Panza, cellulite, venuzze e compagnia briscola: prospettiva sull’estate 2017

Non sono come gli altri, sono sensibilissimo! 
Ti vedi brutta? Ti vedi grassa? 
Non ti preoccupare, ci vedi benissimo!
Bocciofili – Fedez feat Dargen D’Amico

The summer is crazy ma pure io ultimamente non scherzo, sarà il caldo micsato con la guaina contenitiva post operatoria, sarà dover fare la riverenza ai capi amerregani, non so.
guainaComunque un paio di settimane fa parlavo su Instagram (ebbene sì, si ciatta su pure lì) con un ex-molto-noto-blogger della prima ora che, a dieci anni di distanza, è ancora mio amico (qualcuno si ricorderà di Demonio Pellegrino, no?). E’ uno strano forte ma mi piace, penso che sia brillante e ha sempre una visione inaspettata sugli argomenti di cui discettiamo.
Nzomma partiamo da Fabri Fibra e poi inevitabilmente, come vecchi compagnucci di classe, facciamo un puntatone di Matricole&Meteore internet ediscion, informandoci a vicenda su che fine abbiano fatto tutti quella della nostra cricca ollain dell’epoca.
Quell’epoca era una decina di anni fa, i blog erano pochi e i blogger erano una comunità che – strignistrigni – girava sempre nelle stesse piazzette del web…nzomma ci splinderconoscevamo tutti e avevamo squadroni di antipatie e simpatie. Era prima di feisbuc, prima che qualcuno potesse pensare che coi blog ci si sarebbero fatti anche i soldi, prima della Ferragni, prima della Lucarelli e – venendo al punto – prima della bodypositivity.
Questo concetto che a molti non dirà niente è il figlio illegittimo di Instagram, è un rigurgito di rivendicazione della panza, delle smagliature, dei corpi prima di fotosciop, la rivoluzione in calzoncini nella repubblica delle immagini.
Nzomma i discorsi miei e dell’ex blogger di cui sopra saltano da un personaggio all’altro fino ad arrivare ad una tipa che, daje e daje, ha avuto la buona intuizione di riuscire a svoltare col suo blog e adesso ci campa. Massima stima tanto per lo spirito imprenditoriale quanto per la faccia da culo con cui si è riciclata.
Quella che era una giovane donna alta, bionda, col capello fluente, il fisico filiforme e migliaia di consigli da dispensare su come-dove-quando essere fighe in modo assurdo, su come preparare un bagaglio delle vacanze che possa assicurare autfit secsi per ogni occasione a Santorini, su come tenere un uomo ai tuoi piedi facendogli annusare qualcosa che sai già che non avrà mai, oggi è diventata una signora di 40 anni suonati.
Io l’ho seguita per un bel periodo, raccontava la sua vita luccicante come una Biasi bionda e con una carriera che andasse oltre le foto a chiappe di fuori, più cinica e più arguta. Poi me la sono persa per strada e l’ho ritrovata, dal nulla, su Instagram.
Lì, parbleu, lo sconcerto: quelle che erano gambe lunghe e magre con un culetto secco da francese spocchiosa sono diventati due jamon serrano stagionati male e con le vene varicose, l’amore che un tempo le strappava capelli setosi e dorati oggi si ritrova a frenarsi davanti a una ciospa informe di un rossiccio sbiadito con ricrescita su un caschetto ormai fuori forma. I look sofisticati hanno lasciato lo spazio a colorito spento e rossetti messi a pene di segugio che altro non fanno se non sottolineare un contorno occhi impietoso per l’età anagrafica, calzoncini di ginz che segnano e canotte che – con quelle braccia – di dignitoso hanno poco o nulla.

Ora, se essere fighe non è un dovere, conciarsi come Dior comanda magari invece sì. Non dico sempre, non dico in tiro ogni giorno come se fosse l’ultimo, ma almeno in linea di massima, chemmazzo, dai.
Io la capisco eh, questa tipa,  sono la prima a vedere i segni del tempo su quello che prima era un corpo attraente senza sforzo. Lo vedo bene che a 25 anni su 12 cm di tacco ci facevo 14 ore di balli sfrenati e ora, con gli anni di cristo, anche le ballerine mi fanno gonfiare le caviglie dopo mezza giornata d’ufficio.
Però, bella de casa, tu devi dire grazie al fatto che le tue seguaci non si ricordano da dove vieni, perchè c’è poco da fare la figa quando sei figa e fare la bodyposiguru quando Chronos si fa sentire nella gola e anche nel naso ma soprattutto sul girocoscia. Eh no, questo no, questo passare da maneater a #sonofigaeposso, perdoname, non ci sta.
Personalmente non sono mai stata una bella da copertina, non fosse altro che sono un metro e mezzo, ma tra le studentesse con la media alta sicuramente ero una delle più notevoli. Poi gli anni passano, il metabolismo invecchia e ci si affida alla sempiterna regola d’oro del PiùFI*, le chiappe sono meno toniche e così anche il contorno occhi, ma ci si veste meglio, si ha uno stile definito e la cosmesi non è più con i correttori di Kiko da 3euro e 99, il profumo è Chanel anche di mattina e  dove non si arriva turgide, si giunge consapevoli.
Detto questo, non è che siccome a me m’è sceso il culo allora Rosie rosieHuntinghton-Whiteley è più cretina di me eh. Lei è sempre più bona, e c’è poco da fare la bodyposicazzi, bisogna imparare ad accettarsi non ad adagiarsi crogiolandosi nell’idea che alla fine noi con la panza siamo più ganze; fermo restando il diritto di vestirci come ci pare, bisogna tenere a mente un caro vecchio adagio indifferente allo scorrere degli anni “se te entra non vor dì che te lo poi mette”.
E per favore, che nessuno tiri fuori Ashley Graham che è na figa senza senso,una donna di una bellezza rara che porta una ashley44 o una 46 su un metro e ottanta di altezza… quella non è sicurezza in sé, quello è culo di nascere bona come il pane e capacità di saper combinare questo fattore unitamente ai carboidrati in una professione altamente remunerativa.

Il mio proposito per l’estate 2017 è quindi questo: cercare di non prendermi troppo male se il costume non mi sta come vorrei (anche perché è improbabile che domani mi svegli a forma della Rosie di cui sopra e tutto il resto mi fa schifo) e scegliere un bichini che mi stia bene e che mi valorizzi le costosissime tette nuove di pacca.
Infine un’analisi rotonda e completa sulla bodypositivity: è una cazzata col botto.
E’ l’ennesimo movimento wannabe-anti-modelle senza senso, non serve una corrente di pensiero a botte di hashtag per motivarci ad essere semplicemente consapevoli, perché poi sta tutto lì, nell’essere convinte davvero che siamo più di un paio di cosce e delle braccia sottili, che abbiamo in noi una forma di fascino e di bellezza da poter valorizzare, che abbiamo il dovere verso noi stesse di sentirci meglio nonostante quattro buchetti di cellulite tanto quanto abbiamo il dovere di concederci una pizza con la burrata a settimana, se ci piace. A parole siamo tutte capaci a ripeterlo, tutte abbiamoclio condiviso il post di ClioMakeUp credendoci fortissimo ma solo fino a quando non ci siamo ritrovate nel camerino di Calzedonia con le luci impietose, soppesando concretamente l’idea di inventare una scusa per non andare in piscina.
Non è semplice, nemmeno per le più toste, nemmeno per quelle il cui lavoro non richiede manco un aspetto curato, nemmeno per quelle che hanno 3 lauree appese alla parete del salotto di nonna, non è facile per nessuna perché con l’idea di volere e dovere essere belle ci siamo cresciute.
La libertà di non essere perfette ce la dobbiamo concedere, però poi vediamo di non sbracare che tra “non perfetta” e “mi nonna in cariola” c’è una bella differenza.
Cerchiamo seriamente di accettare quello che non possiamo cambiare tipo Osho, poi tutto il resto però cambiamolo.
E mettetevi l’antirughe. Sempre.

* se non puoi essere più FIga sii più FIne

A BOCCE FERME: mastoplastica riduttiva – CHIRURGIA PLASTICA CAPITOLO 4

Passo le notti, nero e cristallo
A sceglier le carte che giocherei
A maledire certe domande
Che forse era meglio non farsi mai
E voglio un pensiero superficiale che renda la pelle splendida
Voglio una pelle splendida – Afterhours 

 

 

Sono tornata a casa ormai da qualche giorno, l’adieu alle bocce è stato fatto e sono una donna nuova. Meglio: un rottame nuovo.
E’ stato tutto più veloce del previsto e tutto molto pulp, sangue e merda, sangue e merda, pulp, molto pulp, pure troppo (cit. per pre-Millennials).
La mattina dell’operazione mi sono svegliata alle cinque e mezza, ho fatto la colazione dei campioni con 20 gocce di Valium e mi sono recata nella struttura ospedaliera.
Va detto chiaramente che io ho fatto questo intervento in solvenza, ovvero pagando un botto di sesterzi e non col sistema sanitario del BelPaese. Sembra un dettaglio ma, ovviamente, cambia tutto.
Nfatti arrivo in questa camera che sembra una lussuosa pensione di Rimini: TV 50 pollici con Sky e Sky Cinema, divanoletto bianco per gli ospiti, un libro di foto orrende in omaggio (scoprirò poi che sono le foto delle croste appese ai muri), letto elettrico di quelli che bzzzz ti alzi e bzzzz ti abbassi, pareti spatolate e menù a scelta.
Poi dopo un po’ arriva il Fortundrago con il metro e un pennarello e comincia a disegnarmi. Esattamente come succede in Dottor90210 e simili: mi misura la circonferenza dei capezzoli, traccia delle linee….stiamo lì una mezzora con me nuda in piedi davanti a questo manovale della ciccia seduto sul letto che mi conta i millimetri tra collo e ascelle e tutte altre robe che mai nella vita mi sarei misurata.
Mi sdraiano su una barella verde e giù, in sala operatoria. Nessuno è particolarmente gentile, fa freddo, poi – dopo il trauma da ago in vena – dormo.
Mi sveglio 7 ore dopo  con una specie di enorme corrugato che spara aria bollente addosso, mi vomito sui capelli e sbattendo un po’ ovunque con la barella, torno in camera.
Lì mi lamento a fasi alterne e dormo, non capisco nulla, so solo che 7 ore di tavolo di acciaio mi hanno sfondato la schiena ed è la cosa che mi fa più male in assoluto.
Mi ritrovo come una salsiccia con il budello in una guaina contenitiva antitrombi (in tutti i sensi, giuro) dalle ginocchia alle spalle. Un salamino di lycra nera.
Poi vedo una cosa pulp, molto pulp, decisamente troppo: dalle mie nuove minne pendono dei tubi che finiscono in dei contenitori a fisarmonica dove scorre sangue e liquido. Non pensavo ci fosse qualcosa che facesse più schifo del mio catetere.
Cominciano a venirmi le crisi di pianto, pare sia l’anestesia. Inizio ad osservare le dinamiche dell’ospedale: di mattina infermiere buone, gentili, belle. Di sera cerberi pazzi più o meno tutti thai che mi prospettano le peggiori tragedie.
Il mio spreferito è tale, giuro, Eisenhower (di nome): un filippino che quando gli dico che vorrei alzarmi per non fare le piaghe se ne parte con una roba che inizia con “così stimoli il sanguinamento” e finisce con “Ciiiiiiro figlio mio!” per quanto è tragica.
Poi c’è quella che attacca a mia madre le pippe su quanto siano disorganizzati perché lei avrebbe voluto portarmi il the molto prima eh, ma il dottore, ma la cucina, biowashball.
Poi c’è la mia preferita, infatti lavora di giorno, una ragazza pugliese bellissima e soprattutto sempre truccata di tutto punto e che profuma di vaniglia. Bella, dolce, gentile…col contratto in scadenza. Viva l’Italia.
Andare in ospedale in solvenza ti fa anche avere, oltre a una camera privata con bagno e TV reclinabile, un’infermiera che ti chiede se per merenda vuoi un gelato gusto fiordilatte senza lattosio della Cremeria. I soldi non fanno la felicità ma, nzomma, fanno almeno un gelatino e scusa se è poco. Ci mancava Guastardo con il suo “gradisce una mèla” e poi eravamo tutti (oggi m’è presa con MaiDireGoal, n.d.a.).
Arriva il giorno dopo Fortundrago e pensa bene di vedere se i drenaggi funzionano strizzandomi Wandina e Luisina con un energico popi-popi.
Calma, gesso, bestemmie e andiamo avanti.
Mi dimettono, esco dall’ospedale zoppicando e con dei grossi occhiali da sole retrò.
Mi porto a casa le polpose fatture, le guaine da indossare per un mese e mezzo e la notizia di non potermi fare la doccia per 3 settimane.
Vengono con me i drenaggi, li toglierò solo 4 giorni dopo di sofferenze pressoché atroci (i tagli non fanno nulla, ma provate ad avere addosso un coso di plastica compresso nella carne da un reggiseno con un elastico in tungsteno).
A VillaGatta, casa mia, dormo sul divano e guardo gli speciali su Leah Remini che esce da Scientology. Non mi lavo i capelli e dopo un po’ finisco a guardarmi allo specchio: sono in questa guaina aderentissima dal ginocchio fino a sotto il seno, strizzata sottovuoto con una sola apertura ovale nelle parti basse (la chiamano tecnincamente “igienica” ma a me me pare un po’ porno). Ho queste due bocce grosse e gonfie, toste, turgide, strizzate in un toppino scollato. I capelli lunghi, biondi, sciolti, unti e un po’ appiccicati di vomito, il colorito giallastro, le labbra esangui e tanti tanti tanti lividi sulle braccia.
Praticamente una puntata di CSI in cui trovano una playmate morta da 3 giorni.
The Lady In The Lake

CRONACHE DA UNA DIGNITà CHE NON C’è PIù: LA ZUMBA

Cose che non dici
Quelle che la notte
Un po’ te ne vergogni
Nascoste ma le fai
E ne parli con gli amici (ma, ma)
Rimangi tutto a volte
Porti le cicatrici
Ma nessuno le vedrà
(Le cose che non dici – TZN)

Più di qualche volta mi è stato chiesto se quello che scrivo è fantasia, invenzione oppure realtà. La risposta è che davvero mi piacerebbe essere così tanto creativa ma il contingente, anche quando credo di aver pensato a una genialata, mi dà tre giri e mi stupisce.
Ed è per questo che oggi mi ritrovo a camminare come il figlio legittimo dell’Uomo di latta incrociato con un T-Rex.
Ho necessità di perdere un po’ di peso, qualcosa come 4 o 5 chili per questioni mediche e quindi mi sono messa a dieta, superati i 30 – ahimé – i tessuti cedono e se non ci si mette un minimo di esercizio qui viene giù tutto. Purtroppo a me lo sport fa schifo, sinceramente non capisco come si possa preferire sfibrarsi i capelli in piscina a stare sul divano a bere vino e leggere o guardare trashate, o come si possa prediligere sbudellarsi di cross-qualcosa all’andare agli aperitivi. Ma di necessità si deve fare virtù e così, con le mie chiappe mosce ho iniziato a frequentare una palestra dell’hinterland che offre programmi ricreativi a colpi di jumper e zumba (sì, lo so, jumper è questo) .
Il jumper è un po’ più di nicchia, infatti è con la zumba che mi si è aperto lo stargate verso il mondo degli zarri [cit.]. Pur essendo una disciplina ormai nota ai più, si tratta della vecchia aerobica di Jane Fonda e Olivia Newton Jhon passata in un frullatore con tanta licra, tanti colori fluo e soprattutto una dose extra di musica latinoamericana. Un mix che non esiterei a definire letale.
zumba
Frequento questo corso settimanale in cui una ragazza -che ho scoperto essere una segretaria invasata per i ritmi latini-  ci fa sudare come bestie urlando, tra un pasito e l’otro, SORRIDIIIIII, SEI FELICEEEEE. A tratti è divertente, a tratti è inquietante.
Il mio corso è seguito principalmente da neomamme che  sperano di buttare giù la panza passando 50 minuti di libertà dai pargoli a cantare le canzoni di Enrique Iglesias, neovedove che rintracciano nelle chitarrine mariachi una versione 2.0 della balera, anoressiche che in palestra farebbero pure le pulizie pur di smaltire mezzo grammo, sudamericane che sanno tutti i testi e cantano allo specchio come delle novelle Shakire e me.
A questa situazione già di sé sconfortante, si aggiunge la velleità dei proprietari della palestra di organizzare eventi. Hanno questa fissa da pierre e se ne inventano ogni settimana una: l’aperitivo della palestra, l’evento di ballo della palestra, la pizzata della palestra e, soprattutto, quello che è diventato l’evento più grezzo a cui abbia mai partecipato in vita mia: la masterclass domenicale di zumba.
Cosa mi sia passato per il cervello quando mi sono iscritta proprio non lo so, anzi, bugia, lo so eccome: volevo dimagrire a qualunque costo. Poi ho capito che questo costo era davvero troppo elevato, nonostante la mia disposizione d’animo completamente aperta verso l’eliminazione delle tossine e l’incendio delle calorie.
Quindi sono finita ieri, domenica pomeriggio, a Cinisello Balsamo. In un posto che si chiama qualcosa come Animali Latini, un capannone di cemento (+sabbia+amianto) in una zona industriale anni Ottanta della Lombardia da magna&bevi. Entro e mi consegnano una bottiglia d’acqua e un mazzetto di mimose chiuse con la stagnola. Io indosso i miei pantaloni del Decathlon, i miei due reggiseni contenitivi, la canotta sintetica e la maglietta tecnica: tutto nero, unico tocco di colore le Nike celeste fluo.
Mi si para davanti uno spettacolo che difficilmente dimenticherò: un incrocio tra la disco pomeridiana dell’adolescenza in provincia, una convention di fitness e un centro ricreativo per anziani. Palloncini gialli, un palco con una grossa Z di Zumba sullo sfondo, musica a palla, gente vestita fluo.
Siamo in tante, almeno 80 persone che mimano pasitos p’adelante e pa’ tras.
La popolazione anche qui si compone di una serie di tribù ben distinte: le Quinz latinas, sanno le canzoni e ti guardano con occhio di sfida come a dire “abbella, questa è roba mia, cultura mia, musica mia”, le Obese – Un anno per rinascere alle quali va tutta la mia stima per il coraggio di mettersi in canotta insieme alle istruttrici che sono mediamente delle pheeghe mortali, le Sciure che hanno quasi tutte una canotta con scritto “Red Passion” (e penso che per “Red” intendano “giovani cubani”), Las Invasatas ovvero quelle che conoscono tutte le canzoni e tutti gli istruttori e si sparano le foto con tutti e poi me. Io sono lì sola e ho anche il cellulare scarico.
Il bacino d’utenza è comunque a prevalenza sureña, siamo a Cinisello e qui o sei calabrese o sei un membro di una gang.
La musica è brutta forte ma la cassa è potente  quindi in qualche modo mi trascina.
Scendo in pista e assisto a una serie di scene una dopo l’altra di cui è davvero impossibile fare una descrizione dettagliata, riassumerò tutto in alcuni punti salienti:
– la bionda ossigenata piastrata coi capelli liscissimi, truccatissima, pantaloni fluo, reggiseno sportivo minimo e null’altro addosso se non delle scarpe con la zeppa col tacco. Tacchi per fare 3 ore di fitness aerobico.
– le urla a squarciagola all’ingresso della crew di ragazzoni nerboruti e mulatti che sculettano sulle note di Deorro con le Sciure che intonano a piena voce DESPASIIIIITOOOOO. Body is your temple and Luis Fonsi is your god.
– una coreografia a tema Far West, una coreografia a tema danza del ventre, una coreografia a tema Bollywood, tutte rigorosamente con movenze salsere.
– una folla scatenata che balla con sculettamenti latini anche Occidentali’s Karma. L’evoluzione inciampa (e cade di faccia).
– la tipa con la maglietta “Zarra Inside”. Come se qualcuno avesse dei dubbi dall’outside.
– un paio di coreografie guidate da quello che, ancora adesso, non ho capito se fosse un bambino o un nano. E non so quale delle due cose mi lascia più interdetta. No, davvero, una roba brutta ma brutta.
– la scena in cui arriva sul palco una che continua a sembrarmi senza le mani. Io sono davvero per l’inclusione e quindi la cosa mi lascia piacevolmente stupita. Includere una diversamente abile in un evento di fitness: che bella iniziativa! Poi mi sono accorta che aveva dei guantini neri di pelle che si confondevano con la scenografia.
– gli spari. Gli spari, mazzo. Cioè, siamo ad un raduno di latinoamericani in una zonaccia di periferia e il dj ha questa brillante idea, capito? Che fa sto genio ribelle? Mette il suono degli spari a ritmo di musica. Io sono quasi morta di paura per le prime tre volte. Poi l’ho mandato a stendere tra un to the left e un to the right. Mortacci sua e de Ricky Martin.

Insomma, alla fine il mio orologino controllavita ha detto che ho bruciato circa 800 calorie, senza contare le 3 ore di vita che potevo spendere in attività edificanti e invece ero lì. Ho ascoltato musica orribile,  esercitato lo spagnolo, visto che ci sono ragazze più grasse di me che si fanno meno problemi, ragazze più magre di me che si mettono pantaloni fluo vanificando quel bendidio di chiappe che si ritrovano, ballato le coreografie che conoscevo, mi sono sparata cinque o sei selfi ma soprattutto ho scattato la foto che da sola è valsa il prezzo del biglietto:

giallofluo

Un uomo indossa una tutina giallo fluo con maniche a rete, il volto è quello dell’addetto mutui delle poste e porta pure gli occhialini in titanio alla Paolo Bonolis. E’ il mio idolo. 

E’ la stessa identica cosa.

I’m gonna wear the tie, want the power to leave you
I’m aimin’ for full control of this love 
Touch me, touch me, don’t be sweet
Love me, love me, please retweet
Let me be the girl under you that makes you cry
(G.U.Y. – Lady Gaga)

Mai pensavo nella vita che sarei stata d’accordo con Valentina Nappi.

Ma partiamo da prima. Qualche tempo fa sono andata a fare un colloquio di lavoro, non che lavorare nello Zoo del Digital non mi piaccia, ma offrivano un sacco di soldi e chi sono io per dire di no alla possibilità di un sacco di soldi?
Niente di nuovo all’orizzonte:
come mai ha risposto all’annuncio? (perché offrite un botto!)
mah, sa, nella vita bisogna sempre affrontare nuove sfide…
e quindi parla inglese e francese? (mi avete appena fatto il colloquio in 2 lingue, imbecille!)
diciamo che sono molto appassionata di lingue straniere
e quindi ha fatto questo e quello? (se sta scritto sul cv ci sarà un perché)
eh sì sa, ho cambiato azienda rimanendo comunque in un settore che mi piace molto…
e quindi quando lo sforna un pargoletto? (ti sembro un forno, faccia di merda? e poi che te frega?)
no, sa…mica per essere…ma per sapere… (eccerto, perché te sto simpatica e vuoi sapere come vanno i miei progetti coniugali, immagino.)
E’ andato avanti così e, incredibilmente, anche peggio. Mi è stato chiesto del mutuo, del lavoro del Primate e di tante altre cose alle quali non avevo nessuna intenzione di rispondere. Sono uscita di lì con un collo gonfio come un tacchino col collare elisabettiano.
Poi esce la notizia di quella povera ragazza, Tiziana Cantone, che si è impiccata perché è circolato in maniera virale un suo video in cui fa sesso.
E, con le dovute misure, ho provato la stessa sensazione del post colloquio.
Perché in fondo è la stessa identica cosa.
Non me ne frega nulla di attaccare un pippone femminista (e, per inciso, io sono femminista e me ne vanto), non me ne frega nemmeno se il ragazzo di questa era consenziente oppure no, né se lei lo stesse tradendo, né se fosse un tentativo di lancio di una carriera nel cinema hard, né se è stata lei a mandare il filmino agli amici.
Il nome di questa povera ragazza ce lo scorderemo presto, è un fatto che non teme smentita.
E pure se sul blog non scrivo mai gromò, oggi ci sarà un’eccezione, perché oggi mi sono rotta il cazzo.
E rivendico il mio sacrosanto diritto di dire quello che mi pare, come mi pare e di non dover subire il giudizio o l’indignazione di nessuno.
Voglio scrivere, ché scripta manent, che alle donne piace scopare, oppure no, piace fare i bocchini, oppure no, piace farselo infilare in culo, oppure no, amano i cazzi, oppure no, godono, oppure no, amano prenderlo in faccia, oppure no e tutta una serie di cose che – nonostante tutto – mi imbarazza scrivere.
Perché ho poco da fare l’illuminata, pure io, la sfera sessuale femminile anche per me è un argomento che un po’ fa arrossire, perché così ci siamo cresciute, ci siamo cresciuti tutti.
“Non lo fo per piacer mio ma per far piacere a dio”, ma vaffanculo.
E’ una semplice scopata, è un pompino…possono essere gesti romantici, tenerissimi, intrisi d’amore e espressione di sentimento, oppure possono essere banalmente solo una scopata e un pompino che uno fa così, just for fun, sulla spiaggia a Ibiza impastati di ginotonic e diosolosa cos’altro.
Lo so bene che l’esecutore materiale di questa morte orrenda è quello che il video l’ha condiviso.
Ma se per un attimo provo a immaginare un mondo in cui fare sesso, pure per le donne, fosse una roba come un’altra, come nuotare, come ballare, come cucinare (tutte attività che si fanno col corpo e piacevoli) allora ecco che la diffusione di quel video altro non sarebbe che una cafonata oppure, ancora meglio, una roba di nessun conto. Nessuna importanza, perché è solo quello che è: un banalissimo pompino.
E invece no, nel 2016, nella parte ricca di mondo in cui abbiamo il culo di vivere, fare un pompino è una vergogna. Essere sessualmente disinibite una grave colpa. Divertirsi a letto con due tipi, un abominio. Ma anche non fare le mamme a tempo pieno pare brutto, dedicarsi alla scalata aziendale con due pargoletti a casa non sta bene.
Sono queste le istanze del consesso civile: il galateo della scopata educata e riservata.
Poi chissene frega se al lavoro veniamo valutate come forni che stanno per arrivare a temperatura, chissene frega se i nostri salari sono più bassi, chissene frega se ci è impossibile conciliare carriera e famiglia perché i figli non sono 50e50 col marito, no, i figli sono della madre che “ormai ha altre priorità rispetto al lavoro”, chissene frega se per ricevere adeguate cure mediche dobbiamo andare a elemosinare attenzione all’unico stronzo non obiettore di coscienza della regione.
Mi mordo la lingua e non parlo del #fertilityday, che è meglio. E pure del burkini, che è ancora meglio.
Smettetela con le magliette “se esci con mia figlia…bla bla bla”, non fanno ridere. Smettetela di associare il sesso e la dignità quando si parla di adulti consenzienti, quello che gli adulti fanno fra loro di comune accordo è lecito e non sono cazzi altrui.
Smettetela di dire che certe cose non stanno bene e che i panni vanno lavati e stropiacciati in casa, il bon ton è una cosa seria e non deve essere a servizio di alcun pregiudizio.
Lasciateci scopare come ci pare, lasciateci gestire casa e lavoro come meglio riteniamo ma, soprattutto, lasciateci in pace.

E’ un mondo triste quello in cui si debbano creare parole apposite, espressioni nuove come “slut shaming”, “body shaming”, “revenge porn” quando alla fine è sempre la stessa zuppa: la parità, di diritti e di giudizi, è una chimera.
E’ la stessa identica cosa.

Veni, vidi, daje!

Nzomma alla fine io e Primate sabato siamo andati alla manifestazione #Svegliatitalia.
Io, per allinearmi alle bandiere arcobaleno che simboleggiano questi eventi, mi sono messa l’ailainer viola, il blasc arancione e il rossetto fucsia (che dettà così sembra una roba alla Dolly Parton ma poi, dal vivo, sembravo veramente Dolly Parton – che per me è un complimento).
Siamo arrivati in Piazza della Scala e onestamente non c’era tanta gente, poi invece pian piano ne è arrivata sempre di più fino a stare stretti ma stretti ma stretti che sembravano i saldi al 70% alla Rinascente reparto scarpe.
Una cosa che mi ha colpito è stata vedere le persone più disparate e assurde insieme nello stesso posto: la signora col visone con lo strascico, sulla settantina, e dei diamanti alle orecchie che tedicoscanzate, con in mano due manifestoni. Un signore, sulla sessantina, capelli bianchi cotonati e sopracciglia nerissime ad ala di gabbiano, anche lui elegante e vestito identico alla signora di cui prima.
Ragazzine rasate coi pirzing, ragazzi belli e truccatissimi come Nicchitutorials (dove hai preso quell’illuminante, baby?), famiglie con bambini di qualunque età, gli atei razionalisti, i pastafariani, Pisapizza, hipster, tamarri, sciccosi, la mia collega Sorrisona con la sua fidanzata incintissima Panzona, belle, felici e speranzose, quella coppia di due bonazzi ma boni ma boni dei loro amici col loro piccolo bimbo e “…ragazze scusate ma dobbiamo dare la poppata!”. Insomma: la società rappresentata in ogni suo aspetto, i debosciati, i seri, i felici, gli incazzati…tutti.

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E a chi senza ragione (o con ragioni anacronistiche e fondamentalmente stupide) si oppone a una realtà viva e pulsante, direi quello che diceva Cremonini “vieni a vedere perché”.
Mettici il muso e annusa, caro omofobo o caro omoscettico, annusa la vita vera come funziona, guarda cosa succede al piano di sopra del tuo appartamento, guarda come vive la signora che ti bolla la raccomandata in posta, fai un bagno nella normalità e stupisciti di quanto ciò di cui ti sei sempre riempito la bocca non ha alcun fondamento.
Non hai il potere di potere di cambiare la realtà, puoi solo accettarla e fare lo sforzo di cambiare opinione con un po’ più di conoscenza e coscienza.
Visto che a farti i cazzi tuoi proprio non ci riesci, fatti i cazzi delle coppie gay ma almeno fallo a ragion veduta!
Il problema è che, strignistrigni, quando si parla di tutela dei bambini, di famiglie deviate, di stabilità naturale, unicorni, gnomi e fatine il problema è sempre lo stesso: si disquisisce di argomenti che non si conoscono e di non si ha esperienza.

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Non penso che potrei capirlo, ho una mentalità aperta ma non così tanto, ma forse riuscire ad accettare che non si cambiasse idea a riguardo dopo aver passato un po’ di tempo in mezzo a una folla come quella di sabato, se solo uno di tutti quegli imbecilli che berciano sulla mia bacheca di Feisbuc contro “ste robbe contro natura” venisse a vedere cosa è un GayPride, cosa è una manifestazione per l’amore di tutti i colori e potesse poi affermare seriamente che è una roba da malati/invertiti/disfunzionali/vogliolamamma/biowashball.

Ma cari amici omoscettici e omofobi, se proprio non volete venire alle manìf come alleati, se proprio non vi ho convinti che il Family Gay è un luogo di apertura e condivisione al contrario del Family Day gusto cocaina e cilicio, allora vi dico: veniteci per passare un pomeriggio divertente e spensierato, venite a cantare, ballare e farvi due risate in mezzo a chi non ha nessuno da odiare, venite in mezzo a gente che – alla fine della parata – sa fare battute divertenti anche a Milano (e scusate se è poco):

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L’amore fa quello che vuole, l’amore fa i bambini negli Stati Uniti per due papà italiani, l’amore fa le inseminazioni costose in Spagna per due mamme, l’amore – a differenza vostra – si fa i cazzi suoi e va avanti libero.
Forse vi scocciate tanto perche è a voi non ve se caca.

 

S’è fatta na certa

Fatevelo dire da aspirante ueddinplanner e moglie di divorzista: è proprio ora di legalizzare il matrimonio tra uomosessuali. Veramente, dai. S’è fatta na certa.

Ho già spiegato qui come la penso, non sto facendo proseliti (spero che degli omofobi non leggano il mio blog, non lo voglio il vostro fottuto baz mediatico)
E’ che veramente ormai questo è un dibattito senza senso.

In che modo ci potrebbe danneggiare la felicità altrui?
Non sono non ci perdiamo niente, ma abbiamo tutti da guadagnarci, etero e gay: più tutele, più garanzie, meno coni d’ombra e non ci scordiamo che, come dice a Massime Ranieeeere “d’amore non si muore”, d’amore si soffre, ci si scogliona, si vive!

Sposarsi è bellissimo ma, fiori pizzi, e merletti a parte, avere delle tutele è fondamentale per vivere sereni e fare progetti.

Spero sinceramente che saremo tanti domani, soprattutto “noi privilegiati” che non abbiamo dovuto fare nulla per vederci riconosciuti i nostri diritti.
Io e il Primate ci saremo, se passate sarà semplice riconoscerci:  siamo quelli belli belli belli in modo assurdo.

#svegliatitalia #lovewins #daiunpo’
svegliaitalia

RICOMINCIARE DALLA PUNTA GIALLA

La domanda comune che viene chiesto nel business è, ‘perché?’
Questa è una buona domanda,
ma una questione altrettanto valida è: ‘perché no?’
Jeffrey Bezos

Ero così impegnata a ricordarmi di splendere sempre che mi sono scordata del blog, per due fottuti anni.
Ho scritto in testa seimila post, li ho rivisti, corretti, ampliati e impaginati tutti sempre nella mia mente…eppure al momento di prestidigitare: niente, il nulla cosmico, la favella di Caterina Balivo, una roba noiosa e soprattutto svogliata.

Me l’ha detto una sera Ventiseitre a Milano (capite come cambia la vita?), davanti a un cocktail il un locale tamarro semicentrale: ci ha rovinati Feisbuc, ci ha mangiato e ricacato, si è preso i bloggher, ne ha spremuto un po’ di essenza e se li è tolti dai denti con uno stecchino disgustoso.
E io ci sono cascata in pieno, evitando così di raccontare l’esperienza di vita della Birmania, la quotidianità col Primate, il matrimonio che per le lacrime servivano i frangiflutti di MAU, il fidanzato anziano di MAS, AGB che si sposa Cervellovale con delle Manolo Blanhik con le piume che te dico SaraJessica areggimergiacchetto, AmicaUmbra che diventa una svuingher, Mun che incontra il suo primo pezzo di merda a 30 anni e lo liquida – relativo coro da stadio, un viaggio negli Stati Uniti che mi ha aperto un universo parallelo al mio universo in continua espansione di amore per i trucchi, la mostra di Barbi, quanto mi piacciano le barbe, quella grandissima baldracca della legale biondanaturale dell’azienda Brum Brum con cui sono finita quasi al chetfait…due anni di vita intensi e colmi di cambiamenti che qui si sono persi e probabilmente anche la mia memoria ha in gran parte rimosso.

Tra me e questo amato diario si sono inseriti degli elementi che – a onor del vero – nessuno può permettersi di trascurare: le GIF, le meravigliose GIF che mi ipnotizzano per ore, Instagram…Instagram e i suoi video da quindici secondi da guardare senza soluzione di continuità: gattini che rotolano, ombretti che si sfumano, KylieJenner e il padre travone  (ailoviu darlin!) più fine, Internazionale a pagamento sul cellulare, le mie amate polemiche sterili sui soscial intorno a frasi come “ricordati di splendere sempre” (ma anche di passare lo scopino del cesso, aggiungo io).

Ma il blog è un primo amore: lo sai che non sarebbe più lo stesso ma prima o poi la cazzata di tornarci la fai. (spoiler: per un po’ ti piace perchè ti fa tornare chi eri, ovvero la persona che detestavi e da cui volevi allontarti – e infatti l’hai fatto – per poi farti tornare ad avere lo stesso desiderio, ovvero ridiventare quello che sei ora…insomma una specie di Inzepcion in cui non si capisce un mazzo ma tanto che ci sei balli)

Se dovessi parlare di alcuni punti salienti che hanno caratterizzato quantomeno il mio 2015 direi: ho imparato a mettermi molto bene l’ailainer e me lo metto tutti i giorni, ho fatto ricrescere i capelli naturali per capire che se me li sono sempre tinti biondi un motivo c’era ed era valido, ho iniziato a lavorare in una di quelle americanate moderne che quando lo dici tutti ti dicono “macheddavero lavori in QuelliTipoGugol?”con Teddi – il capo allucinante, faccio un corso di ballo anni ’30 col Primate che si dimostra un signorino da denzflor, mi sono colorata i capelli di turchese e viola come un unicorno perché tanto ormai me li sono tinti e quindi tanti auguri,  ho smesso di mangiare il pesce e iniziato a mangiare le lenticchie …ingrassando enormemente. Fottute lenticchie scoreggione. (*su questo devo tornarci, nda)

Non è semplice ricominciare ma mi ero ripromessa di farmi un bel regalo quando avessi ritrovato il coraggio di affrontare questo noioso template, e quelle decolté scamosciate a punta e tacco giallo canarino si meritavano decisamente uno sforzo. E poi questo blocco era per me come un brufolo maturo che fa male e ti fa cessa: quando c’è la punta gialla, devi farti coraggio e spremere.

Sono stanca, ma felice.

 

 

PREVENIRE E’ MEGLIO CHE CURARE

Ai biutiiiiis!
No dai, vabbè, era una cazzata per smorzare il clima da ansia da prestazione scrittoria. Diciamo che sicuramente non sto praticando l’accanimento terapeutico su sto blog, per ora mi limito alla mia vita.
Stamattina, venendo in ufficio in anticipo causa rigurgito rivoluzionario dei dipendenti del trasporto pubblico locale che finanzio ogni mese a botte de 78, 50 euro, ho pensato che la felicità attribuita al venerdì è direttamente proporzionale al bisogno che hai di cambiare vita.
(e questo l’ho scritto venerdì scorso, evidentemente)
Comunque niente, è iniziato il 2014, ho un colore di capelli di nuovo, il mio smartfon abbastanza nuovo già si impalla, ho comprato degli occhiali da vista fucsia edizione limitata di Dior e sono da poco tornata dalla onimun in Birmania.
Dovrei scrivere una guida ragionata sui viaggi in Birmania. Di certo non lo faccio stamattina.
Cinque giorni fa io e il Primate abbiamo compiuto sei mesi di matrimonio e, conoscendomi, è un traguardone. E’ quindi solo adesso che comincio seriamente a realizzare di essere sposata e a realizzare le differenze tra convivenza e matrimonio (poche), tra relazione stabile e matrimonio (un bel po’) e soprattutto tra essere single e prospettiva perenne di vita a due (abbastanza angosciante).
Tre o quattro giorni fa, invece, mi ritrovo con un nuovo “amico” su Feisbuc, lo conosco di certo non bene, ma lo conosco. E’ un tizio che faceva il mio liceo in classe col mio grande amore del liceo, simpatico e fighetto, carino e ridanciano, non ha mai suscitato in me il minimo interesse, lui nei miei confronti ne aveva avuto, ma poco, più che altro ci stavamo simpatici ma non siamo mai diventati amici per tutta quella serie di problemi legati agli ormoni che a 14 anni non ti permettono una relazione equilibrata col prossimo.
L’avevo poi intravisto negli anni, cinque volte in tutto a esagerare, in giro nella provincia natia, nei soliti localetti demmerda da fighetto incamiciato dopo dieci ore al tornio. Mai andati oltre un “ciao” se proprio dovevamo salutarci. E quindi giustamente su Feisbuc mi scrive “oh, non ti posso perdere di vista un attimo che tu prendi e ti sposi!”. Io non sono una fan della coerenza, però la decenza non mi dispiace.
Vabbè, fiducia nel genere umano, approfondiamo un pochino e lui, galante e spocchiosello, mi chiede cosa faccio e, senza mai esplicitare ma nzomma se semo capiti, mi dice che fa il ginecologo.
Ora, io sono quella che è stata invitata a un appuntamento all’Ikea di sabato pomeriggio, non è che mi sconvolgo per nulla, ma cristiddio, te pare il caso di fare avanz con seducenti proposte di ecografie interne? Ecco.

Come al solito le mie premesse sono lunghissime e sin troppo introduttive ma, quello che volevo dire, è che i maschi tendenzialmente fanno schifo. Ed essere singol a trent’anni con sta fauna che gira libera e sciolta, è davvero pericoloso.
Insomma, mo non è che siccome sono passata dall’altra parte della barricata allora mi scordo com’è, l’ho vissuto per anni e anni e certe cose mica è facile dimenticarle: carino e simpatico che si scorda il catalogo delle sue bomboniere di nozze sul sedile al secondo appuntamento, sms sgrammaticati, appuntamenti a parlare della deriva berlusconiana del piddì…oh, se solo ci ripenso me la cucio.

Nel quadro sinottico in cui ci stagliamo come cipressi al cimitero noi, giovani donne con la crema prime-rughe, tra la festa dell’amica incinta e il matrimonio di quelli che si sono conosciuti a agosto scorso a Formentera impastati de mdma ma adesso vogliono mettere su famiglia, l’addio al nubilato di quella ancora vergine prima del matrimonio dopo 14 anni di fidanzamento, la svolta imputtanita di una che si è mollata dopo una relazione di nove anni. Noi, autonome, ancora bonazze, coi tacchi meno alti di qualche anno fa, più libri letti e soprattutto scevre da qualunque ansia da “ma se poi copuliamo magari pensa che…”, consapevoli della nostra sicurezza e del nostro ruolo del mondo ma nonostante tutto terrorizzate dall’idea di essere l’ultima stronza rimasta senza mezza mela.
A questo punto avremmo già dovuto ave accumulato un bagaglio di esperienze medio: un vecchio, un giovane, un bonazzo, un cesso, un tamarro, una storia seria, qualche botta e via, uno straniero, un malato di mente, un tonto.

Di conseguenza non dovrei soffermarmi a ribadire che alcune categorie vanno evitate come la morte: gli ipster, i mammoni, gli attivisti politici, l’intellettuale che si informa coi blog del Fatto Quotidiano, gli omofobi, i fumatori, quelli che ancora escono in comitiva, che non amano gli animali bensì la palestra. Giusto per dire i primi che mi vengono in mente.

Purtroppo però non c’è esperienza che tenga, non ci sono palate sui denti che insegnino abbastanza che il tutto si riduce a un duopolio perenne di errori che si ripetono insistentemente, ci si accanisce sempre e sempre e ancora su a) quello che non si vuole impegnare manco sotto tortura e b) quello che dopo tre mesi ti vuole sposare.

Quello che non si vuole impegnare:
indovina un po’? Non si impegnerà. Le persone non cambiano, uno è come è blablabla…tutte cazzate. Semplicemente questo non è disposto a cambiare per te, fine, stop. E’ inutile ripetersi che forse non è ancora pronto. Amica, forse invece  lo è, ma non per te. E’ inutile che cominci a lavargli a casa tua le mutande pur di incollargli qualcosa da te, qualcosa che vi faccia sentire “beh non è che conviviamo ma è come se “: non convivete e non è come se. Sai cosa fanno quelli che convivono? Convivono.
Nei casi più rognosi succederà che arrivate a ordinare anche 14 chili di confetti ripieni e poi scapperà all’ultimo, perché lo spirito di sopravvivenza vince sempre.
Lo so che sentirsi sole è brutto ma ancor peggio è sentirsi svilite, non abbastanza apprezzate, sempre dietro a un treno che non prenderemo mai. La verità è che non gli piaci abbastanza, diceva il film, quindi se continui a starci la verità è che non ti piaci abbastanza, dice ‘sto blog. Comprati scarpe nuove e liberati di questo macigno attaccato all’autostima.
Che infatti lui poi sei mesi dopo va a convivere con un’altra e dopo un anno e mezzo si sposa. Nella maggior parte dei casi, poi, dopo due anni avrà l’amante di 23 anni.

Quello che dopo tre mesi vi vuole sposare:
se possibile, questo è peggio del precedente. E mo ecco che arriva l’orda di “ma io e il mio ragazzo abbiamo avuto un colpo di fulmine” e gnignigni. No, al massimo un colpo di culo. E poi le cose si vedono sul lungo periodo e comunque sia fare sempre quello che ti senti spesso è una cazzata. Io mi sentivo di desiderare dei figli con quel tamarro con l’Aprilia SR giallo limone, a 16 anni. Ringraziando Dior, ho sempre pensato e sempre penserò che un po’ bisogna anche ragionare.
Mi ha detto che mi ama, sì vabbè usciamo da un mese e mezzo ma prima ciattavamo. Ormai sono 6 mesi che stiamo insieme. Eccerto, perché uno considera lo stare insieme dalla prima volta che hai pomiciato dopo due volte che ti eri scorciato per caso in un tunnel della metro gialla.
Una delle scuse più gettonate per dare corda a uno così nei discorsi con le amiche è “ma ormai, arrivato a NUMEROICS anni (perché questa la usano le 24enni come le 50enni, posso darvi nomi e cognomi) uno sa quello che vuole, siamo maturi quindi quando trovi quello che cerchi lo sai”.  Ora, qui si possono aprire diatribe infinite sulla questione, ma una cosa è certa: due persone mature non fanno una relazione matura. Se ti conosci poco, se hai fatto poche esperienze insieme, se la vostra relazione ne ha passate poche, non ha visto più di qualche primavera…beh, siete due persone mature con una relazione giovane. E per quanto certe affinità si intercettino, la vita insieme è un’altra cosa.
Pensateci prima di prendere un mutuo, pensateci prima di fermare la data col fioraio. Rallentate un attimo e pensate a qualcosa del tipo “ma se una cosa è tanto vera e tanto importante, perché bruciarsela subito? perché non aspettare il vaglio del tempo? “. Perché deve mettervi il cappio al dito dopo 7 mesi e proprio non può resistere a festeggiare prima un anniversario? Non è forse questo un modo per metterci una pezza d’oro bianco su quel che manca? E a chi mi vorrebbe rispondere “ma allora perché NO?” beh, perché la posta in gioco è troppo alta per non prendere tutte le precauzioni del caso.
Certe parole sono importanti e vanno pronunciate in un contesto degno,  il discorso di Obama alla sagra della polenta de Colleluna non avrebbe certo fatto lo stesso effetto.
Un uomo che non sa aspettare creerà sempre problemi, uno che non aspetta ha qualcosa da nascondere. (vedi alla voce: sciopping, dubbi esistenziali, parcheggio, petting,  scelta del vino, desiderio di maternità)
Visto che dovreste passare insieme l’eternità, chiedetevi il perché di tanta fretta.
Comunque, se avete fatto la cazzata e ve ne siete pentite, contattatemi in privato che mio marito fa anche il divorzista mannaro.

Adesso, per completezza, ci vorrebbe un bel consiglio su come riuscire a non inacidirsi col tempo, a non  perdere le speranze di una vita a due, a restare propositivi senza svendersi all’80% con il primo passante, a non odiare le donne incinte e coi passeggini…ma un consiglio preciso non c’è. Tutto sta a costruirsi una vita gradevole ma non chiusa, ad avere una casa in cui da soli si sta benissimo ma in due non  si starebbe troppo stretti.
Insomma: la soluzione è essere equilibrati ed è per questo che io sono la persona meno adatta a insegnarvi come.
Una cosa è certa munitevi di un amico uomosessuale  e non lasciatevi andare in disuso, allenatevi a emozionarvi anche fosse solo coi film o con le foto di gattini su Feisbuc, allenatevi a flirtare prendendo il caffè in un bar del centro piuttosto che a casa, allenatevi a guardare sempre quelli che vi piacciono per strada ché non c’è niente di male, e datela via come se non fosse vostra ché non sia mai cadesse in disuso si seccasse e cascasse.

 

INCREDIBILE ROMANTICA

Due sono i grandi temi di cui penso sempre che un giorno parlerò e poi invece non lo faccio mai: la MalBal, la ex del Primate, e Feisbuc e tutta la annessa tecnologia dei tempi moderni, il mio rapporto con questi argomenti, disamina, svolgimento, somme tirate e napalm.
Oggi, fatalità, ne parlerò contemporaneamente, perché la vita ci aiuta a sognare e poi la realtà ci fa capire che siamo molto poco fantasiosi.
Per dire: io ho sognato – anni fa – che mi facevo Mattew Bellamy nel bagno di un discopub abusivo di una frazione del mio paese. Ma mica mi immaginavo a cosa sarei andata incontro ieri sera sbirciando il mio cellulare figo abbastanza nuovo di pacca e omaggio del Primate.

In pratica niente, c’ho sto telefonone su cui arrivano notifiche, email, tutticosi come succede a chiunque si sia arreso ad essere rintracciabile in tutti i luoghi e in tutti i laghi.
E questo è un fatto.
L’altro fatto è che il Primate ha una ex che non vede e non sente da anni, brutta e cattiva com’è d’uopo, che non si capisce come sia possibile, ha trovato un altro uomo che se l’è caricata. D’altra parte c’è chi è nato per essere bello e chi è nato per soffrire, Darwin non è il primo cretino che passa.
Il terzo ed ultimo fatto che va a comporre il quadro sinottico della disgrazia di ieri è la manifestazione di Gugolplas. G+ è la classica cosa che tutti hanno sentito nominare ma nessuno ha veramente capito che cosa sia o come funzioni, tutti ce l’hanno e nessuno lo usa, un po’ come Linchedin e il praimer per labbra.
Quindi, morale della favola, ieri sera tornando da una cena accendo lo schermo del telefono e vedo una mail: Il fidanzato di MalBal ti ha aggiunto alle sue cerchie di Gugolplas.
Ora, io e lei non siamo amiche (posso ride?), lui in teoria non dovrebbe sapere della mia esistenza e del mio nome, io so del suo perché sono umbra, l’Umbria chiama il tartufo, il tartufo chiama il cane da, il cane chiama il segugio, quindi io sono una stolcher.
Quindi chiamo in causa il mio comitato di consigliere sulla faccenda: Mun, ex amica della MalBal ormai convertita al lato biondo della forza, e la sempre fedelissima AmicaUmbra.
Chiedo loro come sia possibile che sto tizio arrivi a me, come possa arrivare al mio indirizzo nomecognome@ , che minchia vuole e simili.
AmicaUmbra ovviamente rimane sconvolta e mi dice cose come “…strane coincidenze…”, Mun, chiaramente fa l’espertona di social e comincia a dirmi che sono io che penso male che blablabla.
Fatto sta che le chiacchiere stanno a zero e la realtà dice che il fidanzato della ex di mio marito mi ha messo nelle sue cerchie. Ma magari mori.
Insomma io la prendo con molta filosofia, grande eleganza, savoir vivre e bon ton come sempre: amiche, che mazzo faccio? lo cancello? sì dai, lo blocco. Oddio no, dai, lo tengo così spettegoliamo!
Mun, placida: ma toglilo, io  di quei due meno so e meglio sto, sti due stronzi…anzi, me li devo anche incontrare a una festa di una carissima amica comune che palle…non c’ho manco voglia di scambiarci due parole di cortesia.
A questa frase mi scatta il colpo di genio e consiglio di sfoggiare alla festa  un autfit composto da bella maglietta con stampata su la foto del mio matrimonio.
Poi proseguo la conversazione con AmicaUmbra:
certo che è una cosa strana…
– eh, sì. Io sarò anche paranoica ma certo che…boh…
ma tu pensi che sia lei?
– ma no dai, te pare? dici che è una stolcher come me?
– ...non saprei…certo la cosa non le può essere indifferente…guarda noi…
– ho capito guarda noi, ma insomma, io c’ho pure il suo indirizzo e il suo numero di casa, pensavo di essere io quella matta…
ahahah…davvero?
– sì guarda, anzi mo la chiamo, te lo immagini?

Pronto, ciao, sono Frangia, piacere tuo…volevo dirti che il tuo ragazzo mi ha aggiunto su un social, gentilmente puoi dirgli che sono sposata? Grazie.