HOUSE OF STOCARDS – IL FINALONE

Per chi se lo fosse perso, la premessa è un post su VermeDagliOcchidiGhiaccio in cui si parla di lui e di come una grossa parte – quella sana – dell’ufficio di QuellitipoGugol lo malsopportassero.
SpeedyGonzales ha provato a parlarci, a dirgli che forse bisogna evitare di trattare la gente come se puzzasse sempre di guano, ma Verme non ce l’ha fatta, il bagno di umiltà lo terrorizza e ha continuato convinto per la sua strada lastricata di ubris e magliette FruitOfTheLoom.
Allora io ho preso e mi sono seduta sul greto del fiume, ho atteso nemmeno troppo a lungo ed in lontananza ho visto arrivare il cameriere in livrea:

butcher

Ciao Verme, goditi il finesettimana più lungo della tua vita e a mai più rivederci.

 

SOTTO IL CIELO DI BERLINO è SUCCESSO UN CASINO

Ci sono dei post che vanno scritti di getto, altrimenti sfuggono. Ho fatto tante volte l’errore di lasciarli andare, nonostante lo spunto fosse brillante, per pigrizia, per l’idea che avrei dovuto sedimentare e migliorare i concetti ed era una cazzata.
Quindi se già la scrittura quella vera dev’essere un succo di istinto, figuriamoci che problema c’è se ci sono degli errori nelle cacate che scrivo io.
Nzomma sto scrivendo questo post su una splendida poltrona con pouff di camoscio grigio, col mio pigiamino di Oisho preso ai saldi due anni fa, in un cinque stelle del centro di Berlino.

berlino
Parte tutto dal fatto che si vede palesemente che al lavoro mi rompo i coglioni così SpidiGonzales, spinta da Soviet, ha acconsentito a mandarmi a un sammit internazionale a Berlino per QuelliTipoGugol. Detta così sembra molto una figata, in pratica sono due giorni in cui io e altri tipo me staremo a parlare del nulla in un inglese stentato, si lavorerà come forsennati nelle pause tra una riunione e l’altra e vedremo sfumarci in orribili pasti tra colleghi i soldi che avremmo voluto a fine mese come aumento nel bonifico dello stipendio (assenza di virgole voluta, nda).
Nzomma niente, siccome AirBerlin ha deciso di andare a zampe per aria, sono dovuta partire di lunedì pomeriggio per andare a una riunione di martedì mattina. Quindi al mattino lavoro da casa in pigiama e al pomeriggio arriva una bellissima auto privata con autista a portarmi in aeroporto perchè devo viaggiare con una compagnia lowcost (cosa che per me è la norma ma in ufficio  mi guardavano tutti come se stessi per partire per la campagna di Russia con le celeberrime scarpe di cartone).
Ed eccomi su questo pulmino Mercedes coi sedili in pelle nei miei ginz di Primark da 12.99. Iniziamo con una bella fila in tangenziale di 40 minuti, e vabbè tanto sono in anticipo.
Arrivo a Malpensa, faccio la mia bella fila, mangio la focaccia, compro 15 grammi di carote essiccate per due euro, attendo un’oretta e mezza l’inizio dell’imbarco.
Solita fila a imbuto, tra la mischia si stagliano forti e chiare le urla di due neonati sotto i sei mesi ma con dei polmoncini da futuri campioni di apnea. Vabbè, siamo tanti, figuriamoci se capitano vicino a me.
E, in pieno mood Trenitalia, le hostess annunciano overbooking che, per chi non fosse pratico, vuol dire che queste facce di merda hanno 100 posti sull’aereo ma vendono 130 biglietti così, alla pene di segugio. Simpatici come la scabbia chiedono se ci sono volontari per prendere il volo successivo. Indovina indovinello? Non ci sono.
Arrivo all’imbarco vero e proprio e mi sottraggono il bagaglio a mano dicendo “prenda l’indispensabile” lasciando presagire che la mia povera valigia chissà dove sarebbe finita. Ed eccomi quindi avviarmi all’aereo con un computer, una 24ore, la mia borsa, il cappotto, il barattolo di avena e succo d’arancia, le dispense di spagnolo e il materiale per la riunione di domani. Praticamente nel trolley c’erano rimaste giusto giusto le mutande e il deodorante.
Per salire usiamo il finger? no. Usiamo la navetta? no. Annamo a piedi in mezzo alle piste, tu guarda MeriPoppins se devo morì schiacciata da un aereo low cost.
L’aeromobile è a dir poco stracolmo e io, manco a dirlo, ho il posto al centro tra due sconosciuti, vamos. Lato finestrino un signore in giacca, tedesco, che si addormenta tempo due minuti. Lato corridoio una signora tedesca molto tipica: mezz’età, alta, capello corto, ginz, atletica.
Io ho dimenticato anche una rivista e non ho nulla da fare per le prossime due ore se non guardarmi intorno. Scampato il pericolo neonati mi pare che ormai il peggio sia passato…e invece la vita è bella perché fa schifo.
Dunque scopro che il passeggero della stessa mia fila ma dall’altro lato del corridoio è il marito della signora atletica accanto a me e che, nonostante lei stesse leggendo un romanzo di Roversi in tedesco, avevano programmi del tutto diversi per questo volo.
Infatti non appena si spengono le lucine di obbligo di cinture allacciate, la signora bella bella si sporge in avanti e tira su il sacchetto del duty free. Estrae una bottiglia di Barolo appena stappata e riattappata a mano e due bei bicchieri da osteria di vetro spesso, proprio quelli delle fraschette di Ariccia, uno per sé e uno per il suo bello. Versa due belle bicchierate di rosso e daje col vino.
Un bicchiere, poi un altro, poi un altro ancora. Cerco di chiudere gli occhi visto che l’odore del vino mi disturba, figuramose quanto mi sono disturbata quando con gesto tecnico la signora ha accavallato le gambe ed emesso quelle quattro o cinque sonore scoregge come se nulla fosse, leggendo il suo romanzo e sorseggiando il suo Barolo.
Vorrei avere metà della tua noscialanza, signora tedesca snella e puzzona e affrontare la vita con questa ebbra serenità.
Finalmente atterriamo, la signora e il marito sono palesemente ubriachi ma vedo la luce in fondo al tunnel.
Quindi riattraversiamo le piste a fette, rischiamo di farci stirare da un furgoncino e entriamo da una porta secondaria verso i nastri portavaligie. La porta secondaria era evidentemente un’uscita di sicurezza e infatti suona ininterrottamente un allarme a fischio per tutti i 15 minuti in cui attendo la valigia. Un piacere per l’Amplifon.
Esco e vedo la fila dei taxi, mi metto in coda e c’è un tizio col gilet giallo fluo che dirige gli avventori verso i taxi disponibili. Gli italiani sono miracolosamente tutti in fila indiana su questo marciapiede quando una coppia di tedeschi prende e sale sul taxi che si trova davanti. Non l’avesse mai fatto: al tizio col gilet viene la bava alla bocca e comincia a urlare delle robe che, alle mie orecchie profane, suonano come la dichiarazione di guerra alla Polonia. Corre come un forsennato verso quel taxi e comincia a lanciare giù le valigie dal portabagagli scatenando a sua volta l’ira del tassista e del marito della coppia.
Proprio allo scattare della rissa mi infilo in una macchina e do l’indirizzo dell’hotel a quel tamarro del tassista che controlla uozzapp mentre sfreccia a 170 nella periferia berlinese con un cd di Taylor Swift a palla nello stereo.
E anche oggi una cosa normale la faccio domani.

 

E siccome questo è un blog di informazione scientifica è bene che sappiate che ci sono teorie su Taylor Swift nazista 

FACCIAMOCELA A FARCELA – il recruiting che non ti aspetti

I can’t keep on waiting for you
I know that you’re still hesitating
Don’t cry for me
‘cause I’ll find my way
you’ll wake up one day
but it’ll be too late
(Madonna – Hung up)

Ora io non dico tanto no, però, nzomma.
Da Agosto ho cominciato, molto sporadicamente, a mandare in giro civvì. Non sto concretamente cercando un nuovo lavoro, nonostante tutto attualmente sto in un posto figo e ora che Teddi non è più al timone mi sto anche godendo un po’ di calma.
Fatto sta che sul mio curriculum vitae adesso ci sono un paio di aziende importanti e di conseguenza quando mi candido mi chiamano, le offerte fanno sempre schifo ma insomma “piutost che gnent l’è megl piutost”, direbbero nel capoluogo meneghino.
Morale della favola, qualche giorno fa mi squilla il telefono mentre ero in ufficio, vado in una sala riunione per parlare liberamente e partecipo al seguente dialogo:
– Buongiorno, parlo con La Frangia Liscia?
– Sì, certo sono io, mi dica pure
– La chiamo da AgenziaDiSelezioneMoltoNota perché ho trovato il suo cv, deve aver risposto a un annucio… abbiamo un’opportunità nel campo farmaceutico. 
– Certo, mi dica pure (farmaceutico = soldi + lavoro che non muore mai, me piace!)
– Allora volevo farle delle domande sulla sua esperienza…
– Sono qui, chieda pure! (assertivi e sorridenti, assertivi e sorridenti!)
– Allora lei attualmente sta lavorando, giusto?
– Giusto!
– Come mai cerca altro? 
– Ma per questo, questo e quello… (motivazioni completamente farlocche a caso)
– Posso chiederle quanto è la sua RAL? (reddito annuo lordo, n.d.a.)
– Sì guardi, è così e così, con questo e quest’altro benefit e questo e quell’altro premio
– Ok bene, le lingue le sa?
 – (abbella, ma con chi credi di stare parlando?) Sì guardi parlo francese, portoghese, inglese, ovviamente italiano ma anche un pochino di spagnolo 
– Bene, competenze informatiche?
– Sì, quelle normali:  questo questo e quello
– E esperienza nel campo degli eventi fieristici? 
– Sì, guardi ho lavorato per anni nel campo con eventi di alto profilo istituzionale e bla bla bla…
Andiamo avanti così per circa 15 minuti, analizziamo le mie competenze professionali in ogni sfaccettatura, scendiamo nel dettaglio di ogni singola voce, mi fa parlare parlare parlare finché decido di prendere la situazione in mano. In fondo s’era fatta na certa e dovevo pur tornare alla mia scrivania.
– Guardi, se vuole sono disponibile  incontrarci di persona così facciamo il colloquio de visu. Magari mi dica, che figura state cercando…nel senso, che qualifica richiedete? 
– Ma guardi, veramente stiamo cercando una segretaria junior part time anche con poca esperienza da affiancare all’amministrativa, nel caso se conosce qualcuno mi manderebbe i contatti?

Sorry?
No veramente, dai, che problema hai?
Cioè, questa m’ha chiamato, si è sfrantumata le balle per un quarto d’ora buono ascoltandosi tutti i cavoli miei, s’è spulciata il cv fino alla dichiarazione aut.min.ric. e poi che vuole? Che le faccia io da recruiter? Io rimasi abbacinata, se non per meglio dire fulminata e poscia mi mancatte la parola [cit.]
Io di colloqui nella vita ne ho fatti tanti, ormai vado lì scioltissima, non mi mettono nemmeno più strizza, vado stringo mani+sorrido+affettezione e ne esco sempre decentemente. Ne ho fatti di assurdi, veramente assurdi, difficilmente dimenticherò quando mi hanno chiuso da sola in una stanza completamente bianca e insonorizzata con un pc e un excel da compilare. O quella volta in cui un più o meno noto architetto milanese mi ha chiesto quali competenze avessi nella gestione di un diario alimentare (la posizione offerta era in campo amministrativo). Il mio “in che senso?” deve averlo convinto a scartarmi (come una caramella da 118 calorie, n.d.a.).  Una recruiter una volta mi ha detto di non credere al mio stipendio nemmeno quando le mostravo i cedolini, non che fosse particolamente alto o basso, ma si era convinta che quella cifra per qualche ragione fosse finta. Una delle prime volte, ai tempi del Vampiro, mi chiesero ogni quanto andassi a messa (posso ride?). Mi è stato chiesto che musica ascolto, perché vado in palestra (hey, faina, le mie chiappe mosce non ti dicono nulla?), cosa si mangia nel mio Borgo Natio, che modello di cellulare ho, che macchina ha mio marito, se ho il mutuo, perché sono vegetariana, che lavoro fa mia madre e, su tutte, la madre di tutte le domande dei miei colloqui “come mai ha studiato portoghese e non spagnolo?”. Me gusta come lo mueves, baby.
I disagi della psiche umana hanno un arcobaleno di sfumature e io le ho ammirate pressoché tutte.
La laurea honoris causa in psicologia del lavoro non mi è ancora stata assegnata, mi pare un crimine contro l’umanità.
Però ti voglio bene, cara recruiter senza voglia de lavorà, te voglio bene perché hai nella voce l’incoscienza dell’età, la sfrontatezza dell’ignoranza, la faccia da culo de Maurizio Lupi (l’indimenticato).
E quasi quasi ci vengo a fare uno dei famosi “colloqui conoscitivi”, così ti insegno come si fanno ché fare formazione per beneficenza è una delle mie grandi passioni.
L’ho scritto tra gli interessi personali?

colloqui-di-lavoro

 

UNA VOLTA QUI ERA TUTTO CHAMPAGNE [cit.]

Parliamoci chiaro, cristal cliar, ho un ottimo matrimonio e una bella famiglia composta da me e Primate. Ma di quella divertente friccichea di quando ero su piazza, pesavo 48 chili e mi facevo le mesc da battona di alto livello…zero. Zerella. Zebra. Non che mi manchi eh, Dior ce ne gamberi, non tornerei indietro manco a pagamento. Il pensiero di un altro appuntamento tra un congiuntivo sbagliato e un drink offerto da me mi fa venire voglia di lanciarmi contro una finestra antisuicidio.
Comunque sia è banale, la speciale normalità delle relazioni sicure offre alcuni spunti di riflessione  e di ironia, ma aspettarsi cose tipo   questa o questa non sarebbe ragionevole. La stabilità è una cosa meravigliosa ma, a raccontarla, risulta noiosa.

Nzomma, mettiamolo un po’ di brio dentro sto blog, santamadonna. Quindi ho deciso che tirerò fuori un aneddoto datato ma inedito. Come quando si pubblicano i dischi dopo che muore uno famoso e pur di battere cassa a dumila si tira fuori un’incisione di una canzone orrenda e/o natalizia da schiaffarci. Io lo so come va a finire…va a finire che si fanno i concerti con gli ologrammi. E’ drammatico.

Tornando al punto, circa due anni fa ho smesso di lavorare per BrumBrum e per ThePresident. Tra i collaboratori fissi in cui mi “interfacciavo per fare deili apdeit”, ovvero gente che sentivo tutti i giorni per telefono, c’era questo giovane uomo all’epoca sui 38 -39 con le sembianze e le pose di un modello del noto marchio Boggi.
Ricordo chiaramente la prima volta che l’ho visto, SexyCommercialista, altezza media, corporatura smilza con i muscoletti evidentemente allenati che spuntavano dal frescolana del completo, camicia su misura e cifrata bene (lato sinistro, tra il quinto e il settimo bottone, non sul collo come i burini, n.d.a.), capello corto corto scuro con un accenno di brizzolanzia, occhi neri neri neri un po’ incappucciati, bocca carnosa e denti bianchissimi. Bono ma bono ma bono. Con quell’aria da non-così-giovane in carriera, la noncuranza di chi ha un fisico perfetto e non deve aggiustarsi la camicia quando si siede, la sicumera di uno così figo che manco ci fa caso. Un accento troppo milanese per i miei gusti, ma  il tono senza esitazioni di chi ci crede tantissimo ma con concretezza.
In parole povere, uno che lo vedi e ti cascano le mutande.
Io e SexyCommercialista ci siamo sentiti tutti i giorni dandoci del lei per circa tre anni, abbiamo litigato cortesemente più o meno tre volte a settimana e mai mai mai siamo entrati nella benché minima confidenza. Non ho mai saputo niente di lui e lui niente di me. Ok, è sexy, va bene, ma è pur sempre un commercialista. Io, oltretutto, se proprio dovevo pensarci, me lo immaginavo nel suo loft bianco, con la sua donna di turno alta bionda magra e superchic, possibilmente una ex-modella attualmente pr, giocare a tennis al circolo di sabato e altri stereotipi a seguire.

Poi gli anni passano, le mamme imbiancano e io sono andata via da Brum Brum spedendo, cinque minuti prima di chiudere la porta, la classica email dicendo ciao cari, è stato un inferno, potete contattarmi al seguente indirizzo email. E SexyCommercialista mi scrive il classicone augurio di tutto il bene professionale del mondo e ciaone.
Poi i mesi passano, le mamme continuano a imbiancare e improvvisamente, arriva una mail di SexyCommercialista che dice che spera di non tediarmi e chissà come sto e che comunque possiamo anche sentirci per collaborazioni lavorative ecc ecc. In quel momento io stavo lavorando da QuelliTipoGugol quindi ci stava anche che questo mi contattasse per vedere di attaccare un bottone aziendale. Morale della favola, ci scambiamo i numeri di cellulare, ci diamo del tu e ci diamo appuntamento una mattina a colazione in un bar della stazione. Cappuccio, cornetto e quattro malignate su BrumBrum, SexyCommercialista ha perso un po’ peso ed ha i capelli sale&pepe, è sempre un bell’uomo ma è un po’ sfatto, mi racconta quanto sia stata dura per lui diventare socio dello studio, quanto le cose vadano male economicamente lì nel mondo dei circolini del tennis e quanto abbia deciso di tenere duro nonostante tutto, parliamo di vacanze che programmo con mio marito e altri argomenti inutili. Dopo mezz’ora, tanti cari saluti e ognuno all’ufficio suo.
Intanto emerge che una mia ex collega e amica e il suo ex capo ora socio, entrambi sposati con figli, hanno una relazione. Non mi soffermerò perchè se no andiamo avanti per quindici anni, comunque sia tanto io quanto SexyCommercialista  sappiamo di essere a  parte di questa storiella torbida lenzuolifera.
Per dare la misura: lei una direttrice amministrativa e lui un commercialista di gente famosa.
Che vanno a fratte in una macchina da 140mila euri.

Un mese dopo il caffè in stazione SexyCommercialista mi scrive per un aperitivo, io – caruccia – la prendo come una roba tra ex colleghi e penso sia un’idea carina. Mi dice di coinvolgere anche gli altri due e io – caruccia  – la prendo come una rimpatriata perché alla fine ci conosciamo tutti e abbiamo lavorato insieme per anni. Rimaniamo d’accordo per la settimana a seguire, dopo il mio weekend in Umbria.
E..sbim! lunedì mattina mi arriva su uozzap, puntualissimo, il messaggio organizzativo di SexyCommercialista:
champa

Ora, non so nemmeno da dove cominciare a insultarlo. Cioè, è talmente tutto sbagliato che, cosa gli vuoi dire a uno che ti scrive così?
Beh, io comunque gli avrei detto questo:
Vedi SexyCommercialista, sì sono rientrata dall’Umbria e sì, per mercoledì andrebbe bene. Ma vedi, quando ti dicevo di essere felicemente sposata non era un modo di dire. E comunque. Comunque non sarebbe manco quello perché io potrei anche volermi trovare un amante. E magari questo amante potresti anche essere tu perché alla fine sei sexy, sei un po’ figlio di mignotta e hai dei bei denti – è fondamentale. Però però però ..però scrivi “ape”. E però ci provi via messaggio a 40 anni. 
E non è il peggio…il peggio è che pretenderesti che mi offrissi come preda sacrificale in casa, senza manco passare per uno sciampagnino su una qualsiasi terrazza dei salotti buoni milanesi. Pensi di farmi palpitare le ovaie cucinando qualcosa in casa, come se avessi 16 anni e fosse figo fare una serata casalinga. Come se una serata sul divano per una donna sposata e con una casa possa essere un’alternativa allettante. Ci mancava che mi dicessi ” e poi ci guardiamo la replica di Ballando con le Stelle”. Non pensi nemmeno di dovermi tramortire a colpi di Moet Chandon, no, mi vorresti sedurre in casa col vino comprato all’Esselunga e questo, per me, è offensivo. Vedi SexyCommercialista, qui dobbiamo andare back to basics. Qui non solum non mi conquisti, sed etiam me fai incazzà. 

Ma ho gli anni di cristo mica per niente, io. E allora mi ha fatto dapprima un po’ schifo e  dappoi un po’ pena perché pensava di essere figo e sciabolare la mossa del giaguaro.
E ho pensato che alla fine sono davvero fortunata ad avere il Primate che, per dire, non sa manco cosa sia Ballando con le Stelle e che quando passiamo le serate sul divano apre una bottiglia presa in enoteca.
E quindi sono stata signora:
champa2

Ndovina un po’ se s’è più fatto sentire?

VIAGGIO AL CENTRO DEI VANZINA

Vuoi venire con me? 
oggi ho tanta paura, 
questo mondo è selvaggio e un po’ contro natura
La musica non è una cosa seria – Lo Stato Sociale

Lavoro con tante persone, alcune molto interessanti, alcune per niente, alcune spregevoli. Lavoro con un riassunto del mondo occidentale e ricco: incongruenze, sprechi, slanci, camicie su misura su pantaloni di H&M.
Sono due anni che sto qui, che spendo ore e ore della mia vita in questo openspeis con le piante e le scrivanie regolabili, è inevitabile che abbia stretto amicizie nonostante la mia ferrea convinzione nel voler separare la vita privata da quella lavorativa. Ho fatto amicizia, vera, principalmente con delle donne un po’ più grandi di me, donne con cui ho affinità di sentimenti, di pensieri, di atteggiamenti.
Pe falla corta e pe falla breve, una di queste ha invitato  a cena me, altre due colleghe e Teddi la scorsa settimana.
Io faccio una delle mie famose torte a strati, mi vengono bene e faccio sempre un figurone come una brava casalinga anni ’50: tette grosse, torte grosse.
Teddi passa a prendere con la supermacchinina da rich&famous me e Sorrisona. Soviet arriverà coi suoi splendidi figli da sola. Ci avviamo verso desolate lande del nord Lombardia sotto la pioggia, nel traffico, ascoltiamo i Queen e parliamo di lavoro.
Giungiamo a destinazione e si spalancano le porte di questa casa che trasuda pezzi costosi, non è il mio gusto ma insomma…c’hanno speso e si vede, vogliono che si veda. Divani di pelle, sedie in pelle, bambini in pelle, vasche idromassaggio, spazi sconfinati e muri spatolati.
RicciaDriven, la padrona di casa, è sorridente e gentile, simpatica come lo è in ufficio e sono sinceramente contenta di essere lì a spezzare le conversazioni su budget, obiettivi, annualità e digitale con un po’ di sana chiacchiera semplicemente su di noi come esseri umani. Siamo tutti lì senza plusOne, senza accompagnatore, tranne ovviamente RicciaDriven che ha il marito in casa.
Apriamo lo sciampagnino, brindiamo mentre attendiamo Soviet che si è persa per strada sotto la pioggia coi figli, spezziamo la fame mangiucchiando antipastini in pastasfoglia col burro al tartufo, il salmone, il maledettissimo fegato grasso d’oca.
Finalmente arrivano tutti, lasciamo la masnada di regazzini con la tata assunta per la serata, lì a ribadire che, mazzo, siamo borghesi se non si fosse capito. Siamo quei borghesi lì, quelli con la mitica fabbrichètta, il famoso suvvettino, la casètta a Santa e tutte ste belle stereotipaggini qui. Ma RicciaDriven è veramente ganza, non è per niente snob né sborona, è una che riconosce il lavoro per quello che è, ammira chi si fa il mazzo e non le frega  molto di farsi amici i più fighi della cumpa. Ed è per questo che finirò la serata col pormi grosse domande sul suo gusto in fatto di uomini. O, perlomeno, di mariti.
Ci sediamo a tavola ed è così che inizia il Viaggio al centro dei Vanzina.
A capotavola lui, Leghistadeimieicoglioni, il marito di RicciaDriven. All’altro capo del desco lei, Soviet: meno di 40 anni, bionda, bel fisico, fuggita verso i 20 anni dall’ex Unione Sovietica per affermarsi in Italia come professionista di spessore, mamma e moglie, in calzini a righe e leggings, libera dopo una giornata di stress.
Alla destra di Leghistadeimieicoglioni, la moglie, come da prassi. Alla sinistra, Sorrisona: maglione mezzo ciancicato dal cane, dodo al collo, con a casa moglie e figlio. Lez dichiarata e militante.
Alla destra di Soviet ci sono io, umbra e si sente. Alla sinistra c’è Teddi dai mille colori.
Parliamo un po’ di lavoro, pettegoliamo un po’, savasandir, parliamo di bambini, di cucina, di arredamento…insomma, una cena tra adulti professionisti ma di compagnia.
Le posate d’argento, la magnum di bollicine, la tovaglia ricamata a mano, la pasta scotta.
Leghistadeimiecoglioni comincia presto a dare il meglio di sé con battute su quanto la moglie sia una rompipalle. Sta cercando confidenza sull’unico argomento che abbiamo in comune, la moglie, con noi che non lo conosciamo. Capita a tutti di sbagliare un’uscita.
Ecco, una.
Due magari.
Non una dopo l’altra.
Tutte.
Ogni singola parola è un dramma. Ogni parola è un insulto ad una morale non dico spiccata, ma decente. Ogni parola un sorso di voglia di morire. Ogni parola una crepa nella mia convinzione granitica che la democrazia sia il male minore. Ogni parola un imbarazzo grosso come un’elefante manco rosa, fuxia, nella stanza.
Ed eccolo inanellare una dopo l’altra frasi come queste:
– ma perché fai fare a tuo figlio ginnastica artistica? ma è un maschio! I maschi devono giocare, si devono menare!
– eh sì, sono stato in tv a una trasmissone…come era? ma che ne so! non so manco cosa ho detto, ho guardato tutto il tempo le cosce di quella *FamosaPresentatriceBionda*…non ci capivo un mazzo, però ha delle gran cosce con la minigonna giropassera!
– [riferendosi al figlio di sei mesi] come sei bello, eh?  io lo so che da grande qui ci sarà la casa piena di bella figa, eh? e papà metterà le tacche…
A questa, con mio totale sollazzo,  Sorrisona se ne esce “ma magari gli piaceranno i maschi, che ne sai…”
Leghistadeimieicoglioni a quel punto tira fuori uno degli ailait della serata:
– tutto può essere, ma non succederà…in questa casa si cresce secondo sani valori fascisti.
Poco conta che Sorrisona ha presto sottolineato come “sano” e “fascista” siano due concetti inconciliabili in una sola frase.
A questo punto, il mio animo trash vorrebbe un siparietto comprendente un doppiosenso su qualcuno che mangia una banana, una pacca sul culo della tata, un “negher” buttato via.
Sorridiamo tutti più o meno imbarazzati per RicciaDriven, facciamo finta di nulla, andiamo avanti facendo finta che in realtà no, non siamo davanti a un poraccio che veste i panni del cumenda, a un parvenu di bassissimo rango, no, siamo lì tra illuminati trenta-quarantenni neoliberali, che hanno visto un po’ di mondo e che leggono giornali in lingua originale.
Ma è teatro, nonostante parecchie delle mie risate siano autentiche, nonostante non abbia ancora ben capito come ho fatto a finire lì, io che vengo dalla campagna umbra, non può essere vero che siamo lì a tollerare questo chiatto mentecatto che pensa di essere simpatico a parlare di cosce, a ridurre tutto a questioni di soldi, a insultare chiunque di noi al tavolo pensando di poterne ridere. A insultare la nostra intelligenza, a insultare tutto l’impegno che ci ho messo per una vita a non essere ridotta come lui, in una gabbia d’oro così stretta che il cervello evidentemente sta andando in cancrena.

cumenda
E mi dispiace per RicciaDriven perché non voglio giudicarla attraverso la lente di quest’uomo che ha scelto di accollarsi, perché lei mi piace e non voglio guastarmi l’idea che ho di lei.

E poi finisce la cena, tutti raggelati che ci scambiamo abbracci e ringraziamenti. Io che mi sarei volentieri attaccata alla magnum di bollicine per tirare fuori il meglio di me e addormentarmi in macchina. Ma no, bevo l’acqua, saluto e abbraccio tutti.

Poi mi perdo in tangenziale con Soviet e finiamo alle tre di mattina a girare contromano nel parcheggio di un centro commerciale, ma questa è un’altra storia e non c’entra niente con quello che volevo dire in questo post.
Quello che volevo dire è: LEGA MERDA.

RICOMINCIARE DALLA PUNTA GIALLA

La domanda comune che viene chiesto nel business è, ‘perché?’
Questa è una buona domanda,
ma una questione altrettanto valida è: ‘perché no?’
Jeffrey Bezos

Ero così impegnata a ricordarmi di splendere sempre che mi sono scordata del blog, per due fottuti anni.
Ho scritto in testa seimila post, li ho rivisti, corretti, ampliati e impaginati tutti sempre nella mia mente…eppure al momento di prestidigitare: niente, il nulla cosmico, la favella di Caterina Balivo, una roba noiosa e soprattutto svogliata.

Me l’ha detto una sera Ventiseitre a Milano (capite come cambia la vita?), davanti a un cocktail il un locale tamarro semicentrale: ci ha rovinati Feisbuc, ci ha mangiato e ricacato, si è preso i bloggher, ne ha spremuto un po’ di essenza e se li è tolti dai denti con uno stecchino disgustoso.
E io ci sono cascata in pieno, evitando così di raccontare l’esperienza di vita della Birmania, la quotidianità col Primate, il matrimonio che per le lacrime servivano i frangiflutti di MAU, il fidanzato anziano di MAS, AGB che si sposa Cervellovale con delle Manolo Blanhik con le piume che te dico SaraJessica areggimergiacchetto, AmicaUmbra che diventa una svuingher, Mun che incontra il suo primo pezzo di merda a 30 anni e lo liquida – relativo coro da stadio, un viaggio negli Stati Uniti che mi ha aperto un universo parallelo al mio universo in continua espansione di amore per i trucchi, la mostra di Barbi, quanto mi piacciano le barbe, quella grandissima baldracca della legale biondanaturale dell’azienda Brum Brum con cui sono finita quasi al chetfait…due anni di vita intensi e colmi di cambiamenti che qui si sono persi e probabilmente anche la mia memoria ha in gran parte rimosso.

Tra me e questo amato diario si sono inseriti degli elementi che – a onor del vero – nessuno può permettersi di trascurare: le GIF, le meravigliose GIF che mi ipnotizzano per ore, Instagram…Instagram e i suoi video da quindici secondi da guardare senza soluzione di continuità: gattini che rotolano, ombretti che si sfumano, KylieJenner e il padre travone  (ailoviu darlin!) più fine, Internazionale a pagamento sul cellulare, le mie amate polemiche sterili sui soscial intorno a frasi come “ricordati di splendere sempre” (ma anche di passare lo scopino del cesso, aggiungo io).

Ma il blog è un primo amore: lo sai che non sarebbe più lo stesso ma prima o poi la cazzata di tornarci la fai. (spoiler: per un po’ ti piace perchè ti fa tornare chi eri, ovvero la persona che detestavi e da cui volevi allontarti – e infatti l’hai fatto – per poi farti tornare ad avere lo stesso desiderio, ovvero ridiventare quello che sei ora…insomma una specie di Inzepcion in cui non si capisce un mazzo ma tanto che ci sei balli)

Se dovessi parlare di alcuni punti salienti che hanno caratterizzato quantomeno il mio 2015 direi: ho imparato a mettermi molto bene l’ailainer e me lo metto tutti i giorni, ho fatto ricrescere i capelli naturali per capire che se me li sono sempre tinti biondi un motivo c’era ed era valido, ho iniziato a lavorare in una di quelle americanate moderne che quando lo dici tutti ti dicono “macheddavero lavori in QuelliTipoGugol?”con Teddi – il capo allucinante, faccio un corso di ballo anni ’30 col Primate che si dimostra un signorino da denzflor, mi sono colorata i capelli di turchese e viola come un unicorno perché tanto ormai me li sono tinti e quindi tanti auguri,  ho smesso di mangiare il pesce e iniziato a mangiare le lenticchie …ingrassando enormemente. Fottute lenticchie scoreggione. (*su questo devo tornarci, nda)

Non è semplice ricominciare ma mi ero ripromessa di farmi un bel regalo quando avessi ritrovato il coraggio di affrontare questo noioso template, e quelle decolté scamosciate a punta e tacco giallo canarino si meritavano decisamente uno sforzo. E poi questo blocco era per me come un brufolo maturo che fa male e ti fa cessa: quando c’è la punta gialla, devi farti coraggio e spremere.

Sono stanca, ma felice.