SOTTO IL CIELO DI BERLINO è SUCCESSO UN CASINO

Ci sono dei post che vanno scritti di getto, altrimenti sfuggono. Ho fatto tante volte l’errore di lasciarli andare, nonostante lo spunto fosse brillante, per pigrizia, per l’idea che avrei dovuto sedimentare e migliorare i concetti ed era una cazzata.
Quindi se già la scrittura quella vera dev’essere un succo di istinto, figuriamoci che problema c’è se ci sono degli errori nelle cacate che scrivo io.
Nzomma sto scrivendo questo post su una splendida poltrona con pouff di camoscio grigio, col mio pigiamino di Oisho preso ai saldi due anni fa, in un cinque stelle del centro di Berlino.

berlino
Parte tutto dal fatto che si vede palesemente che al lavoro mi rompo i coglioni così SpidiGonzales, spinta da Soviet, ha acconsentito a mandarmi a un sammit internazionale a Berlino per QuelliTipoGugol. Detta così sembra molto una figata, in pratica sono due giorni in cui io e altri tipo me staremo a parlare del nulla in un inglese stentato, si lavorerà come forsennati nelle pause tra una riunione e l’altra e vedremo sfumarci in orribili pasti tra colleghi i soldi che avremmo voluto a fine mese come aumento nel bonifico dello stipendio (assenza di virgole voluta, nda).
Nzomma niente, siccome AirBerlin ha deciso di andare a zampe per aria, sono dovuta partire di lunedì pomeriggio per andare a una riunione di martedì mattina. Quindi al mattino lavoro da casa in pigiama e al pomeriggio arriva una bellissima auto privata con autista a portarmi in aeroporto perchè devo viaggiare con una compagnia lowcost (cosa che per me è la norma ma in ufficio  mi guardavano tutti come se stessi per partire per la campagna di Russia con le celeberrime scarpe di cartone).
Ed eccomi su questo pulmino Mercedes coi sedili in pelle nei miei ginz di Primark da 12.99. Iniziamo con una bella fila in tangenziale di 40 minuti, e vabbè tanto sono in anticipo.
Arrivo a Malpensa, faccio la mia bella fila, mangio la focaccia, compro 15 grammi di carote essiccate per due euro, attendo un’oretta e mezza l’inizio dell’imbarco.
Solita fila a imbuto, tra la mischia si stagliano forti e chiare le urla di due neonati sotto i sei mesi ma con dei polmoncini da futuri campioni di apnea. Vabbè, siamo tanti, figuriamoci se capitano vicino a me.
E, in pieno mood Trenitalia, le hostess annunciano overbooking che, per chi non fosse pratico, vuol dire che queste facce di merda hanno 100 posti sull’aereo ma vendono 130 biglietti così, alla pene di segugio. Simpatici come la scabbia chiedono se ci sono volontari per prendere il volo successivo. Indovina indovinello? Non ci sono.
Arrivo all’imbarco vero e proprio e mi sottraggono il bagaglio a mano dicendo “prenda l’indispensabile” lasciando presagire che la mia povera valigia chissà dove sarebbe finita. Ed eccomi quindi avviarmi all’aereo con un computer, una 24ore, la mia borsa, il cappotto, il barattolo di avena e succo d’arancia, le dispense di spagnolo e il materiale per la riunione di domani. Praticamente nel trolley c’erano rimaste giusto giusto le mutande e il deodorante.
Per salire usiamo il finger? no. Usiamo la navetta? no. Annamo a piedi in mezzo alle piste, tu guarda MeriPoppins se devo morì schiacciata da un aereo low cost.
L’aeromobile è a dir poco stracolmo e io, manco a dirlo, ho il posto al centro tra due sconosciuti, vamos. Lato finestrino un signore in giacca, tedesco, che si addormenta tempo due minuti. Lato corridoio una signora tedesca molto tipica: mezz’età, alta, capello corto, ginz, atletica.
Io ho dimenticato anche una rivista e non ho nulla da fare per le prossime due ore se non guardarmi intorno. Scampato il pericolo neonati mi pare che ormai il peggio sia passato…e invece la vita è bella perché fa schifo.
Dunque scopro che il passeggero della stessa mia fila ma dall’altro lato del corridoio è il marito della signora atletica accanto a me e che, nonostante lei stesse leggendo un romanzo di Roversi in tedesco, avevano programmi del tutto diversi per questo volo.
Infatti non appena si spengono le lucine di obbligo di cinture allacciate, la signora bella bella si sporge in avanti e tira su il sacchetto del duty free. Estrae una bottiglia di Barolo appena stappata e riattappata a mano e due bei bicchieri da osteria di vetro spesso, proprio quelli delle fraschette di Ariccia, uno per sé e uno per il suo bello. Versa due belle bicchierate di rosso e daje col vino.
Un bicchiere, poi un altro, poi un altro ancora. Cerco di chiudere gli occhi visto che l’odore del vino mi disturba, figuramose quanto mi sono disturbata quando con gesto tecnico la signora ha accavallato le gambe ed emesso quelle quattro o cinque sonore scoregge come se nulla fosse, leggendo il suo romanzo e sorseggiando il suo Barolo.
Vorrei avere metà della tua noscialanza, signora tedesca snella e puzzona e affrontare la vita con questa ebbra serenità.
Finalmente atterriamo, la signora e il marito sono palesemente ubriachi ma vedo la luce in fondo al tunnel.
Quindi riattraversiamo le piste a fette, rischiamo di farci stirare da un furgoncino e entriamo da una porta secondaria verso i nastri portavaligie. La porta secondaria era evidentemente un’uscita di sicurezza e infatti suona ininterrottamente un allarme a fischio per tutti i 15 minuti in cui attendo la valigia. Un piacere per l’Amplifon.
Esco e vedo la fila dei taxi, mi metto in coda e c’è un tizio col gilet giallo fluo che dirige gli avventori verso i taxi disponibili. Gli italiani sono miracolosamente tutti in fila indiana su questo marciapiede quando una coppia di tedeschi prende e sale sul taxi che si trova davanti. Non l’avesse mai fatto: al tizio col gilet viene la bava alla bocca e comincia a urlare delle robe che, alle mie orecchie profane, suonano come la dichiarazione di guerra alla Polonia. Corre come un forsennato verso quel taxi e comincia a lanciare giù le valigie dal portabagagli scatenando a sua volta l’ira del tassista e del marito della coppia.
Proprio allo scattare della rissa mi infilo in una macchina e do l’indirizzo dell’hotel a quel tamarro del tassista che controlla uozzapp mentre sfreccia a 170 nella periferia berlinese con un cd di Taylor Swift a palla nello stereo.
E anche oggi una cosa normale la faccio domani.

 

E siccome questo è un blog di informazione scientifica è bene che sappiate che ci sono teorie su Taylor Swift nazista 

RITORNO AL FUTURO – LEZIONE DI SWING

Io e il Primate siamo una coppia abbastanza banale sulla carta, esattamente quei tipi che hanno una vita standard da città: lavorare 12 ore al giorno, un mutuo a 18 anni, una vacanza l’anno e qualche weekend, il Bimby, le cene di lavoro, le domeniche a pranzo coi parenti, i matrimoni ben vestiti, il parché grigino, i Rayban, la palestra la sera tardi o la mattina presto.
Così abbiamo deciso di inserire nella nostra rutìn qualcosa da fare in coppia oltre alla spesa a domicilio e ci siamo iscritti a un corso di swing.
Per tre volte.
Senza mai finirne uno.
Il primo anno era troppo lontano.
Il secondo anno ok ma ci siamo persi gli ultimi due mesi.
Il terzo anno mi sono rifatta le tette a metà anno e abbiamo dovuto smettere.
Nzomma siamo più avanti di un corso base e più indietro di un corso intermedio.
swing
Per chi non lo sapesse, a Milano lo swing è il nuovo latinoamericano: tutti lo ballano, tutti vanno alle serate, tutti si vestono a tema, tutti ne sono esperti, tutti seguono un filone che #isbetterthanyours. In questa nube di musichette e competizione si staglia la scuola che ci ha insegnato i passi base: un gommista di Pavia e una biologa di Milano che hanno davvero la calma del surfista [cit.] e sono molto simpatici.
Il problema è questa loro mancanza di competitività e questo loro essere instrinsecamente poco trendy, nfatti si sono ritrovati con degli allievi vecchi rincoglioniti. Ma non quei vecchi rincoglioniti ganzi con cui bere vino e ballare quadriglia, no, quei vecchi rincoglioniti che manderesti affanculo a nastro. Permalosi, un po’ stronzi e tanto brutti.
Per dire, ieri decidiamo di tornare a fare una lezione in questa scuola e ci si para davanti uno spettacolo indecente.
Una signora magra, giovane e carina, ben truccata, vestita un po’ elegantina in camicia e pantalone nero…e sotto delle scarpe da ballo coi brillantini che le creavano due porchettine da sera al posto dei piedi. No, veramente, signora, la prego di rivolgersi urgentemente a un chirurgo cardiovascolare perchè non è normale avere due pagnotte in lievitazione tra una stringa e l’altra di brillantini.
Con lei balla lui, il mago Silvan: una maglietta a v col colletto aperto in acrilico lucido nero da cui spunta una catena d’oro, i jeans neri flosci sul pacco e sul culo che fanno tanto Little Tony dei momenti d’oro, le Nike areate nere anch’esse (il nero credo gli faccia giovanile) ma soprattutto quella cofana de capelli cotonati color mogano. Silvan da tutti i corsi di ballo della scuola, dallo swing al Bachatango (giuro che esiste, se non ci fossi io ad aggiornarvi!).
Poi ci sono un altro paio di coppie abbastanza insignificanti, a parte le farfalle di pizzo sul culo dei jeans di lei e il fatto che dopo un anno non sanno fare manco il passo base.
E poi loro, i mitici, li amo.
La loro caratteristica principale è che fanno almeno 4 corsi di ballo con un’unica costante: stanno sempre incazzati.
Lui è un mix perfetto al 33%un cowboy, al 33% Leonardo Manera e per il restante 33% Michele Misseri. Manca un 1%, lo so, ma non è pervenuto…si vede proprio che a questo tipo manca qualcosa,  a intuito direi “la parola”.


Lei invece la descriverei come una di quelle credenze country stracariche di roba, una credenza della nonna piena di pizzi merletti pieni di polvere e vecchie stoviglie. Ma non una roba carina con dentro il dolcetto tanto buono che mangiavate da piccoli, no, la credenza della nonnaccia che odiate che vi dava le maledette caramelle al rabarbaro (mortacci de chi se l’è inventate).
credenza
Ieri sera si presentava così: scarpine da ballo beige ricamate a fiori (io conoscono seimila siti di scarpe da ballo e non ne avevo mai visto un paio ricamato a fiori colorati, già cominciamo bene),  le calze color carne 3mila denari effetto protesi primo prezzo passata dal servizio sanitario nazionale, poi dei pantaloni elasticizzati, sì, ma in velluto a coste color ciclamino con la zampa finale con l’elastico e due giri di merletto rosa. Non è in discussione il gusto, quello che mi domando è ma ndo mazzo la trova sta roba.
Ovviamente sopra a completare il tutto aveva una maglia rossa, fuxia e viola col davanti rigido color argento e dietro una scritta grossa tutta la schiena: 69.
ricciduriLe vorrei quasi bene se non avesse completato l’opera con dei boccoli in tungsteno, duri ma duri ma duri, tutti appiccicati che già fanno schifo di loro, immaginatevi se uno ha anche i capelli fini e con tutta la chioma riesce a comporre al massimo 6 boccoli in totale.

La lezione si è svolta tranquillamente, con questi che continuavano a sbagliare tutti i passi e Primate che sudava, nel frattempo al piano di sotto un remix latino di una canzone di Jhon Legend faceva scatenare tutti in un infuocato Bachatango di gruppo.

E anche oggi il mondo è bello perchè fa schifo.

SPACCO BOTTILIA IN GRANDE STILE – tra le pagine chiare e le pagine scure del commercio tra privati

“When I want a ridiculously extravagant pair of shoes,
I find a way to buy them.”
Carrie Bradshow – SATCH 

Ieri pomeriggio il cielo era plumbeo, l’aria carica di umidità e una temperatura ai limiti del paranormale lasciava presagire quello che poco dopo è diventato un acquazzone a gocce grosse. Stavo in ufficio e ripassavo mentalmente tutte le bestemmie che avrei proferito visto che non avevo l’ombrello, un solo pensiero mi rallegrava: la mia ultima mania.
Io ho manie perenni che scemano dopo 3 o massimo 30 giorni, la mia della settimana è l’app di e-commerce tra privati Shpock. Sarà che mi sono scambiata con una tizia di Pavia un abito di Zara per uno di Mint&Berry (nuovi, chiaramente, l’usato mi fa schifo), sarà che ci ho venduto una Liu-Jo orrenda che mi avevano regalato, non lo so, sarà quel che sarà, ma ora sono in fissa.
Pe falla corta e pe falla breve Shpock è un’applicazione del cellulare che funziona come un mercatino geolocalizzato: scatti la foto di una cosa che vuoi vendere, ci metti il prezzo e chi apre l’app nei tuoi dintorni vede il tuo oggetto in vendita. Si può contrattare in chat e ci sono un sacco di occasioni, è davvero molto intuitivo e molto gratis.
Nzomma vendo una borsa, un paio di scarpe e, per capire un po’ il livello del servizio, vedo se qualcuno mette in vendita anche marchi importanti: provo Furla, provo Michael Kors, provo Marni e infine provo Jimmy Choo.
Per chi non sapesse chi è Jimmy Choo, ecco due pratici consigli: fatti due domande sul significato della tua esistenza e poi guarda qui:

Trovandomi tra il meridiano e il parallelo della capitale della moda, chiaramente ci sono molte Choo in vendita, seleziono solo quelle del mio numero e chiedo alle venditrici se accettano scambi con qualche articolo della mia bacheca. Mi dicono pressoché tutte di no ma una si dice disponibile a contrattare, tra l’altro vende il modello che preferisco, uno iconico del marchio che, a listino, è prezzato quasi 700 euro. Vedo le foto della suola, le scarpe sono nuovissime ed evidentemente originali. Mi metto d’accordo con questa ragazza (che per comodità chiamerò Alina) per provare le scarpe, mi dà il suo indirizzo.
Alina vive in una cittadina dell’hinterland milanese di quelle che fanno rima con “pane e coltello”, uno di quei posti in cui hanno trovato una pentita di ndrangheta sciolta nell’acido, per dire.
Arrivo sotto la sua palazzina, 10 piani di klinker marrone, le mando un messaggio e klinkerscende a prendermi, mi dice che dobbiamo sbrigarci perché sta per andare ad una festa. E’ straniera, ha un accento dell’est, indossa una maglietta elasticizzata bianca e fuxia che le segna tutto, ha un bel viso e una bella pelle, dei pantaloni della tuta e sotto dei sandali bassi bianchi e oro, immancabile la borsa a tracolla tipo borsello. A che festa va conciata così? Mah.
Purtroppo mi sono fatta assalire dal pregiudizio e, quando Alina mi ha chiesto di seguirla in casa, ho un po’ temuto per la mia incolumità. Arriviamo all’ottavo piano, mi apre la porta sua madre, una donna gentile e malvestita come la figlia. La casa è anni 60-70, addobbata come una processione: i vasi coi fiori finti, le icone dietro al letto, la coperta patchwork con i volant. Tutto grida cattivo gusto e ciarpame, mi faccio due domande su come ci siano finite delle Jimmy Choo lì dentro, mi accomodo sul letto, e inizio a provarle: sono magnifiche e mi calzano a pennello.
Si consuma il seguente dialogo
F: mammamia che belle…
A: sì sono bellissime proprio, solo che io non posso portarle perché ho l’alluce valgo (come ti viene in mente di comprare delle scarpe con 9 cm di tacco a spillo se hai l’alluce valgo?)
F: ma le avevi comprate per il matrimonio?
A: no…no…così… (chi è che compra 700 euro di scarpe così, tanto per?)
F: belle veramente, per caso hai anche la scatola e la dust bag? (le scarpe di questo tipo hanno delle scatole grandi e dei sacchettini in raso o tela morbida per riporle con cura, n.d.a.)
A: eh no, io le scatole non le tengo mai…posso darti una scatola e un sacchetto di un altro paio… (non hai appena detto che non le tieni mai?) 
F: senti, ho deciso, le prendo…hai detto che per il prezzo facciamo TOT?
A: eh sì, va bene, meno di così non posso perché le ho pagate tanto…
F: sì sì , giusto, ma dove le hai comprate?
A: eh…(ridolini)...in un negozio…lontano lontano! lascia stare…

Ora, esiste la remota possibilità che questa ragazza con le sopracciglia ad ala di gabbiano che sfoggia un look da campo nomadi e vive una casa anni ’70 la sera si trasformi in una novella Carrie Bradshow ma, parliamoci chiaro, appare quantomeno improbabile. Lo so bene che non bisogna avere pregiudizi e che ci sono persone che preferiscono condurre un’esistenza modesta per poi concedersi dei lussi ma, onestamente, il contrasto tra quella casa e quelle scarpe è veramente forte.
I suoi piedi, seppur nei sandaletti bassi, sembrano davvero più lunghi del mio minuto 36 e tutto quello che la circonda non trasmette per niente la passione per l’alta moda, soprattutto quell’orrendo borsello a tracolla.
E chi è che terrebbe dei gioielli così in una scarpiera a caso senza nemmeno metterli in una bustina di raso?
I dubbi sulla provenienza di questi sandali, va detto per dovere di inchiesta, sono davvero molti.
Ma cos’è la ricettazione quando in cambio ti danno le scarpe?

MIE
Cara signora probabilmente derubata, sappi che li terrò come li avresti tenuti tu e li amerò come se fossero figli miei. 

 

 

 

100 cose da fare nella vita – Giugno 2017 – parte 1

She’s just a girl, and she’s on fire
Hotter than a fantasy, longer like a highway
She’s living in a world, and it’s on fire
Feeling the catastrophe, but she knows she can fly away
Girl on Fire – Alicia Keys

In rete girano un sacco di queste liste, è una roba molto alla BuzzFeed e anche io che non sono immune alle mode, ho spesso pensato di fare un elenco tipo “cose da fare prima dei 30″…poi i 30 sono passati, non mi sono mai messa seriamente a raccogliere le idee e un sacco di obiettivi sono stati portati a termine (ho visto NewYork, visitato in lungo e largo la Birmania e l’Argentina,  comprato un vestito elegante e costosissimo- quello da sposa – , prenotato una vacanza da sola con mia mamma, fatto ricrescerei capelli, ridotto il seno, mandato a fanculo testualmente un capo, imparato l’inglese e molto altro).
Il primo anno che stavamo insieme, io e il Primate avevamo creato una splendida abitudine: su un quadernetto appuntavamo tutte le cose che avremmo voluto fare insieme nella vita, una sorta di diario dei sogni possibili e ogni volta che potevamo sbarrare una voce ci sentivamo pervasi da un senso di gioia e soddisfazione impagabili.
Poi, con la convivenza, questo rito si è estinto, ma sarebbe bello riportarlo alla vita, perché la nostra eternità dovrebbe potenzialmente durare un’altra cinquantina di anni è bene fare programmi.

100
Comincio con la mia lista che, ovviamente, in moltissimi punti comprende la presenza del Primate.
Ecco quindi la prima metà della lista di 100 cose che vorrei fare una volta durante la vita e prima di morire:

1- Ospitare una persona bisognosa in casa per almeno un mese

2- Rasarmi a zero con la macchinetta, da sola.

3- Visitare i continenti su cui non ho ancora messo piede (Oceania, Antartide)

4- Percorrere tutta la Transiberiana

5- Fare il pane fatto in casa ma fatto bene,  a mano.

6- Non fare shopping per 6 mesi consecutivi

7- Passare un periodo di iperfitness senza però prendere proteine o ammorbare gli altri       con lo sport (non faccio nulla di tutto questo, ma non faccio manco iperfitness al                 momento)

8- Correre una mezza maratona

9- Farmi dipingere col body painting

10- Prendere la patente

11- Andare a un concerto degli U2

12- Fare un viaggio di almeno 3 giorni da sola, per turismo e non per lavoro

13- Scappare da un bar senza pagare dopo aver fatto una copiosa colazione

14- Farmi ipnotizzare per togliermi la fobia degli aghi e dei ragni

15- Farmi fare un altro tatuaggio (ne ho 3, n.d.a.)

16- Sfilare su un red carpet

17- Mollare il lavoro del mazzo e buttarmi in qualcosa di molto appassionante

18- Vivere di nuovo almeno 6 mesi all’estero

19- Fare uno o più figli, possibilmente femmine e coi capelli rossi, oppure adottarne

20- Passare una settimana su un atollo tropicale magari in un resort di lusso (ma anche            in un resort di medio lusso potrebbe andare bene)

21- Partecipare al Burning Man 

22- Fare un’immersione marina

24- Andare in una spiaggia nudista, nuda.

25- Cantare in un locale di Karaoke in Giappone

26- Passare un intero mese senza truccarmi mai

27- Fare sei mesi mangiando solo cibo vegano

28- Passare un intero anno senza bere alcolici (ho fatto un anno senza cocktail ma senza          vino mi sa che è molto più dura)

29- Dire per un giorno intero (non festivo) tutto quello che penso quando mi viene in                 mente

30- Fare un lancio col paracadute indossando il rossetto rosso

31- Fare un viaggio intercontinentale in bisnesclas

32- Fare un servizio fotografico nuda (ci sono andata vicina ma non è la stessa cosa)

33-  Comprare una casa in Umbria, nel mio borgo natìo, piccola e arroccata, di quelle che         i locali non vogliono più e che gli Inglesi si ammazzano per avere

34- Fare una coperta a maglia, di quelle a quadrettoni anni Settanta-Ottanta

35- Vestirmi da Babbo Natale a Carnevale

36- Fare un viaggio in barca a vela, magari alle Eolie

37- Organizzare e partecipare a una tregiorni sul divano

38- Trascorrere un mese mettendo tutti i giorni i tacchi alti

39- Partecipare a una degustazione di champagne in Francia

40- Ballare swing in un club di Brooklyn a NewYork

41- Imparare qualcosa che non so per niente, da zero

42- Mangiare un muffin di marijuana ad Amsterdam

43- Smettere di sentirmi in colpa senza motivo

44- Andare a cena da Gordon Ramsey

45- Fare skydiving in un posto bello

46- Imparare a farmi il Cosmopolitan da sola (potrebbe essere la fine)

47- Fare un giro in elicottero per vedere dall’alto una grande città, magari Rio de Janeiro

48- Trascorrere una settimana senza tecnologia, no internet e no telefono

49- Sentirmi almeno un giorno intero bellissima e molto soddisfatta di me

50-Intervistare uno di Anonymous (eh, tu, anonimus, se mi leggi, mandami una mail!)

(la seconda parte seguirà appena il lavoro mi darà tregua, è una roba complessa questa qui eh, bisogna concentrarsi)

 

 

 

DAMMI DUE BOTTE, ALMENO AI VETRI

I più penseranno che su Parigi si sia già scritto tutto, e invece.

Ero convinta, convintissima, avevo iniziato a scrivermelo in testa in metropolitana, il mio bell’articolo sul femminismo.
Una congiuntura di fattori mi aveva portato a immaginare una serata da sola, visto che il Primate è all’estero, sul divano, visto che la signora delle pulizie ha sistemato i cuscini, con un bicchiere di vino bianco, visto che è venerdì, a scrivere su come si conciliano femminismo e chirurgia plastica, visto che sono uscita a pranzo con Teddi che- in fondo in fondo – si schifa che mi sia piegata ai canoni di bellezza vigenti.
Mi succede spesso quando parlo con Teddi, lui mi dice “non mi aspettavo che ti rifacessi” e a me scattano le madonne sul femminismo perché non mi devi mica giudicare, mi sento meglio con me stessa, ho diritto ad avere dei complessi mantenendo dei principi, migliorarsi non è mica snaturarsi e blablabla…ché alla fine il bocciodromo è mio e lo gestisco io.
Nzomma, volevo fare tutta sta bella disquisizione e avevo argomenti. Ma, c’è sempre una congiunzione avversativa, poi mi sono sentita con AmicoGaioLondinese che ora è AmicoGaioParigino.
Mi scrive perché, dopo anni, finalmente a giugno passa per Milano e ci rivediamo, ovviamente non vedo l’ora. AmicoGaioParigino ha una delle qualità che preferisco negli esseri umani: unisce un cinismo osceno a una grande sensibilità e alterna le due caratteristiche continuamente e senza preavviso.
Passerà per Milano, dicevo, perché vive all’estero da tanti anni e vede pochissimo la sua famiglia, così ha preso quest’abitudine di fare un viaggio in estate coi suoi genitori e quest’anno tocca al Giappone.
AmicoGaioParigino è alto, ha la faccia da ragazzino con la barba, occhiali stilosi, barbettina accennata, smilzo, pelle chiara, glabro e quando era ancora un suddito della Betty, si spaccava di palestra risultando così smilzo ma pompatello.
Ora anche lui lavora da QuelliTipoGugol e quindi fa i corsi di palestra in orario lavorativo.
Pe’ falla corta e pe’ falla breve, io volevo attaccare un pippone sul femminismo sul blog, ma poi c’è stata questa conversazione:
arin 1arin 2arin 3arin 4arin5arin 6

Morale della favola, sto sul divano con uno yogurt alla mela verde, i piedi gelidi e sta minchia di guaina che mi sega in due per la lunga, mortacci di tutti sti gancetti.
Però adesso so tutti dei membri filippini, e scusa se è poco.
E anche oggi la vita mi ha dato una grande lezione, ovvero che la geolocalizzazione del 2017 è “il mio amico ha detto che sei carino e ti vorrebbe conoscere” del 2001.

Noi ragazzi dello Zoo del Digital

Se tu mi chiedi cosa faccio in questa vita amico mio
La sola cosa che so dirti è non lo so nemmeno io
Arisa – Guardando il cielo

Col tempo cambiano tante cose, figuriamoci se una donna giovane non cambia lavoro durante l’amore ai tempi dello stage.
Ho finito un anno e mezzo di fa di lavorare presso BrumBrum…non saprei cosa dire se non che è stata un’esperienza partita benaccio e finita tra le fiamme dell’inferno del mobbing. Non sono mai stata una particolarmente morbida nei confronti dei propri doveri, ho sempre speso parecchio di me in quello che faccio, indipendentemente dal salario…nella convinzione che io non sono il mio lavoro, ma porto me stessa in quel che mi metto a fare, eppure sentire rubare in un modo così ingrato il mio impegno mi ha letteralmente annientata.Peggio, mi ha spenta.
O forse, più semplicemente, a ‘na certa arriva un momento che di svegliarti e passare la giornata in un mare di stronzi ti fa affogare nella merda. Plausibile, semplice, probabilmente la verità.
Comunque, ci sono attimi della vita che non ti spieghi, uno è stato il mio colloquio di dieci minuti in due stanze lontane circa 700 metri una dall’altra con due persone totalmente diverse, undici mesi fa.
Mi ha chiamato la solita agenzia interinale d’ordinanza, chiedendomi di mentire sul mio civvì…”guarda che io non ho per niente un ottimo inglese, io ho l’inglese arrangiato, quelli so bilingue, dove cavolo vuoi che vada?”
“Frangia, senti, facciamo che cambi il tuo buono in ottimo e me lo mandi, ok?”
E quindi sono arrivata nei coloratissimi uffici di questo colosso del mondo moderno, che per facilità chiamerò Prestidigitale.
Il classico posto wannabe in California ma sto a Piazzale Loreto.
Mi accoglie questa signora splendida dal rossetto corallo chiaro e le sopracciglia alla Cara su capelli rossicci, dall’età pressochè indecifrabile (giovane vecchia o vecchia giovanile?), magrissima – savasandir, siamo a Milano baby – che io dovrei sostituire tipo dopo 2 giorni. Mi dice che lei si occupa di troppe cose per stare lì a spiegarmi e che devo parlare col Mega Direttore Galattico “che è molto demanding, quindi è importante fare push back”.
Avrei dovuto farmi un selfie solo per rivedere la mia faccia in quel momento. Click.
Poi passo in quest’altra stanza e incontro lui, il mitico Mega Direttore Galattico. In effetti è Mega: 2 metri per 2 di uomo maxigigante, gli stringo la mano e dico addio alle mie dita destre…ciao amiche di una vita, vi ho voluto bene, grazie per quello che avete fatto con me pettinandomi o facendomi scrivere i compiti in classe. Miracolosamente mi torna indietro il braccio e la mano è ancora attaccata, potrei iniziare a credere in Jesoo. Scopro che è davvero anche Direttore, maxi capo del mondo delle galassie dei bit, dell’internet e di tutto quello che può passare per una fibra ottica, scarlattina inclusa. Non scopro subito che, a dirla tutta, è anche Galattico.
Ha un braccialetto rosso di quelli che ti contano i peli del culo dal battito del cuore nel polso e ti dicono quanto peseresti su Saturno. E’ cordiale, affettato e studiato, ha una camicia lilla, mi fa delle domande tipo “rispondi subito, subito, subito!”, non so se ridergli in faccia o mandarlo a Viterbo. Per puro culo rispondo la cosa giusta, o azzecco una battuta o – col senno di poi – semplicemente non mi stava ascoltando, ma ride. Mi fa il colloquio in inglese e voglio morire. Ma non muoio.
Fuori in 60 secondi e va bene così, onestamente la mattina avevo fatto un colloquio dettagliato meno ansiogeno e più rassicurante.
Ma se è vero che quando te dice male te mozzica pure la pecora, è anche vero che quando finisci per caso sotto una buona stella ti va di culo e tutte quelle che mandano a colloquio con te sono delle morte di sonno.
Abbiamo avuto culo quel giorno, sia io che Teddi, il Mega di cui sopra.
E nzomma qui ci diamo del tuo, qui mangiamo la frutta bio, qui è importante sentirsi una squadra, e qui la gerarchia non esiste ma ricorda che Teddi non ama che si venga in ginz.
Io ho passato 15 fottuti giorni all’inferno: ero finita a lavorare casualmente alla Prestidigitale, quasi non ci credevo, e poi eccomi lì a non capire manco cosa si dicessero le persone. In questo mix di itanglish incomprensile sia nello stivale che oltremanica. A usare un programmino demmerda del computer anche per potersi spostare da una scrivania all’altra, perché vuoi mica che uno , chessò, dall’India non possa vedere dove minchia sei seduto tu in un maledetto openspace a Milano. Non sia mai.
Ho pianto di paura e poi ho riscoperto una roba che mi sembrava aver perso per strada all’università, quella forza che non capisci perché cavolo stai facendo qualcosa che ti fa soffrire ma senti che smettere sarebbe sbagliato: la tenacia. Che per una svogliata, pigra, insicura, paranoica e ancora pigra come me, è praticamente tutto. Tenacia e sensi di colpa ed ecco che la mia vita segue un movimento regolare. Oserei dire intestinale, se andassi di corpo normalmente. E invece.
Poi le cose sono cambiate, io continuo a non capire quasi nulla di quello che si dicono coi loro acronimi del menga, ma mi sono ambientata e sono stata fagocitata.
Siccome wannabe in California pure io adesso, ogni tanto dico “miting” al posto di “riunione” ma mi impegno a non “schedulare” e tutte le solite robe che avete già letto su Feisbuc perchè, probabilmente, come me siete tutti dei fanatici del bello scrivere e del bel parlare (non si dice grammarnazi, puttana galera!).
Ho tanti colleghi, ma tanti, ma tanti…e maledettamente così vicini, a portata di scrivania.
Nzomma: lavoro nuovo, vita nuova, bestiario nuovo. Non chiedetemi se sono felice, sono principalmente stanca ma troppo adrenalinica per riposare.
Benvenuti nello Zoo del Digital, we never stay calmi.

RICOMINCIARE DALLA PUNTA GIALLA

La domanda comune che viene chiesto nel business è, ‘perché?’
Questa è una buona domanda,
ma una questione altrettanto valida è: ‘perché no?’
Jeffrey Bezos

Ero così impegnata a ricordarmi di splendere sempre che mi sono scordata del blog, per due fottuti anni.
Ho scritto in testa seimila post, li ho rivisti, corretti, ampliati e impaginati tutti sempre nella mia mente…eppure al momento di prestidigitare: niente, il nulla cosmico, la favella di Caterina Balivo, una roba noiosa e soprattutto svogliata.

Me l’ha detto una sera Ventiseitre a Milano (capite come cambia la vita?), davanti a un cocktail il un locale tamarro semicentrale: ci ha rovinati Feisbuc, ci ha mangiato e ricacato, si è preso i bloggher, ne ha spremuto un po’ di essenza e se li è tolti dai denti con uno stecchino disgustoso.
E io ci sono cascata in pieno, evitando così di raccontare l’esperienza di vita della Birmania, la quotidianità col Primate, il matrimonio che per le lacrime servivano i frangiflutti di MAU, il fidanzato anziano di MAS, AGB che si sposa Cervellovale con delle Manolo Blanhik con le piume che te dico SaraJessica areggimergiacchetto, AmicaUmbra che diventa una svuingher, Mun che incontra il suo primo pezzo di merda a 30 anni e lo liquida – relativo coro da stadio, un viaggio negli Stati Uniti che mi ha aperto un universo parallelo al mio universo in continua espansione di amore per i trucchi, la mostra di Barbi, quanto mi piacciano le barbe, quella grandissima baldracca della legale biondanaturale dell’azienda Brum Brum con cui sono finita quasi al chetfait…due anni di vita intensi e colmi di cambiamenti che qui si sono persi e probabilmente anche la mia memoria ha in gran parte rimosso.

Tra me e questo amato diario si sono inseriti degli elementi che – a onor del vero – nessuno può permettersi di trascurare: le GIF, le meravigliose GIF che mi ipnotizzano per ore, Instagram…Instagram e i suoi video da quindici secondi da guardare senza soluzione di continuità: gattini che rotolano, ombretti che si sfumano, KylieJenner e il padre travone  (ailoviu darlin!) più fine, Internazionale a pagamento sul cellulare, le mie amate polemiche sterili sui soscial intorno a frasi come “ricordati di splendere sempre” (ma anche di passare lo scopino del cesso, aggiungo io).

Ma il blog è un primo amore: lo sai che non sarebbe più lo stesso ma prima o poi la cazzata di tornarci la fai. (spoiler: per un po’ ti piace perchè ti fa tornare chi eri, ovvero la persona che detestavi e da cui volevi allontarti – e infatti l’hai fatto – per poi farti tornare ad avere lo stesso desiderio, ovvero ridiventare quello che sei ora…insomma una specie di Inzepcion in cui non si capisce un mazzo ma tanto che ci sei balli)

Se dovessi parlare di alcuni punti salienti che hanno caratterizzato quantomeno il mio 2015 direi: ho imparato a mettermi molto bene l’ailainer e me lo metto tutti i giorni, ho fatto ricrescere i capelli naturali per capire che se me li sono sempre tinti biondi un motivo c’era ed era valido, ho iniziato a lavorare in una di quelle americanate moderne che quando lo dici tutti ti dicono “macheddavero lavori in QuelliTipoGugol?”con Teddi – il capo allucinante, faccio un corso di ballo anni ’30 col Primate che si dimostra un signorino da denzflor, mi sono colorata i capelli di turchese e viola come un unicorno perché tanto ormai me li sono tinti e quindi tanti auguri,  ho smesso di mangiare il pesce e iniziato a mangiare le lenticchie …ingrassando enormemente. Fottute lenticchie scoreggione. (*su questo devo tornarci, nda)

Non è semplice ricominciare ma mi ero ripromessa di farmi un bel regalo quando avessi ritrovato il coraggio di affrontare questo noioso template, e quelle decolté scamosciate a punta e tacco giallo canarino si meritavano decisamente uno sforzo. E poi questo blocco era per me come un brufolo maturo che fa male e ti fa cessa: quando c’è la punta gialla, devi farti coraggio e spremere.

Sono stanca, ma felice.

 

 

YOUNG & BEAUTIFUL – dopo cinque anni di blog ho svelato il mistero misterioso

Avvertenze: post a contenuto personale quindi per forza di cose un po’ pallosetto.

Questo blog sta per compiere cinque anni, è un po’ acciaccatello ma resiste aggrappato a me.
Io, per la cronaca, sto per compierne 19 anche quest’anno. La ventina s’avvicina e un po’ d’ansia è naturale, credo. “Non oso immaginare cosa sia compiere addirittura 30 anni, dev’essere terribile”.
Da cinque anni a questa parte sono cambiate davvero tantissime cose: Umbria, Europa, Roma, Milano. Università, lavoro, master, nuovo lavoro e poi ancora nuovo lavoro. Grandi certezze che sono state scordate ancor prima di avere il tempo di sgretolarsi. Capelli biondissimi e poi castani (vomito) e poi rossi e poi castani e poi biondi e poi superbiondi. Insomma la vita è cambiata e io con essa e per essa e soprattutto il blog è cambiato. L’elenco degli uomini non mi metto manco a farlo perché a) non me li ricordo tutti b) c’abbiamo tutti una vita a cui tornare dopo questo post c) stanno tutti scritti nel blog d) faccio prima a dirvi quante mutande mi sono cambiata.
Se c’è sempre stato un filo rosso che ha condotto gli avvenimenti della mia vita beh, quello è il pathos amoroso. Presunto, immaginato, reale, sofferto, superficiale, malato, strafigo, gonfiato e sgonfiato e poi vero.
Se il blog è tanto cambiato è anche perché l’amore è tanto cambiato e no, non è che non c’ho niente da raccontare, ma ho sempre voluto che questo fosse uno spazio dove farsi due risate – magari anche amare – e non quello in cui qualcuno viene qua a capire perché e per come e appena ho beccato un mezzopsicologo de sta ceppa l’ho fermato all’ingresso: a casa mia si gioca con le regole mie. Va da sé che è molto più facile farsi due risate sull’ennesima sfiga che descrivere cosa sia la vita di una persona in un rapporto complesso e delicato come quello di un matrimonio, è servito anche a me metterla giù a ridere per non dovermi disperare davanti all’ennesimo caso da Centro di Igiene Mentale che si infilava nelle mie lenzuola o nei miei sms (e poi ora il PD mi dà maggiori soddisfazioni). In cinque anni, sicuro come l’oro, sono cascata nella trappola della storia ollain e ne sono uscita ammaccatella e piena di aneddoti.
In questi cinque anni ci sono sempre state le mie amiche, quelle vecchie come MAU e AGB  e quelle nuove come AmicaUmbra e infine Mun. Le gioie e i dolori sono stati condivisi e sviscerati e festeggiati e vissuti appieno anche grazie a loro e alle loro storie sfigatissime o a lieto fine.
Proprio con AGB, quella che vive la vita in groppa a un cavallo molto simile al mio, parlavo di come sono cambiate nel giro di così poco tempo e di come quattro anni fa sembrano quattro secoli fa.

F: amica ti devo confessare una cosa….come tu sai io amo molto Primate, d’altronde…come non amarlo? davvero non mi manca nulla con lui ma ultimamente ho un po’ di nostalgia di …mmm …come spiegare… dello stare male per amore cioè lo so che è una cagata ce vole poco a di “stavo benissimo quando soffrivo” una volta che stai tranquillissima però non so, sai quella roba tipo le pene d’amore che ti senti le canzoni melense? ecco,una cosa così non mi identifico più in nessuna canzone d’amore sofferto

AGB: si anche io ci penso! secondo me a noi piace harmony, si, e poi nel tuo caso secondo me c’è anche il fattore matrimonio, insomma è mentalmente un bel cambiamento…ok a me spaventa che non tromberò mai più con nessun altro, l’ho detto, ecco

F: ah beh, sta cosa è assurda, tipo mai più primi baci, mai più appuntamenti al buio, cose così. E’veramente molto strano pensarci dopo che per anni e anni  abbiamo inseguito gente della peggior specie

AGB: però poi razionalmente mi accorgo che è una cagata, come se Goma che mi chiede di usare la nivea* sia qualcosa che può mancare. CAPISCI??? MAI PIù GOMA MAI PIù dovrebbe essere il motto della felicità!!!però ci hanno regalato delle grandi storie da raccontare, questo va detto, a volte non mi sento pronta a non avere nulla di nuovo da raccontare ecco…se poi una single mi chiede come va, mi rendo conto che mazzo, va proprio bene! cioè sono felice tutti i giorni!!! WOW

F: io lo vedo quando parlo con amiche come MAS poracce, che per loro è una chimera quello che abbiamo noi. C’è da dì che, mazzo, noi ce lo semo anche meritato dio santo (se non ci credete cliccate il tag “relazioni” e andate indietro nel tempo, n.d.a.)

AGB: si ma allo stesso tempo non gli rispondo perché sono sicura che non ci crederebbero, Frangia diciamolo, ai tempi avresti mai pensato di poter essere davvero FELICE? io no ma manco se me l’avessero giurato

F: anche io non lo dico, un po’ non voglio passare per la vecchia accasata e un po’ che mi pare brutto per loro, io ho sempre pensato che me sarei sposata con Lui accettando una quantità di compromessi inaccettabili soprattutto con me stessa, figurati. 

 AGB: e invece capita, ecco la vecchia accasata, io mi sento spesso cosi, è la definizione giusta, essere una vecchia accasata mi fa felice, ti rendi conto? però non lo voglio ammettere
F: ieri PerfettoCoglione mi chiedeva quand’è che sono passata da essere una persona in balia di qualcuno, appresso all’amore sbagliato a quella che sono ora. Ma come si risponde a una domanda così? boh, forse è stato Primate che ci ha messo un punto facendomi capire che le cose possono e DEVONO essere diverse, e che tutti quei casini erano cazzate fatte di niente, problemi grandissimi per sentimenti molto più piccoli
AGB: quello che ha cambiato tutto per me è stato capire che con Cervellovale è tutto facile: se voglio scrivergli gli scrivo e viceversa. Se vuole vedermi mi vede, e vuole vedermi sempre. Conviviamo ed è semplice. Se voglio stare con le amiche ci sto e non devo spiegarglielo. Se sono in un altro continente per lavoro lui mi aspetta a casa per sapere com’è andata e non c’è niente altro da spiegare, è bellissimo. 

L’amore è vero quando è semplice. Al cinema.
Ma la vera domanda è: può trasformarsi invece in qualcosa di complicato? cioè è semplice e bellissimo, tra 10anni? ANSIA

 E qui spataffioni su spataffioni relativi alla nostra paura di avere, tra decenni, mancanze di poesia nella nostra storia e il terrore di fare una cazzata del tipo “sai quei periodi in cui vuoi vedere la poesia anche in una merda di cane?”.
E ‘nzomma felici delle nostre massime, contente e soddisfatte della saggezza dell’età e delle nostre storie stabili e felici, del nostro armadio condiviso e del nostre dispense colme, cambiamo argomento.
Poi, all’improvviso, fulmine a ciel sereno, una gelida verità mi assale:
F: Ma mazzo AGB, ma mazzo! Anche noi…”l’amore è una cosa semplice” lo diceva anche Tiziano, ma cribbio, ma non ci siamo inventate nessuna teoria geniale mazzo! 

AGB: Avevamo la soluzione davanti e non l’abbiamo voluta sentire ,TIZIANO PERDONACI! 

Comunque io questo blog l’ho aperto il giorno dopo una sbornia colossale, per non pensarci e smettere di vomitare.
Quel vino di campagna non l’ho mai più toccato in vita mia visto che le conseguenze sono state “gente che ti cerca in un bosco mentre tu dormi e fai le bolle sotto al mucchio dei cappotti”.
Avere un blog è bellissimo, apritevene uno non per diventare un bloggherdestacippa ché tanto la Ferragni è sempre più fregna di voi, ma perché rileggendolo a distanza di anni magari vi capiterà di capire che smettere di tenere il passato nel proprio presente è uno dei modi migliori per costruirsi un futuro.
E scusate adesso ho detto una frase alla Baricco e, mi faccio un pat-pat sulla spalla e mi pulisco la mano da sola, limortaccimia. Il punto è che la verità è come i gatti: non la trovi mai quando avresti tanto bisogno di stringerla tra le braccia, tu stai lì rassegnato davanti a una tazza di latte scremato e cereali da cinque euro e arriva, ti posa una zampetta sulla gamba e pretende qualcosa da te, pretende che la guardi e reagisca.
Il blog arriva al suo primo lustro, auguri figlio mio, e io compio 20 anni.Berrò cosmopolitan, mi comprerò un bel paio di scarpe scomode, spettegolerò con le mie amiche, continuerò a pensare che chi sposa un uomo microfallico ha un qualche problema, mi godrò il mio essere fuori dal chetfaiting delle singollédis osservando così l’altra metà del cielo con più obiettività, andrò a farmi il ritocco dell’ultimo tono di biondo sperimentato in testa e che Raffaellamespicciacasa e, sì, imperterrita continuerò a fantasticare su Pistorius cercando di non pensare ai suoi ultimi trascorsi nelle pagine di cronaca.
Insomma, tutto è rimasto com’è perché tutto è cambiato.
E infatti il Gattopardo m’ha sempre fatto due palle come una casa e non smette di certo adesso.
*Goma, pescion fruit di AGB  che se ne uscì con una poesia composta all’incirca da questi versi “metto la nivea sul comodino così possiamo giocare un po’ ” e volgarità di pari rango

INCREDIBILE ROMANTICA

Due sono i grandi temi di cui penso sempre che un giorno parlerò e poi invece non lo faccio mai: la MalBal, la ex del Primate, e Feisbuc e tutta la annessa tecnologia dei tempi moderni, il mio rapporto con questi argomenti, disamina, svolgimento, somme tirate e napalm.
Oggi, fatalità, ne parlerò contemporaneamente, perché la vita ci aiuta a sognare e poi la realtà ci fa capire che siamo molto poco fantasiosi.
Per dire: io ho sognato – anni fa – che mi facevo Mattew Bellamy nel bagno di un discopub abusivo di una frazione del mio paese. Ma mica mi immaginavo a cosa sarei andata incontro ieri sera sbirciando il mio cellulare figo abbastanza nuovo di pacca e omaggio del Primate.

In pratica niente, c’ho sto telefonone su cui arrivano notifiche, email, tutticosi come succede a chiunque si sia arreso ad essere rintracciabile in tutti i luoghi e in tutti i laghi.
E questo è un fatto.
L’altro fatto è che il Primate ha una ex che non vede e non sente da anni, brutta e cattiva com’è d’uopo, che non si capisce come sia possibile, ha trovato un altro uomo che se l’è caricata. D’altra parte c’è chi è nato per essere bello e chi è nato per soffrire, Darwin non è il primo cretino che passa.
Il terzo ed ultimo fatto che va a comporre il quadro sinottico della disgrazia di ieri è la manifestazione di Gugolplas. G+ è la classica cosa che tutti hanno sentito nominare ma nessuno ha veramente capito che cosa sia o come funzioni, tutti ce l’hanno e nessuno lo usa, un po’ come Linchedin e il praimer per labbra.
Quindi, morale della favola, ieri sera tornando da una cena accendo lo schermo del telefono e vedo una mail: Il fidanzato di MalBal ti ha aggiunto alle sue cerchie di Gugolplas.
Ora, io e lei non siamo amiche (posso ride?), lui in teoria non dovrebbe sapere della mia esistenza e del mio nome, io so del suo perché sono umbra, l’Umbria chiama il tartufo, il tartufo chiama il cane da, il cane chiama il segugio, quindi io sono una stolcher.
Quindi chiamo in causa il mio comitato di consigliere sulla faccenda: Mun, ex amica della MalBal ormai convertita al lato biondo della forza, e la sempre fedelissima AmicaUmbra.
Chiedo loro come sia possibile che sto tizio arrivi a me, come possa arrivare al mio indirizzo nomecognome@ , che minchia vuole e simili.
AmicaUmbra ovviamente rimane sconvolta e mi dice cose come “…strane coincidenze…”, Mun, chiaramente fa l’espertona di social e comincia a dirmi che sono io che penso male che blablabla.
Fatto sta che le chiacchiere stanno a zero e la realtà dice che il fidanzato della ex di mio marito mi ha messo nelle sue cerchie. Ma magari mori.
Insomma io la prendo con molta filosofia, grande eleganza, savoir vivre e bon ton come sempre: amiche, che mazzo faccio? lo cancello? sì dai, lo blocco. Oddio no, dai, lo tengo così spettegoliamo!
Mun, placida: ma toglilo, io  di quei due meno so e meglio sto, sti due stronzi…anzi, me li devo anche incontrare a una festa di una carissima amica comune che palle…non c’ho manco voglia di scambiarci due parole di cortesia.
A questa frase mi scatta il colpo di genio e consiglio di sfoggiare alla festa  un autfit composto da bella maglietta con stampata su la foto del mio matrimonio.
Poi proseguo la conversazione con AmicaUmbra:
certo che è una cosa strana…
– eh, sì. Io sarò anche paranoica ma certo che…boh…
ma tu pensi che sia lei?
– ma no dai, te pare? dici che è una stolcher come me?
– ...non saprei…certo la cosa non le può essere indifferente…guarda noi…
– ho capito guarda noi, ma insomma, io c’ho pure il suo indirizzo e il suo numero di casa, pensavo di essere io quella matta…
ahahah…davvero?
– sì guarda, anzi mo la chiamo, te lo immagini?

Pronto, ciao, sono Frangia, piacere tuo…volevo dirti che il tuo ragazzo mi ha aggiunto su un social, gentilmente puoi dirgli che sono sposata? Grazie.

SE TI FAI POCHE DOMANDE AVRAI TUTTE LE RISPOSTE [cit.]

Nzomma alla fine mi sono sposata.
A Luglio.
E non ho più scritto niente qui.
Per farla breve: lacca, lacrime, lacca, ombretto, lacca, orchidee, lacca, Primate bellissimo in demi-tight, lacca, amiche in gran spolvero, lacca, piangere a fontana, lacca, riso, lacca, ravioli e tartufo e spinaci e merlot e buffè di dolci, lacca, sbornia assoluta, lacca, danza sfrenata, lacca. La mattina dopo lacca, piscina, lacca.  Per farvi capire de che stamo a parlà:
gaga wedding

In sintesi, ne parlavo ieri con MIO MARITO, il matrimonio è una gran bella festa, ma davvero bella. Poi stare insieme è un altro paio di maniche. Per quanto mi riguarda, festone della madonna con balli e balletti olnailò, #unvodkalemonperlasposa che è stato l’hashtag più usato tra il 20 e il 21 luglio nella bassa Umbria, finalmente una grande rimpatriata dei migliori amici della mia vita tutti insieme da ogni parte del mondo  a parte, credo che ne sia valsa la pena solo per vedere questo sguardo qui rivolto a me:

primate sguardo

Ma non sono qui per parlare di cose mielose o di feste invidiabili e invidiate, bensì per narrare di una di quelle faccende molto ganze che accadono quando meno te lo aspetti e quindi indossi delle scarpe di merda (nel mio caso, sempre della Geox).
Fatto sta che torno un finesettimana in Umbria senza Primate, vado a trovare la mia genitrice e quel mito de mi nonna, mi programmo un paio di appuntamenti con le amiche di sempre: MAS e Tatta.
La prima sera esco con Tatta e purtroppo proprio non posso svelare quei pettegolezzi che tanto vorrei, sennò ce scappa il morto. Ma la seconda sera esco con MAS, decidiamo di farci una cena nell’unica città del posto, in centro, e bere una cosa in giro.
Morale della favola andiamo in questo ristorante che fa capire a cosa serva l’Umbria nel mondo: magnà come Dior comanda.
Chiaramente essendo partita di corsa e con un bagaglio minimo, senza aspettative di uscita, mi ero portata da Milano un paio di ginz, una giacchetta di merda e nessun paio di scarpe eccetto quelle con cui viaggiavo: dei mocassini di pelle color panna. Molto belli per andare in ufficio. E infatti stavo in un ristorante sciccoso del centro. In Umbria, vabbè, ma sempre ristorante sciccoso del centro.
Ma nzomma, sticavoli, io me so sposata, io da sto posto sono scappata, io non volevo avere l’obbligo morale di mettermi in tiro per non essere a disagio, io questo obbligo me lo impongo quando mi gira ma poi chi vuoi che ci sia in giro..
Ecco, le ultime parole famose: pareva Ibiza al quindici di agosto.
Una roba impressionante, gente accalcata ovunque, io robe così veramente mai viste a Roma o Milano. Tipo che a confronto Trastevere il sabato sera è depopolato.
Vabbè, noi dopo mesi che non ci vediamo con calma riusciamo a raccontarci tante cose. E il quarantenne in crisi di MAS, e le vite come cambiano dai 25 ai 30 anni e poi pettegolezzi a nastro. Facciamo quindi quattro passi in mezzo a questa calca ben vestita del sabato sera, incrociando facce conosciute del liceo, alcuni amici di MAS che salutiamo al volo e via….libere nel mondo come due consapevoli giovani donne.
Ridenno e scherzanno chi scorgo tra la folla? Il Bel Sottomesso!
Devo obbligatoriamente fare una digressione un po’ lunga: il Bel Sottomesso, come dice il nome è bello e è stato anche parecchio sottomesso a me medesima. Lo conobbi per caso uscendo da un locale appena tornata in Umbria dopo la laurea. Io ero così: magra, raggiante, convinta di me, leggermente sull’orlo della depressione, sempre coi tacchi, abbronzata, arguta e maledettamente 23enne. Non posso certo biasimarlo per aver avuto un colpo di fulmine intravedendomi mentre un suo amico ci provava con me. Lui era un 28enne simpatico, timido, degli occhi molto espressivi, un po’ all’ingiù e molto scuri ed espressivi canile style, poco scolarizzato ma per niente ignorante, mite, arguto e con degli addominali che avrebbero comunque giustificato qualunque cosa.
Mi aveva soprannominato “la variabile impazzita”, un nomignolo molto tenero, a significare che mi avrebbe scambiato per una scemetta del paese invece, guardandomi meglio, ero me. Cominciammo a frequentarci e io mi affezionai, lui invece si innamorò. Ci furono varie fasi: ” io ti amo, tu mi ami?” “un po’”, “mamma ti ha invitato a cena, fa i piccionacci arrosto, vieni?” ” a parte che sono vegetariana, ma comunque manco morta” fino alla finalissima “Frangia io con te non voglio litigare, tanto tu vinci sempre!” “Ok, Bel Sottomesso, direi che la piantiamo qui”.
Nel frattempo avevamo presentato e fatto iniziare una storia seria tra MAS e un suo amico che a sua volta aveva presentato al neomollato Bel Sottomesso la sua amica Nana.

A ripensarci mi sento un po’ stronza, anche perché l’ho perdonato subito per l’infamata che mi ha fatto appena ci siamo mollati e ha iniziato a uscire con la Nana: aveva appuntamento con lei ma è corso sotto casa mia a dichiararmi il suo amore, poi è andato in ritardo da lei dicendo che l’avevo chiamato io. Che poraccio. L’ho perdonato come si perdonano i bambini che fanno i dispetti: ti arrabbi e ti urti, ma poi li perdoni subito perché la verità è che sei superiore.

Nzomma niente, passeggiamo e io lo scorgo accanto a me a chiacchierare con due tizi in piedi in piazzetta. Istintivamente, con lo slancio di chi ha visto un vecchio amico, gli do una bella pacca sulla spalla:

– Oi ciao!
– Ooohhh ma ciaaaaoooo (fa lui a braccia conserte)
– Insomma come stai? (non mi avvicino)
– Bene dai…(e mi da i classici due bacetti alle guance)… ho saputo che hai fatto il grande passo!
– Ah, ammazza, le voci corrono! Ebbene sì…(mostrando la fede) e chi te l’ha detto?
– Eh, chi me l’ha detto…me l’hanno detto…
Entra MAS  a gamba tesa: – E vabbè via, noi andiamo mo…
– Insomma che mi racconti, tutto bene?
– Ma sì dai…tu ora dove vivi? Non stai qui vero?
– Eh no, sto a Milano…
– Beh, certo!
E ancora palla a MAS: – Vabbè dai, mo andiamo…
– E un attimo che sto salutando! Tu invece tutto ok il lavoro?
– Sì sì..e tu?
– Sì tutto ok …madonna quanto tempo è che non ci vediamo!
– Eh…saranno, quanti? 3 anni…
– Veramente credo sei…io stavo qui nel 2007…
– Eh…(faccia da mente locale) eh sì!
E ancora MAS che incalza: – Vabbè dai senti andiamo…
Io a quel punto anche un po’ urtata chiudo questa conversazione di cortesia che sarà comunque durata non più di un minuto e mezzo.
– Vabbè, mi ha fatto piacere, alla prossima e buona serata!
– Anche per me, ciao via, ciao!

Riprendiamo il passeggio e mi giro verso MAS un po’ stupita: ma insomma ma che era sta fretta? stavo a salutà, calma un attimo, che t’ha fatto sto poraccio?Un minuto signore mio…sei stata anche sgarbata.
E MAS  mi illumina: ma possibile che non ti sei resa conto? non hai visto che succedeva dietro di te? fra un po’ ce menavano!
Faccio mente locale e mi rendo conto che con la coda dell’occhio avevo registrato un movimento sospetto alle spalle di Bel Sottomesso, una sorta di gruppetto che dalla posizione circolare passa a quella della falange da combattimento con una donna particolarmente bassa al centro.
Morale della favola quella è la rediviva Nana, la mia copia venuta male con cui Bel Sottomesso aveva cominciato a uscire all’epoca e con cui sta ancora insieme. Lei, l’unica donna al mondo che vede in me il demonio personificato. Anche perché non mette mai i tacchi e lui è un feticista (aveva una fotogallery delle mie scarpe immortalate di nascosto dai suoi amici nel cellulare)…purtroppo per essere proprio tutto cinematografico non avrei dovuto indossare i mocassini Geox, mannaggia a me.
E io tutta entusiasta della vita [cit.] non mi ero accorta di nulla, salutavo, elargivo sorrisi e spontanea ammirazione, affetto a palate gratis. E quella dietro che affilava le lame e disponeva quelle quattro amiche a testuggine.
Mi metto a ridere, ride anche MAS.
In contemporanea ridiamo e riflettiamo che non c’ha messo manco mezzo secondo a dirmi che sapeva del mio matrimonio, cioè, s’è ricacato la notizia subito, manco un  “come stai?ho saputo che..” No, bello deciso, coglie il punto della notizia che l’ha colpito e affondato direttamente. Aiutatemi a dire “sei un grosso poraccio”.
Poi la risata si trasforma in un amaro sorriso pieno di consapevolezza: rifacendo dopo anni un’uscita tipica dei nostri vent’anni abbiamo ritrovato le stesse persone, nella stessa via, con lo stesso Negroni in mano, maschi che parlano coi maschi, femmine che parlano con le femmine. Bel Sottomesso lì, coi suoi soliti occhiali né belli né brutti, la sua polo, i suoi ginz, il suo culo galattico, il suo drink, i suoi occhi belli eh, ma da cane bastonato che mi fanno veramente venire voglia di prendere un bastone e daje più forte una volta per tutte.
Insomma, c’avremo anche i nostri bei problemucci mentali da risolvere, ma tiriamo un sospiro di sollievo perchè l’abbiamo scampata bella.

Grazie ad Altissimo per il video e a AmicaUmbra per le immagini