po’ male….

E vedo che tende le braccia verso i miei fianchi. Mi abbraccia. Mi abbraccia e mi tiene stretta stretta. Lo stringo anch’io mentre mi appoggio la testa tra la spalla e il collo di lui. Dopo un lungo momento così, ci stacchiamo, ci guardiamo. Mi abbraccia di nuovo e disegna la linea del mio orecchio con un dito, spostandomi i capelli. Mi annusa forte.  Sento che sospira e viene da sospirare anche a me. Per la prima volta nella giornata, al suo sospiro, sento che mi batte il cuore. In maniera asincrona, qualcosa si muove. Non so bene cosa di preciso o come (magari è il tiramisù che fa reazione col ghiacciolo). Non è semplice in poco tempo creare un ponte tra quelle sue mail, la sua faccia, il suo accento strano che riconosco come familiare, il fatto che sia lì con me, le mie sensazioni e il suo abbraccio. Sono troppe cose tutte insieme per poterle combinare e decifrare come un tutt’uno.

Mi guarda di nuovo le tette. Glielo faccio presente e non nega. Come potrebbe?

 

E adesso tutti si aspetteranno che mi abbia preso dolcemente la testa tra le mani e mi abbia baciata con decisione e trasporto, come chi bacia dopo averci pensato, come chi sta facendo un tentativo, come chi pensa “ora o mai più, vediamo l’effetto che fa”.

E tutti si aspetteranno che io abbia sentito la sua pelle un po’ ruvida, che mi sia fatta baciare e lo abbia baciato a mia volta, con sentimento e timidezza allo stesso tempo.

E tutti si aspetterebbero che, a due minuti dalla partenza dei treni, lui mi abbia presa per mano, stringendomi le dita e mi abbia accompagnata al binario. Come fosse normale.

E tutti si aspetterebbero che al binario mi abbia baciata di nuovo, per salutarmi, di un bacio zuccherino ed emozionante.

 

E infatti sì.

“SCUSA MA TI CHIAMO FRECCIAROSSA”- L’OPERA SAPONE DELL’ESTATE 2009 – PARTE PRIMA DI DUE

Post per donne

Post scritto la sera dello svolgimento dei fatti

Post scritto ispirandosi ad Harmony

Post incurante di quel che sarà (anche perchè non ci scordiamo che incurante è il neim of gheim delle bionde)

I’m tired of using technology

I need you right in front of me

JT

Se c’è al mondo un momento particolare sbagliato per avere un appuntamento con un uomo che vi piace, beh, è il martedì mattina. Innanzitutto perché è mattina, e quindi una ha dormito poco e tende ad avere le samsonait special sotto agli occhi. E poi perché è martedì e, non si sa perché è per come, ma i parrucchieri hanno stabilito (ingiustissimamente) che di lunes non si lavora.

Ma perché, si chiederanno i miei lettori in coro, avevi un appuntamento di martedì mattina?

Ebbene, va fatta quindi una digressione. Molti ricorderanno Il Ciclista (al secolo Lo Scrittore) con il quale la qui presente Lafrangia Liscia aveva intessuto un’intensa corrispondenza epistolare via uebb. Insomma io e questo ci piacevamo parecchio ma lui, avendo una bici beige su cui pedalava da anni, mi diede il benservito facendomi una scenata di gelosia per la mia cena con GRGA.  Mi disse che non ci pensava più a vedermi, che si tirava indietro, che non se la sentiva e bla bla bla. Figuriamoci se io, una volta tanto che uno mi piace, demordo così. Aspetto, aspetto, aspetto. Calma zen e Cosmopolitan sono i neims dei miei gheims. Poi leggo uno dei suoi libri preferiti e gli mando la recempsione, privatamente. Lo lavoro ai fianchi. Aspetto. Cosmopolitan.

Poi due giorni fa, tadààà, la mia casella segna il numero 1 su “posta in arrivo”.

Era una scuola d’inglese che mi proponeva un corso.

Ma dopo un po’ l’1 appare di nuovo e stavolta non ce n’è per nessuno.

E’ lui.

Cardiopalma. Che dico. Cardiopalmeto.

Insomma mi dice che lui non ha smesso nemmeno un secondo di pensare a come sono  e forse non smetterà mai, però ha la bici.

Io a quel punto sfodero tutto il mio coté LafrangiaUmbrianPsycho e gli dico: so dove sei, posso venire da te. Sei solo chiacchiere e distintivo, chiacchiere e distintivo e bla bla bla.

E lui mi dice: vediamoci martedì mattina a metà strada.

Perché, non l’ho detto, ma lui sta a millemila chilometri da me.

E così mi ritrovo a mettere la sveglia alle sei di mattina, ad agosto. Passo due notti insonni e assillo tutte le mie amiche: lanoise, AmicaGenioBresciana, MiglioreAmicaSecca, MiglioreAmicaUniversitaria e makeup. Pure un uomo: ScimmiaColVestito.

La prima ansia che mi viene è: e se non si presenta? Cioè, quanto può essere da Meg Raian aspettare uno in una stazione di una città che non conosci e poi questo non arriva?

Questa prima paura viene subito sostituita da un dubbio amletico e atroce, qualcosa che mi trita le viscere, che mi scorre lungo la schiena provocando un brivido ghiacciato di terrore…che mi metto?

Mi scervello: è mattina, è caldo, è in un posto che non conosco, non so lui com’è. Porco cane che casino.

Chiedo consiglio ad amici e conoscenti vari e mi si risponde con metti le tette al vento, metti tanto mascara, metti le mutande abbinate al reggiseno. Come se tutto questo non fosse piucchescontato.

Alla fine decido che sarò una studentessa universitaria glemur e solitaria: ginz feticcio, camicina a tre quarti blu notte aderente, cinta di cuoio, olstar rosa , borsa sportiva rosa. Per fare la ganza mi porto anche la sciarpetta di cotone bianca lilla e celeste che mi fa tanto LeDueSimone e mi copre l’immancabile Brufolo delle Grandi Occasioni che stavolta s’è manifestato sul collo.

Capelli sciolti più o meno allisciati, perle, trucco leggero che altrimenti sembro la maschera di Agamennone della Meibellin.

Vado a comprare il biglietto del treno, gli compro un libro che incarto a casa dopo aver scritto la dedica.

Rimetto la sveglia. Controllo la mail per buche e sole varie ed eventuali dell’ultimo secondo e mi metto a letto.

In tutto questo io non ho il suo numero di cellulare.

Sto a letto, cerco di dormire ma niente, non mi passa un attimo. Leggo ma, più che altro, fisso le parole sulla pagina.

Mi sveglio, come da prassi, ogni trenta secondi durante tutta la notte col terrore di non sentire la sveglia. Non mangio da 15 ore. Cioè.

Mi lavo, mi metto la crema all’Iris che mi piace tanto, mi vesto con quello che ho deciso. Manco mi specchio che se no, Dior-solo-lo-sa, mi vengono i dubbi sulla panza.

Prendo sto Frecciarossa e via. In ansissima. In attesa. Non mi appisolo manco un secondo.

Quello vicino a me pensa che sono una squilibrata che alle 7 di mattina si spara i SOAD a palla nelle orecchie. Come biasimarlo.

Quando sto per arrivare, tra i mille essemmesse delle amiche, arriva il suo “Per riconoscermi: io sono quello con un’anguria in mano”.

Comincio a dubitare delle mie capacità in fatto di comprensione degli uomini (“solo ora?” diranno i più “eh daie, è un momentaccio” risponderei io). Che ci vuole fare con st’anguria? Tramortirmici?

Giro un po’ per la stazione e, a un certo punto, mi si para davanti uno sorridente. Lo guardo, sorrido, è lui.

(continua, ma non vi dico quando)