LE HIT ESTIVE DELL’ESTATE 2017 – “IL SUPERCAFONE ME SPICCIA CASA” EDITION

Salgo e perdo i sensi, penso a quel che pensi, non vorrei fermarmi mai
Vivo i tuoi momenti, sento quel che senti, non potrei fermarmi mai
Oh, se mi cerchi
Oh, non fermarti mai
TU MI PORTI SU – Fish feat. Esa & Kelly Joyce 

Quand’è che l’estate ha smesso di significare qualcosa per me?
Forse da quando ho finito il liceo, da quando all’università agosto significava ritorno in Umbria, da quando a Roma significava passeggio casuale al Pigneto.
Forse da quando soffro il caldo, mi si gonfiano le gambe, da quando sto col Primate e per lui l’estate è sinonimo di studio e preparazione agli esami di settembre e ottobre.
Da quando lavoro in un posto che non fa chiusura aziendale e devi elemosinare due settimane come fossero oro, da quando al mare non ci vado da tre anni.
Forse da quando c’è la possibilità di dire “vabbè in vacanza a dicembre”. Forse da quando le serate di tacchi alti e musica fino alle cinque del mattino sono diventate un pallido ricordo lontano.
Forse da quando ho capito che a me, partire il venerdì per tornare la domenica destinazione Liguria, mi faceva veramente cagare. Forse perché la Liguria è un posto di merda popolato da stronzi [cit.]. Forse perché la Liguria non può clinicamente piacerti se adori l’Abbruzzo.
Forse perché andare in piscina con lo Scarabeo da sola mi piaceva un sacco, arrivavo lì e conoscevo tutti, stavo da sola ma non era un problema trovare compagnia ed è un po’ in contrario di adesso in cui bisogna avere un’agenda pure per prendersi un aperitivo (mi sono ritrovata a dire “incastriamo i calendar” più di una volta con la morte dentro).
Forse perché una volta le hit estive mi piacevano e adesso mi smaronano (Ghali e Tzn esclusi, n.d.a.).
Forse perché sto seriamente invecchiando e arrivo, come oggi, a Luglio che mi sento uno straccio e odio tutti e vorrei solo stare sul divano e dormire dormire dormire.
Forse perché dieci anni fa Genitrice, per me, in estate, era quella che mi vedeva passare in casa per sbaglio preparandomi del cibo e ora io non vedo l’ora di farmi le vacanze con lei.
Tante cose sono cambiate e, sarà che è estate, sarà il caldo, ma non penso che possa andare bene fare un vomito 11 mesi l’anno per stare bene due settimane lontano da casa (e tocca pure dì grazie perché c’è chi sta peggio, *Frate Indovino bestemmiato*).

Detto questo, questo è un blog a carattere analitico, scientifico, e io ho un dovere morale in qualità di bionda procace, quindi indossati i miei sandaletti col pelo solo trendy, presento di seguito le otto hit estive che hanno fatto sussultare anche quel gentleman der Piotta:

8 – NEL MALE E NEL BERE – Briga
“Che cosa vuoi che ti do?” seguita da una incalzantissima rima pena/schiena/falena/Venezuela…che cosa vuoi che aggiungO?

7 – EL PARTY – Jake La Furia feat. Alessio La Profunda Melodia
La premessa è che la lezione di Real Ball si conclude con una seria pesante di squat e la base è una canzone di Jake la Furia. E già non ce semo. Ma poi veramente devo respirare la stessa aria di uno che si fa chiamare “La profunda melodia”? Non mi pare giusto.

6- NON FARE LA SOTTONA – Gordon
Va detto che io, Gordon, lo trovo così brillante che è quasi secsi.

5 – RICCIONE – The Giornalisti
C’è qualcosa di più ridicolo di un PR con la barbetta che si atteggia a poeta pensatore? Tommy, caricami la caipiroska e stai nel tuo.
Particolare attenzione a “e intanto cerco in mare un’aquila reale”.

4 – CONO GELATO – Dark Polo Gang
Li amo, mi sembra di vedere il circolo ricreativo per i figli difettati della mafia Sinti, il tutto ambientato in una Bulgaria appena post sovietica.

3 – LA TOCCO PIANO – HighSnob
Nota di merito alla barra del fidget spinner e alla magliettina della Robe di Kappa da bambino povero.

2 – BENE MA NON BENISSIMO – Shade
C’è un barlume di ironia anche tra i cafoni, grazie.

1- CHE NE SANNO I 2000 – Gabry Ponte feat. Danti
Non si ruba in casa dei ladri, è proprio vero. Gabry Ponte is back and is here to stay, vado a stamparmi una maglietta con la faccia di Marvin e Prezioso.

100 cose da fare nella vita – Giugno 2017 – parte 1

She’s just a girl, and she’s on fire
Hotter than a fantasy, longer like a highway
She’s living in a world, and it’s on fire
Feeling the catastrophe, but she knows she can fly away
Girl on Fire – Alicia Keys

In rete girano un sacco di queste liste, è una roba molto alla BuzzFeed e anche io che non sono immune alle mode, ho spesso pensato di fare un elenco tipo “cose da fare prima dei 30″…poi i 30 sono passati, non mi sono mai messa seriamente a raccogliere le idee e un sacco di obiettivi sono stati portati a termine (ho visto NewYork, visitato in lungo e largo la Birmania e l’Argentina,  comprato un vestito elegante e costosissimo- quello da sposa – , prenotato una vacanza da sola con mia mamma, fatto ricrescerei capelli, ridotto il seno, mandato a fanculo testualmente un capo, imparato l’inglese e molto altro).
Il primo anno che stavamo insieme, io e il Primate avevamo creato una splendida abitudine: su un quadernetto appuntavamo tutte le cose che avremmo voluto fare insieme nella vita, una sorta di diario dei sogni possibili e ogni volta che potevamo sbarrare una voce ci sentivamo pervasi da un senso di gioia e soddisfazione impagabili.
Poi, con la convivenza, questo rito si è estinto, ma sarebbe bello riportarlo alla vita, perché la nostra eternità dovrebbe potenzialmente durare un’altra cinquantina di anni è bene fare programmi.

100
Comincio con la mia lista che, ovviamente, in moltissimi punti comprende la presenza del Primate.
Ecco quindi la prima metà della lista di 100 cose che vorrei fare una volta durante la vita e prima di morire:

1- Ospitare una persona bisognosa in casa per almeno un mese

2- Rasarmi a zero con la macchinetta, da sola.

3- Visitare i continenti su cui non ho ancora messo piede (Oceania, Antartide)

4- Percorrere tutta la Transiberiana

5- Fare il pane fatto in casa ma fatto bene,  a mano.

6- Non fare shopping per 6 mesi consecutivi

7- Passare un periodo di iperfitness senza però prendere proteine o ammorbare gli altri       con lo sport (non faccio nulla di tutto questo, ma non faccio manco iperfitness al                 momento)

8- Correre una mezza maratona

9- Farmi dipingere col body painting

10- Prendere la patente

11- Andare a un concerto degli U2

12- Fare un viaggio di almeno 3 giorni da sola, per turismo e non per lavoro

13- Scappare da un bar senza pagare dopo aver fatto una copiosa colazione

14- Farmi ipnotizzare per togliermi la fobia degli aghi e dei ragni

15- Farmi fare un altro tatuaggio (ne ho 3, n.d.a.)

16- Sfilare su un red carpet

17- Mollare il lavoro del mazzo e buttarmi in qualcosa di molto appassionante

18- Vivere di nuovo almeno 6 mesi all’estero

19- Fare uno o più figli, possibilmente femmine e coi capelli rossi, oppure adottarne

20- Passare una settimana su un atollo tropicale magari in un resort di lusso (ma anche            in un resort di medio lusso potrebbe andare bene)

21- Partecipare al Burning Man 

22- Fare un’immersione marina

24- Andare in una spiaggia nudista, nuda.

25- Cantare in un locale di Karaoke in Giappone

26- Passare un intero mese senza truccarmi mai

27- Fare sei mesi mangiando solo cibo vegano

28- Passare un intero anno senza bere alcolici (ho fatto un anno senza cocktail ma senza          vino mi sa che è molto più dura)

29- Dire per un giorno intero (non festivo) tutto quello che penso quando mi viene in                 mente

30- Fare un lancio col paracadute indossando il rossetto rosso

31- Fare un viaggio intercontinentale in bisnesclas

32- Fare un servizio fotografico nuda (ci sono andata vicina ma non è la stessa cosa)

33-  Comprare una casa in Umbria, nel mio borgo natìo, piccola e arroccata, di quelle che         i locali non vogliono più e che gli Inglesi si ammazzano per avere

34- Fare una coperta a maglia, di quelle a quadrettoni anni Settanta-Ottanta

35- Vestirmi da Babbo Natale a Carnevale

36- Fare un viaggio in barca a vela, magari alle Eolie

37- Organizzare e partecipare a una tregiorni sul divano

38- Trascorrere un mese mettendo tutti i giorni i tacchi alti

39- Partecipare a una degustazione di champagne in Francia

40- Ballare swing in un club di Brooklyn a NewYork

41- Imparare qualcosa che non so per niente, da zero

42- Mangiare un muffin di marijuana ad Amsterdam

43- Smettere di sentirmi in colpa senza motivo

44- Andare a cena da Gordon Ramsey

45- Fare skydiving in un posto bello

46- Imparare a farmi il Cosmopolitan da sola (potrebbe essere la fine)

47- Fare un giro in elicottero per vedere dall’alto una grande città, magari Rio de Janeiro

48- Trascorrere una settimana senza tecnologia, no internet e no telefono

49- Sentirmi almeno un giorno intero bellissima e molto soddisfatta di me

50-Intervistare uno di Anonymous (eh, tu, anonimus, se mi leggi, mandami una mail!)

(la seconda parte seguirà appena il lavoro mi darà tregua, è una roba complessa questa qui eh, bisogna concentrarsi)

 

 

 

WEDDING FOR BLONDIES – I 15 GRANDI MA ANCHE BASTA DEI MATRIMONI 2017

Post lungo e rivolto principalmente alle gentili donzelle perché, non nascondiamoci dietro un grissino, l’organizzazione del matrimonio è una psicosi che dà il meglio di sé con le menti femminili (no, nessuna teoria del gender)

Quattro anni or sono scrissi questo post in cui elencavo i 15 punti da tenere a mente per organizzare un matrimonio della madoro, confermo a distanza di tempo che avevo ragione su tutta la linea.
Da quel dì molte pantegane hanno nuotato sotto i ponti e, soprattutto, abbiamo assistito inermi al proliferare di riviste, pagine feisbuc, blog, canali instagram e tanta tanta tanta tv a tema “wedding”. Penso che se Cielo e RealTime smettessero di passare programmi sui matrimoni la programmazione si ridurrebbe al melange di grigio, le righe di colore e Gordon Ramsey. tv colori
Ringrazio Dior per essermi sposata prima che tutto questo accadesse, quando questa bomba di confetti e petali di rosa sintetici comprati su AliExpress a due centesimi al quintale esplodesse, permettendomi così di vivere il mio grande giorno in relativa serenità e facendo cose che piacevano solo e soltanto a me. O quantomeno di sfuggire il più possibile all’influenza auanagana che l’America sta avendo sulle nostre cerimonie nuziali.
In questi quattro anni, da invitata/testimone/truccatrice ho partecipato a più matrimoni di un prete e oltretutto quest’anno convolano anche AmicaUmbra e Altissimo aka il Sensibilone, quindi ci sto dentro abbomba di nuovo.
Nzomma, complice questo articolo su Vogue USA, ho ritenuto opportuno elencare i 15 GRANDI MA ANCHE BASTA dei matrimoni per il 2017.  Non dimentichiamo, dopotutto, che questo è sempre stato un blog di divulgazione scientifica.

Allora, care sposine del 2017,  se è pur vero che è impossibile essere immuni dalle mode del momento, ci sono dieci cose a cui dire finalmente basta perché no, non sono originali, no, non hanno senso, sì, c’hanno rotto ercà.

1) Concordo in tutto con  l’elenco di Vogue eccetto una cosa: la rivista della Wintour dice NO al matrimonio completamente in bianco. Questo per me invece rimane sempre il colore più bello e fine. Ci sono milioni di feste da addobbare come Sendi dai mille colori-mille colori dei fiori. Il matrimonio è una festa diversa e con un bianco latte non si sbaglia mai.  Se c’è un colore che dovete evitare quello è il rosso: è cafone 10 volte su 10.
2) Il rito dell’acqua, del fuoco, della sabbia, delle rose: ma che è? Ma per cortesia.
E’ un matrimonio e non mi pare di aver visto sciamani nei dintorni. Questa cafonata di unire sabbia, acqua, fiammelle, scambiarsi fiori deve finire una volta per tutte. Nella convinzione degli sposi di essere originali, si sta assistendo a una sequela di riti improbabili e con un sottotono trash uno dietro l’altro. Shakespeare, Neruda, Ovidio…basta poco per avere un tocco di poesia e creare atmosfera. E’ una promessa d’amore non la Fiera del Levante.
3) Corona di fiori, chignon laterale, treccia spettinata: diamoci un taglio. Gli ultimi tre anni sono stati un trionfo di matrimoni in stile boho-chic (al secolo hipster/hippy ripulito). Hanno iniziato a spuntare ovunque foto di matrimoni inglesi con cerchietti e corone di fiori freschi, foto dei due sposi che guardano per terra e magari indossano le galosce in un tappeto di foglie bagnate. Non si capisce come ma questo grande stile bohémien e questa grande natura chic siano insiti in pressoché chiunque, la cameriera di Busto Arsizio quanto la ragioniera di Chieti, l’assistente del dentista di Gemona del Friuli e la proprietaria di un autosalone di Frosinone….tutte così, tutte latifondiste inglesi sedicenti chic (cugine col buongusto delle care vecchie shabby-chic ovvero quelle coi bancali de legno pitturati con la tempera bianca, Dior perdonaci).
Non dimentichiamo che la corona di fiori del 2017 è la tiara di strass del 2005, non si scappa. E’ ora di cambiare musica, sta roba è carina -sì- ma ha fatto il suo tempo già da un po’.
4) I cuscinetti delle fedi alternativi: se si chiama cuscinetto delle fedi, un motivo ci sarà pure. Ma no, la sposa creativa deve inventarsi qualcosa, il cuscinetto non è abbastanza, è troppo semplice, bisogna trovare l’ideona. Quello che normalmente sarebbe un rettangolo imbottito di tessuto chiaro con due nastrini a legare gli anelli diventa qualunque cosa: un mazzo di fascine tenute su col pizzo, un cuore di saggina, una fetta di legno, un cespuglio di muschio, un libro con le pagine intagliate a cuore.


Volete che il vostro cuscino portafedi sia unico come il vostro amore? Allora forse non è il caso di cercare di copiarne uno visto su Pinterest da voi e altri 46 milioni di utenti, nevvero?
Se avete una nonna che ricama, sarà felice di farvene uno, sarà un po’ vecchio stile ma unico e pieno pieno pieno di sentimento. Non avete la nonna di cui sopra? Prendete quello che vi regalano con l’abito da sposa e spuzzatelo col vostro profumo (sotto, non sopra, ché il profumo fa la chiazza). Insomma, se volete qualcosa di originale, la tradizione con un pizzico di personalità è sempre una buona idea.
5) Le bolle di sapone al posto del riso: dai, basta. Ne abbiamo viste a forma di cuore, di torta nuziale, di anelli, de mi nonno in cariola. Viste, riviste, straviste…anche basta.
Volete fare felici i bambini? prendetene 4 o 5 solo per loro, ma non pretendete che rischi di sporcarmi il mio Max&Co di pura seta con lo zio al terzo Campari che mi rovescia addosso acqua e Nelson Piatti nella foga di fare le bolle.
6) La “wedding bag”: ovvero questa borsetta con la quale si danno agli ospiti degli oggetti utili per affrontare la giornata. Nelle intenzioni conterrebbe gadget personalizzati e fighi come le ballerine da borsetta per le donne per togliersi le scarpe col tacco, le mentine con su le iniziali degli sposi, un ventaglio se è una giornata di sole. Nella pratica sono ste bustine di carta pacchi marrone con dentro una bottiglietta di acqua San Benedetto e se va bene anche i fazzoletti del Lidl con su un adesivo coi nomi degli sposi. Già che se ti vuoi sposare non devi andare a risparmio, figurarsi andare a risparmio sul superfluo come i gadget. Vuoi risparmiare? Non fare i gadget. Anzi, meglio: vuoi risparmiare? Non sposarti, prendi la pizza a domicilio e pagala coi ticket restaurant. Sta roba non serve a nulla e ha smesso di essere originale nel decennio scorso.
7) L’allestimento della Bormioli: un tripudio di barattoli ovunque, contengono qualunque cosa tranne quello che vorremo trovarci (il sugo de nonna, n.d.a.). Barattoli di confetti, barattoli di caramelle, barattoli con dentro le lucine, barattoli con dentro le candele, barattoli con dentro i fiori, barattoli con dentro i sassi.  Barattoli sui tavoli, barattoli sui tronchi di legno, barattoli a terra, barattoli appesi agli alberi. Barattoli, barattoli, barattoli ovunque…barattoli #likenotomorrow. Barattoli che sinceramente hanno scassato il mazzo.
Ci sono miliardi di contenitori che possono contenere i fiori in modo elegante e originale, basta pensarci un po’ su e vedrete che vi viene qualcosa di diverso dalla marmellata SantaRosa.
8) Il tavolo imperiale con le lucine: capiamoci, è scenograficamente meraviglioso.

tavolo imperialeE’ super chic, fa una scena pazzesca, stupisce e permette allestimenti che nessuna sala a tavoli tondi da 10 permettebbe, crea atmosfera e dà un colpo d’occhio allucinante.
Insomma, è indimenticabile. Se il vostro matrimonio è una cena per 20 persone.
Se poco poco si è più di una classe delle medie si trasforma in un incubo, sempre indimenticabile, ma non per il motivo che vorreste voi. Non solo c’è a malapena posto per i piatti tra luci, suoni, frizzi, lazzi, mazzi, ma se capitate seduti male vi ritroverete quelle tre o quattro ore del pasto con il vostro più-uno accanto, la zia vecchia della sposa accanto dall’altro lato, il marito della collega dello sposo di fronte e – se proprio siete nati sotto la luna nera – i reghezzini.
Quello che dovete capire è che, seppur le foto sono importantissime in un matrimonio, quella che state preparando è una festa, non un set. Va benissimo curare i dettagli ma non dimenticate che il miglior ingrediente per la riuscita di un evento sono gli invitati…evitate che caschino loro i coglioni, dategli del buon cibo, fateli accomodare a loro agio e vedrete che nelle foto ci saranno meno lucine ma più sorrisi splendenti
9) L’anarchia a tavola (aka l’assenza del tablò mariasg): una pratica che non conosce tempo e che sarà abbandonata sempre troppo tardi. Non si sa bene perchè ma qualche coppietta di simpatici bontemponi deve aver pensato che assegnare i posti a tavola fosse superato. Me li vedo, il signore e la signora NonCapiscoUnaMazza dirsi “ma sì, ma non ingessiamoli, lasciamoli liberi di mettersi come preferiscono, è ingiusto imporre la nostra visione, ritmo e vitalità”. Ecco, questa è quella che definirei una gran cagata. Il giorno del matrimonio è una specie di fiera del mobile ma con buffè libero, un meltin’ pot di gente col mal di piedi che vuole solo posare il culo e riempire la pancia. Mai, mai, mai affidarsi al buonsenso altrui. Gli zii non conoscono i vostri amici dell’università, si siederanno a caso evitando accuratamente i consuoceri che a loro volta rischieranno di sparare aneddoti imbarazzanti al tavolo coi colleghi. Immancabilmente qualche coppia finirà spaiata, lui al tavolo dei parenti e lei a quello dei compagni di tiro al piattello del patrigno della sposa.
Fate dei cavolo di segnaposti, fatevene una ragione, sono utili e semplificano l’esistenza a tutti.  Diciamo tutti un grosso NO al gioco della sedia e Sì all’ordine.
10) Il Photoboot: il fotobut è quell’angolo con una grossa cornice tipo polaroid con scritto #Gianfranco&MarisaSposi in cui la gente dovrebbe farsi i selfi, magari usando delle originalissime bacchettine con appiccicati baffi, bombetta, occhiali e via andare. Era tanto carino…nel 2012. Io capisco benissimo il fatto che possa piacere che il proprio evento abbia anche una risonanza “social” però ormai non ha più senso. Ormai la gente usa Snapchat e per fare le foto state già (mi auguro) pagando un paio di mila euro un fotografo professionista.
Volete fare una cosa originale? Mettete a disposizione un armadietto custodito in cui chiunque possa lasciare il cellulare per godere appieno della giornata. No-tech is the new cool.
11) Il lancio delle lanterne: ohhh, questo gesto così simbolico di far volare verso l’infinito questa piccola mongolfiera di tessuto non tessuto, fildiferro e diavolina. Quanta poesia! Le lanterne sono tutte prodotte in Cina, tinte con l’acqua lercia del Mekong, se non bianche macchiano le dita in maniera indelebile chissà con quali conseguenze per la salute, se state in campagna rischiano di far divampare un incendio, se ne alza in volo una volta ogni 19 accese e soprattutto hanno rotto i coglioni. Erano belle ma, novità, non lo sono più. Basta, basta, basta.
Se avete i soldi e non avete un cane fate i fuochi d’artificio, sennò – meglio ancora – il botto dei tappi di due casse di Franciacorta in più faranno sicuramente più felici gli ospiti.
12) L’angolo sushi/l’angolo cubano: si è immotivatamente diffusa questa moda da qualche anno  di mettere sti angoli improbabili. Ora, senza fare Giorgia Meloni, ma siamo italiani…perché dobbiamo avere un angolo del sushi? Capirei in caso di unioni italo-nipponiche, ma se una è di Verona e quell’altro di Lecce…che ci azzecca il sushi? Perchè non un bel crudo di pesce piuttosto? E l’angolo cubano sigari e rhum alla fine…davvero, cosa aggiunge? Non si può avere un bel tavolo di bollicine di spessore ghiacciate?O meglio ancora, un barman professionista che sa fare un Cosmopolitan come Carrie comanda e degli alcolici che non siano del discaunt  è sempre sempre sempre una buona idea. Nessuno può mettere Baby in un angolo, ma manco il sushi e manco i malsani sigari.
13) Il secondo bouquet per il lancio: una pratica sempre più diffusa quanto fastidiosa. Molte spose decidono che il loro bouquet migliore, quello con cui si recano all’altare, non è degno di essere concesso a una delle nubili schierate alle loro spalle durante il rituale del lancio. No, quello se lo vogliono tenere, lo vogliono seccare a capoccia in sotto vicino a un termosifone e tenere a fare puzza di cimitero in un qualche armadio. Quindi se ne fanno fare un altro coi fiori da due lire da usare per il rituale. Lo trovo patetico e anche un po’ offensivo. Parliamoci chiaro: quello che ora vi sembra il mazzo di fiori della vita, tra una settimana sarà un mazzo di fiori e basta.
lancio
Godetevi il momento, festeggiate, fatevi una risata e datevi un abbraccio con l’amica che avrà il dono floreale piovuto dal cielo. Tenetevi un nastrino per ricordo, una foglia da seccare nell’album fotografico e far annusare ai posteri e lasciate fluire tutto il resto.
(No, non parlerò di quelle che scelgono i buchè di stoffa/carta/plastica/biowashball)
14) La torta in pasta di zucchero e i suoi cupcake: fortunatamente da un anno e mezzo a questa parte è stata spiazzata dalle più in voga “naked cake”, ovvero l’arte di venderti una torta che non mi sforzo manco di decorare e spennarti allo stesso tempo (va detto che in effetti questi dolci sono carini). Nonostante ciò la torta coperta dall’odioso e insapore strato di pasta di zucchero o cioccolato plastico continua a riproporsi in tutti quei matrimoni che vorrebbero uno stile “principesco”. Alcuni ristoranti addirittura propongono torte in polistirolo coperto con la pasta di zucchero solo per la foto, per poi servire delle torte normalissime e decisamente più buone. Alcuni propongono una più dignitosa crostata di frutta o una banalmente buona millefoglie. Sempre presenti, non si capisce secondo quale ratio, i cupcake: queste tortine panose al cioccolato o peggio  ai mirtilli che già si intoppano a colazione, figuramose dopo un pranzo di matrimonio. Se mi dai i cupcake pretendo pure il cappuccino, ma se non me li dai stiamo tutti meglio.
I have a dream: un ritorno delle torte classiche, coperte di panna montata fresca, con dentro un po’ di frutta o le gocce di cioccolato.
15) Le damigelle: come al solito ho lasciato per ultimo il capitolo che mi genera più astio. Quella delle damigelle è davvero una moda che non solum non capisco, sed etiam detesto. Nella tradizione americana hanno un ruolo ben preciso (che non mi è comunque molto chiaro), ma da quando in qua la tradizione americana sarebbe per noi un punto di riferimento? Perché a sto punto allora voglio vedere anche le cofane di pasta Alfredo scotta nei contenitori di acciaio scaldati a bagnomaria come all’Hilton di Sharm-el-Sheik. Le damigelle nelle nostre cerimonie non hanno un ruolo, non hanno un senso, non hanno un posto assegnato né in comune né in chiesa…perché lo fai, disperata ragazza mia? [cit.]
Senza contare che trovo di una cattiveria inaudita obbligare un gruppo di amiche che al 99% hanno fisicità, pelle, capelli e occhi diversi a indossare un solo modello di abito di un solo colore. Sono amiche, perché fare loro questo orrendo torto? La panzona rossa, la culona mora, la scrocchiazzeppi con lo shatush…tutte con sto monospalla a fiori sui toni del glicine che starebbe male anche su una poltrona.
damigelle
Assegnare alle amiche il ruolo di damigelle è un’uscita d’emergenza dalla situazione in cui l’unica cosa che dovreste dire è : lo so che siamo tutte amiche, ma lei è mi più amica di voi, quindi mi spiace, lei è la mia testimone e a voi vorrò comunque bene ma vestitevi come vi pare e sedetevi dietro i parenti.
State per prendervi un impegno per sempre, state firmando documenti ufficiali, promettendo di passare tutti i vostri giorni con un’altra persona, siete probabilmente a dieta da mesi e state spendendo una quantità di soldi oltre ogni ragionevolezza per una sola giornata, è il momento di prendersi anche questa responsabilità: dite no alle damigelle e sì all’onesta.

Seguendo i miei vecchi e sempiterni 15 dettami e evitando queste 15 mode-passate-di-moda è abbastanza probabile che organizzerete un matrimonio davvero spettacolare, che vi rappresenti e esprima da ogni filo d’organza chi siete e quanto amate il vostro bellissimo.
E, citandomi addosso, ricordate che l’imperativo è solo e soltanto uno,
restare concentrate, attente, orientate al target, col cuore oltre l’ostacolo, con la mission tatuata nella mente, focalizzate sull’obiettivo: ESSERE LA PIU’ FIGA.

 

10 DOMANDE SULLE MIE FUTURE TETTE – CHIRURGIA PLASTICA CAPITOLO 3

Sto per chiudere un grosso (molto grosso) capitolo della mia vita, quello di Frangia la tettona.
E’ abbastanza strano perché lo sono praticamente da circa 20 anni, e scusa se è poco.
Che lo voglia o no e per quanto lo abbia detestato, il mio seno è una delle mie 5 caratteristiche principali (insieme a un forte accento umbro, un senso dell’umorismo che scansate, due splendidi occhi verdi perennemente a forma di rana e qualcosa che ora non mi viene in mente).
Dunque, alla vigilia dell’antivigilia del mio intervento, ci sono una decina di quesiti che mi tormentano:

10) Quanto mi farà male una volta svegliata in una scala da uno a Germano Mosconi?

9) Potrei anche io diventare dipendente dagli antidolorifici come una vera diva di Holliwood?

8) Ma una terza, in realtà, è troppo piccola? Sono pronta ad avere delle “tettine”?

7) Gli uomini cominceranno davvero a guardarmi prima in faccia? Questo implica una maggiore cura della pelle obbligatoria?

6) Come mi staranno tutti i miei attuali vestiti?

5) Se tanto mi dà tanto, al diminuire della sporgenza delle tette, aumenterà la sporgenza della panza?

4) Quanti soldi spenderò in costumi da Calzedonia in una scala da zero a Elisabetta Gregoraci?

3) C’è davvero vita senza mal di schiena?

2) Esisterà un’Anonima Tettone a cui donare tutti i miei costosissimi e antisessissimi paracadute?

Ma soprattutto…

1)  Avrò mica la sindrome delle tette fantasma dopo?

 

LE 5 CANZONI PIù IMPROBABILI DEL MIO 2016

Prima di avere Spotifai Premium mi chiedevo chi mai potesse pagare per avere Spotifai Premium. La risposta era semplice: io.
Spotifai Premium è come Scai, una di quelle robe che finché non le hai ti sembrano inutili. Poi ne vieni in possesso e, se un giorno arriva qualcuno (leggi: la spendinreviù familiare, il cambio numero di carta di credito, una vecchia Postepei che non ricordavi di avere con su del credito che a una certa finisce) , dicevo, se arriva qualcosa o qualcuno che ti tronca gli abbonamenti ti sento brutto, povero e solo, la tua vita sembra noiosa e dover ascoltare trenta secondi di pubblicità ogni cinque canzoni ti appare un sopruso al tuo animo che altro non vorrebbe fare che abbandonarsi alla musica.
Nzomma, c’ho Spotifai Premium perché me lo ha regalato Vodafone e non appena scadrà, porcamignotta, so che inizierò a pagare per averlo. Oh, negli anni Ottanta sarei stata un’eroinomane (forse eh, non so se avrei potuto tollerare di avere una pelle di merda) e nei Dumilaetocca pago per avere contenuti a disposizione ovunque e in qualunque momento.
Ebbene, anche io pochi anni fa, in un impeto di poca lungimiranza, mi dicevo: ma chi cacchio vuoi che si metta a guardare le serie tv sul cellulare in metropolitana. La risposta era semplice: io.
Pipponi sulla dipendenza da tecnologia non accetti, tencs.
Morale della favola, Spotifai, da un par di mesi, mi propone una lista di brani che ho ascoltato molto nel 2016. Alcuni sono i miei classici di sempre, alcuni sono brani vergognosi in svariati dialetti sudamericani con due minimi comuni denominatori: testi volgari e saundtrec delle mie lezioni di zumba, altre sono canzonette su cui mi sono scimmiata per qualche giorno.
In generale, comunque, alcuni brani mi risultano particolamente inspiegabili poiché non sono affatto da me. Non si capisce proprio come mi siano capitate nelle orecchie e perché ce le abbia rimesse più e più volte.
Ecco dunque la classifica delle 5 canzoni più improbabili del mio 2016:

 5- Tearin’up My Heart – *NSync 
Probabilmente un rigurgito di scuola superiore, Fornarina, merendine Kinder Brioss sulle scale della scuola fascista, riga in mezzo, felpa Fruit of the Loom, lettore CD AntiShock et similia. Pressoché inspiegabile.

4- Odio le Favole – Ermal Meta
Evidentemente avevo intuito il potenziale del novello profeta sanremese. Peccato che la canzone di quest’anno mi facesse cagarone one one (letto “uan”, come il pupazzo Uan).
Quello che mi aveva colpito molto era la presa di posizione pro LGBT con un arcobaleno sugli occhi in diretta. Mica per la presa di posizione (dai, chi mazzo è che non sostiene la causa nel facchin’2017? Adinolfi non degno di essere considerato da nessuno) ma per l’idea di penalizzare il suo contorno occhi già martoriato.
ermalmeta
Poi c’è una frase che mi faceva sempre dire “quant’è vero!” che recitava: per stare bene penso a te, per stare male penso a te e me
Come ho potuto vivere le mie pene d’amore tardo adolescenziale senza questa massima? è un mistero misterioso.

3 – Who is afraid of gender? Immanuel Casto feat. Romina Falconi
La canzone è bruttarella ma mi deve piacere per principio. Ora, tra dire pubblicamente che mi piace ed ascoltarla , ce ne passa. Bah.
Il video però è una chicca, guardatelo.

2 – Si sboccia poveri – Gordon
Ma che è sta monnezza? bah. Se va bene bene, se va male bere. Che monnezza.

1 – Heaven – Bryan Adams


Ora. Bella è bella eh, niente da dire. Ma io ho due grossi problemi con sta canzone: il primo è che riascoltarla a pallettone nel 2016 è veramente inconcepibile, il secondo è che  l’ho associata indelebilmente a uno che ha fatto i provini di The Voice anni e anni fa e di cui, mio malgrado, ricordo nome/cognome/provenienza/aufit.

Nzomma, ce l’abbiamo tutti una pleilist di cui ci vergogniamo, sono sicura che qualcuno ha i FrenchAffair nascosti tra Battisti e Guccini o i Modà tra i Guns’n’Roses e De André.
No dai, non scherziamo, i Modà no.

Le 5 canzoni di un genere che non so definire ma che sono proprio di quel genere che mi piace tanto

A parte che è una vita che non scrivo una specie di classifica.
A parte che non leggo un libro di Hornby da troppo tempo.
E poi comunque io a ste definizioni moderne tipo “prog” non le capisco mai bene del tutto fino in fondo, già pe raccapezzamme co “indie” c’ho messo i miei tempi.
La musica è un argomento complesso da trattare.
E’ molto più personale del fatto, ad esempio, che ho il ciclo decisamente poco abbondante.
Ne ascoltavo di meglio da ragazzina, ero più aggiornata, mi sparavo emtivì di continuo e masterizzavo anche l’animadelimejo. Comunque sia se non ho il lettore emmepitrè mi sento abbastanza male. Poi però non c’ho mai voglia di cambiare i file dentro e arrivo ad ascoltare le stesse cose per mesi e mesi.
Quando mi capita (ma quando mi capita?) che mi chiedano quale sia la mia canzone preferita rispondo sempre, per pigrizia, Don’t speak dei No Doubt. In effetti è una canzone che mi piace tanto ma non credo che sia la mia preferita, diciamo che è una risposta preconfezionata che accontenta un po’ grandi e piccini, rocchettari e cafonari.
Ma poi, preferita de che? Preferita se sto al quarto gin lemon, me fanno male i piedi per i tacchi e sto con le amiche allora è L’amour toujours. Preferita se mi voglio tagliare le vene per lungo e largo e dietro le ginocchia come il poro Seneca,  probabilmente è Replay di Bersani.
Insomma, la musica è una roba complessa, cambia con l’età e coi periodi e coi ricordi che ci si associano.
E’ per questo che lentamente sono arrivata a comprendere quale sia il genere di canzone che mi piace tanto, quello che non citerei mai tra i miei preferitissimi ma quando passa nella riproduzione casuale del lettore non salto mai. Nzomma quella singassong che è sempre il momento buono per ascoltarla.

E quindi ecco le cinque canzoni tipiche del genere che piace tanto a me:

5. Jaqueline – Franz Ferdinand

4. Love Long Distance – The Gossip 

3. Bugiardo – Tre allegri ragazzi morti  

2. Lonely Boy – The Black Keys

E prima tra tutte una canzone che adoro, seguito della splendida Andate tutti affanculo ben più famosa, dalla melodia fricchettona e ondeggiante, ste schitarrate da scampagnata con la parrocchia, il coro da concerto mbriacone, e dal testo ricco in perle di saggezza.

1. Atto secondo – Zen Circus 

 

Le salamelle ve le girate da soli

Ma quanto è bello è poter dire “te l’avevo detto”?


La sinistra m’è sempre stata un po’ sulle balle per vari motivi tra cui si possono annoverare: le giacchette di pannolenci verde marcio, l’eschimo, il fatto che mio nonno paterno devolveva soldi al PC e non mi faceva il regalo di Natale. 

Nonostante ciò, in mancanza di un partito di destra sociale e laica, ho dovuto rivedere un po’ i miei parametri e votare SEL, sbandierando la giustificazione che “solo i piccoli uomini non cambiano mai idea”.
Il PD però non mi è mai sceso (vedi qui), in questa grande coalizione dallo spirito europeo ma anche nazionalista, laico ma anche cattolico, liberale ma con un occhio al comunismo, di sinistra ma anche renziano, di rinnovamento ma anche conservatore, io non ci ho mai creduto. Il mix&match per me non funziona nella moda, figurarsi coi valori morali e politici.
Ste magliette di Che Guevara, ste bandiere falce&martello sventolate dai sedicenni, sto rimando a Togliatti e Gramsci durante il concertone del primo maggio m’hanno veramente sempre lasciata perplessa e annoiata, anche quando sedici anni li avevo io. 
Però è comprensibile, è folklore, sono luoghi comuni, è il nazionalpopolare che si incarna nelle manifestazioni. Tutto giusto, infatti so cent’anni che ci stanno le feste dell’Unità e il lambruscaccio, e i panini dello zozzone, e Guccini in stereofonia, e il gruppo del paese che si esibisce e via andare. 
E su tutto questo il PD ci ha contato, sempre e comunque. Europei sì, ma la salamella fammela ben cotta. Si potrà dire che questi erano momenti di incontro tra el pueblo unito e i piani alti, Franceschì rollame sta canna. 
Insomma, io penso tutte queste cose ma li ho lo stesso sempre preferiti al Berlu nella convinzione – fino a una settimana fa incontrovertibile – che tutto è meglio del Berlu e peggio di lui non c’è nientennessuno. 
Poi, damblé, Napolitano. E più che Napolitano, non-Rodotà. 
Per la serie: se una cosa può andar male lo farà e sarà peggio. Applausi al nonno che avanza, salvatore della patria, anzianotti che giura e rinnega tutto e il contrario di tutto in meno di una settimana. 
Altro che Partito Disastro, ormai PD è la sigla di una bestemmia detta a voce alta in chiesa. 
E quindi, anche se non ci avrei mai sperato, eccomi a scrivere l’elenco delle 10 cose che il PD potrebbe fare per prendere meno di Futuro e Libertà alle prossime elezioni:

  1. vivere di solo antiberlusconismo 
  2. “perché Berlusconi ha le televisioni” e poi non fare la legge sul confilitto di interessi
  3. “perché Berlusconi ha le televisioni” e poi non regolamentare le reti televisive
  4. “perché Berlusconi va a mignotte” e poi Marrazzo
  5. “perché la Lega e le mazzette” e poi Penati
  6. “mai con Berlusconi” e poi cercare un governo di larghe intese con il PdL
  7. “perché il porcellum” e poi sempre quella
  8. “perché Grillo è un buffone” e poi la ricerca disperata dell’alleanza con Grillo
  9. “perché apriamo all’alleanza con il M5S” e poi Rodotà no perché è proposto dal M5S
  10. “perché le primarie sono uno strumento valido” e poi “Se c’era Renzi…”
  11. Una campagna incomprensibile e pure parecchio brutta
  12. Essere laici e allearsi giustamente con Vendola ma anche Rosy Bindi
  13. Opposizione questa sconosciuta
  14. L’IMU è cattiva ma votiamo l’IMU
  15. Franceschini, Fassina, Rutelli e altra gente che come apre bocca serve un antiemetico
  16. Mi è sembrato di sentire “D’Alema”
  17. Tutte le varie mosse del giaguaro
  18. Esiliare all’estero una brava come la Serracchiani
  19. Smettere di copiare le battute a Crozza e copiarle invece a Cirilli
  20. Sbeccarci la manicure
  21. Sbavarsi di olio mentre mangiano il pollo
  22. Finanziare il tour di Emma Marrone
  23. Votare a favore della secessione inneggiando a Garibaldi
  24. Lasciarci sempre l’asse del water tiepida
  25. Fare la polemica guanciale/pancetta mentre prepariamo l’amatriciana
  26. Attaccare la pippa su Dan Brown e i segreti del vaticano
  27. Non dirci che abbiamo i denti macchiati di rossetto
  28. Battersi contro tutti per vincere le primarie e poi dimettersi
  29. La morte di Berlusconi

 

WEDDING FOR BLONDIES – i 15 punti fondamentali per l’organizzazione di un matrimonio dì-vì-nò!

Oggi mancano esattamente quattro mesi al giorno delle nozze. Non me ne capacito molto, anzi, diciamo che nonostante sia quasi tutto organizzato, io ancora non realizzo.
Ho organizzato eventi per lungo tempo quindi non mi spaventa fare una lista di problemi pratici da risolvere in maniera geniale, economica ed elegante, anzi, mi sento motivatissima. Non mi viene l’ansia e trovo sempre un fornitore più economico della media, la sto prendendo bella sportiva e sciallata, tranzolli bellazio maranza.
Però questo è un blog di informazione scientifica per cui c’è un bisogno assoluto di un vademecum per sposine impreparate e spaventante che vogliono essere pheeghe pheeghe pheeghe in modo assurdo, al grido di “Cheit Middelton, se c’avevo i sordi tua facevo sonà David Guetta”.
Innanzitutto: avete già il diamante al dito? Questo è fondamentale, perché senza diamante non c’è matrimonio, è un diktat, non si discute. Se lui continua a blandirvi con frasi su quanto sia una roba superata, all’antica, non si usa più, piuttosto ti porto in vacanza, ti pare di spendere soldi per un gioiello, ma non mi hai detto che ti piacciono le robe di Accessoraiz, c’è solo una cosa da fare: ignoratelo. Il vostro mantra è “no anello, no party”. E badate bene che se accettate il matrimonio senza il brillocco, prima o poi sarete disposte ad accettare di tutto. Quindi no.
Se invece siete nella fase successiva, quella della progettazione dell’evento del secolo, tranquillizzatevi: la parte più difficile è fatta, avete trovato uno che vi piace e che vi sposa. Se ve pare poco, ammazzateve.

 Se sul vostro anulare campeggia ora un bel solitariello, ecco, continuate pure a leggere i dettami per l’organizzazione di un matrimonio bellissimo: il vostro!

1) Partiamo da principio: fate una lista delle cose che non vi vegono in mente.
E una dice: se non mi vengono in mente come faccio? Te lo dico io, copia qui: budget massimo NON sforabile, lista invitati,  partecipazioni, lista nozze, bomboniere, misanplàs e tablòmariage,  ristorante, luogo cerimonia, addobbi, automobile, testimoni e loro regali, hotel per invitati forestieri, musica musica musica, fedi. Il primo che mi dice che non ho scritto vestito/scarpe/trucco/parrucco è un povero scemotto del paese, perché noi a quello pensiamo costantemente, sempre, da sempre, per sempre.
Da questa prima lista sommaria si dipaneranno le più e più svariate trame complicate. Quindi farete, a parte, dei sottoschemi del tipo: bomboniere, con o senza confetti? confettata? sacchettino? biowashball?

2) Leggete e leggete e leggete letteratura e informazione di genere: blog, manuali, gogòl imeig, riviste, tutto. Non imparerete molto, il sapere è tutto qui, ma vi verranno un sacco di idee, vi sentirete confuse e frustrate dal costo allucinante di molte cose carine come i cuoricini segnaposto di lavagna. Ma non dimenticate mai due cose: a) essere imbronciate fa venire le rughe, b) non avete abbastanza soldi, quindi solo le idee geniali vi salveranno.
3) Liberatevi dalla convinzione di poter fare le cose fatte in casa, non è sempre così risparmioso ed efficace. Alcune cose sì, sicuramente possono venire bene. Molte altre vi faranno solo perdere del gran tempo con risultati deplorevoli e poi se volevate risparmià ve ordinavate na pizza a domicilio. Piuttosto dedicatevi alla ricerca strenua di fornitori online, chiedete preventivi e, se necessario (ma anche solo per puro piacere), flirtate con gli uffici commerciali come se quelle che state ordinando in sconto non fossero veramente bomboniere da matrimonio.
4) Andate almeno a una fiera degli sposi, non ci troverete niente e vedrete quanto fa schifo MA vi abbufferete di confetti aggratis, capirete quanti pochi soldi avete e vedrete cose che un astemio non può neanche immaginare [cit.] Tipo, potrete incontrare un signore dal chiaro accento calabrese che vi prende per un braccio e vi fa “ho una cosa che le piacerà sicuramente tantissimo”, vi avvicinerete col vostro tailleur nero con ballerine besg e vi ritroverete in mano un album in pelo di cavallino blu elettrico con dentro foto a forma di cuore. Ve lo giuro, diventassi mora se mento. Queste sono cose che solo a FieraMilano possono succedere, e sono cose belle.
5) Non pensate mai “sì vabbè ma chemmefrega” perché, se tutto va secondo i piani, questa è l’unica volta che vi sposate e non ci sarà un altro momento buono per rifare qualcosa.
6)Una volta fatto tutto questo o mentre lo fate, andate a cercare il vostro vestito. Delegate alla suocera la scelta del vestito di lui, tanto è la solita roba grigia o nera.
Ora, avete presente quel vestito che avete sempre sognato sin da bambine? Dimenticatelo. O mettetelo da parte. Perché, a parte che non esiste, da quando avete cominciato a sognarlo il vostro culo è cresciuto esponenzialmente. Fatevi un regalo: provate anche l’impossibile! Provate tutti i modelli,  tutte le stoffe, fate gira-la-moda e così capirete che solo spendendo più del previsto potrete avere un abito bianco che vi smagrisce.
7) Trucco e parrucco fatto in casa sono sempre una cattiva idea, escluso il caso in cui vostro papà sia un londinese di nome Aldo Coppola (e quindi avete il papà ricchione)
8) La musica è importante se siete delle vere partygirl, anche l’alcool lo è. Che non manchino.
9) I parenti di merda sono equamente distribuiti nel mondo e no, non potrete fare a meno di invitarli e no, non si comporteranno meglio del previsto. Il tablòmariasg sarà un dramma ma ricordate che la perfezione non è di questo mondo. E che voi siete al tavolo solo col vostro bello, quindi anche sticazzi.
10) La lista nozze è sempre una bella idea, sia essa lista viaggio, lista casalinghi, listasssordi, lista beneficenza. Toglie delle rotture di balle agli invitati e la gente che la prende come una cafonata ormai non esiste più (e se esiste si adegua).
11) Non abbiate paura di chiedere alle vostre testimoni/invitate di rispettare alcuni codici di abbigliamento. Senza rompere troppo l’anima, ovvio, però tipo “no bianco, no nero, no viola, no rosso” è accettabile e vi evita molte madonne dell’ultimo momento. Non confidate mai nel buongusto delle persone, sapranno stupirvi sempre.
12) Il miglior modo per avere una bella festa e stare bene è fare in modo che gli invitati si divertano e non abbiano preoccupazioni, stressatevi a morte ma aiutateli in tutto quello che serve: alloggi, parcheggi, numeri di emergenza. Pensate a tutte le informazioni in anticipo e vi sentirete rasserenate quel giorno. Mettete quindi in conto di triturarvi la minchia fino a ridurla in purea nei mesi precedenti, rassegnatevi e siate felici.
13) Durante tutto il periodo organizzativo non dimenticate mai mai mai di tenere in fresco una bottiglia di buon prosecco. Ogni occasione è buona per prendersi un bicchierino di coraggio liquido o fare un brindisi.
14) Ovviamente tentate di stare a dieta, un chilo in meno non fa mai male, ma non snaturatevi che poi vi esaurite e vi vengono le rughe. Ovvero: se siete delle rubizze contadinelle nulla vi renderà Guinet Paltrov, se siete delle scope secche nulla mai vi farà somigliare a Cristin Devis, fatevene semplicemente una ragione. Se i vostri parenti di primo grado amano gli ovini e la festa della birra, non pretendete di costringere tutti a una soirée in stile Ballo delle Debuttanti perché vi verrà fuori una sagra della porchetta vestita a festa e ci resterete solo tanto male. Non fingetevi una che non siete, probabilmente voi siete già meglio. Senza rinunciare a fotoscioppare un po’ la realtà, chemmazzo.
15) Tutti quel giorno vi diranno “tranquilla, e che sarà mai, non è successo niente, chi vuoi che se ne accorga?” e un sacco di altre panzane. Non ascoltateli, è normale che qualunque piccolo dettaglio vi metta l’ansia. Voi però dovete restare concentrate, attente, orientate al target, col cuore oltre l’ostacolo, con la mission tatuata nella mente, focalizzate sull’obiettivo: ESSERE LA Più FIGA.

In sul calar del sole reco in mano 7 recempsioni

L’estate sta finendo, qui a Milano già piove da un pezzo, se non piove fa afa grigia. Uno spasso. Ed è con questo spirito scoppiettantissimo che vado a recempsire le ultime letture.
Certo, avevo detto che avrei letto solo ed esclusivamente monnezza, invece di mezzo ci ho messo qualcosa che non sembrava monnezza e invece, alla fine…

SURVIVOR – Chuck Palanhiuk
Molto figo, va detto. Non il suo migliore, comunque molto figo. E’ la storia complicata di un membro della chiesa Creedish, la classica setta americana in cui a un certo punto si ammazzano tutti. Tutta la storia gira intorno all’ossessione del sesso e della verginità e al suicidio. Tutti i libri di questo autore sono un po’ così: incentrati sulle manie e sulle psicosi di gente assurda, sarà per questo che mi piacciono tanto, perché ci sono bei colpi di scena e situazioni mai scontate. Inventiva ammirevole, anche se l’inizio è un po’ lento.
Adam dice che le culture che per renderti schiavo non ti castrano fisicamente, ti castrano il cervello. Rendono il sesso una cosa talmente ripugnante e diabolica e pericoloso che anche se sai quanto potrebbe essere bello avere dei rapporti sessuali, neanche ci provi.
VOTO: 7

IL MOMENTO E’ DELICATO – Niccolò Ammaniti
Ammaniti è sempre bravo ma sti raccontini sono proprio né carne né pesce. Ovviamente, come sempre, il finale in caciara è assicurato. Alcuni sono molto divertenti, altri sanno già visto-già sentito. Senza infamia e senza lode.
VOTO: 5

TONY PAGODA E I SUOI AMICI – Paolo Sorrentino
Ecco, a me quando uno come Sorrentino – che ha fatto i soldi – prova a fregarti così banalmente, mi girano fortissimo. Racconti lenti, a tratti mortalmente noiosi che, se all’inizio non convincono, alla fine rompono veramente i coglioni. Se sto libro l’ha scritto Sorrentino mi nonna è Hoara Borselli.
Nonostante tutto, salvo qualche citazione:
“E’ questione di tempo, ma si finirà per sostituire le scritte sulle borse direttamente coi cartellini appesi col prezzo da sopra. Ve lo dico io. Se pensate che la volgarità abbia posto dei limiti a se stessa allora la risposta è: no, non ha posto limiti.”

“Negli anni gli architetti, categoria di una pigrizia pari solo a quella dei camorristi disoccupati dalla Camorra, hanno stancamente consigliato alle signore ricche solo ed esclusivamente una soluzione a tutti i problemi della casa e della vita. Questa soluzione si chiama camino. E le ragioni addotte dall’architetto riguardo l’assoluta necessità del camino, sono sempre state monumentali e inattaccabili. Queste, sono le ragioni: il camino fa calore, il camino fa famiglia, il camino è bello, il camino fa casa elegante, ci puoi invitare gli amici e ci fai la brave, il camino ti fa meditabondo, guardi il fuoco e ti viene un’idea geniale per evadere le tasse, ti ci siedi di fronte, ti prendi il tepore sui piedi e ti leggi un bel libro. Nove su dieci, un libro sui camini.”
VOTO: 3

MIGNOTTOCRAZIA – Paolo Guzzanti
Riassunto: ciao sono Paolo Guzzanti, sicuramente mi conoscerete per aver dato alla luce quel gran figo di mio figlio Corrado, quell’imbecille senza pari di mia figlia Sabina e poi Arianna di Boris. Siccome ho inventato io il termine “mignottocrazia” scrivo un libro intero per ribadire questo concetto, ovvero che sono io che ho inventato il termine “mignottocrazia”, termine che non esisteva prima che io inventassi il suddetto lemma “mignottocrazia”.
Gentilmente, qualcuno mi cava gli occhi? Grazie.
VOTO: 2

REQUIEM PER UNA PORNOSTAR – Deaver Jeffery
E’ un giallo la cui protagonista indossa abiti raffiguranti dinosauri, Rune. Una serie di strane esplosioni  in cinema porno incuriosiscono Rune che decide di dare una svolta alla sua carriera girando un film sulla doppia vita della pornostar Shelly Love. Questa sua idea, però, non va a genio a un misterioso uomo col cappello che cerca di ammazzarla. Poi c’è un’altra esplosione e proprio Shelly Love rimane uccisa. Rune non si arrende e continua ad indagare. Fatto sta che il libro continua senza grosse trovate fino ad oltre la metà, poi ci sono sette miliardi di colpi di scena impensabili, sino al finale. Parte a mazzo e finisce a razzo.
VOTO: 6 e mezzo

CHE COSA TI ASPETTI DA ME – Lorenzo Licalzi
Confessioni di un vecchio fisico ricoverato in un ospizio in seguito all’ictus. Le sue impressioni, la sua vergogna, la sua verità e tanti ricordi. Questo libro mi è piaciuto moltissimo, è dolce, intenso e ironico, apre uno spaccato sulla vita e sui pensieri degli anziani che diverte e commuove. Dopo una vita strana ma dolorosa, il fisico Tommaso Perez si ritrova a sbavare mentre mangia, a non camminare, a non avere speranze nel futuro, si comporta da bisbetico allettato e  viene soprannominato “Mr Vaffanculo”. A un certo punto tutto cambia ma non voglio spoilerare. Ah, da notare: è scritto tutto in prima persona, se siete di quelli che non tollerano il protagonista narratore beh, non fa per voi.
E’ facile vedere Dio nella bellezza della natura o nella perfezione delle dinamiche cosmiche, ma allora lo si dovrebbe vedere anche nelle putride discariche di Calcutta, che sono le case di bambini che si cibano di spazzatura, o in certe camere d’albergo di Bangkok, e nella supplica che il bambino rivolge al pedofilo che lo violenta e che si esalta, si esalta per quella preghiera. Lo si dovrebbe vedere, certo, ma io non lo vedo.
VOTO: 8

CINQUANTA SFUMATURE DI GRIGIO – Erika Leonard James
Te pare che me lo perdevo? Mammancopegnente. La trama è questa: ci sono due amiche, una bella e ricca e l’altra caruccia e precaria. La caruccia e precaria sostituisce la bella e ricca ad un’intervista per il giornale della scuola (Rory Gilmore de sta fava)e lì conosce Christian Grey, un uomo con gli occhi e la giacca grigia (io l’ho immaginato sempre con la faccia di Christian Bale). Lui ha 27 anni, 40 000 dipendenti, svariate mijardate di dollari e una nerchia notevolissima. Sì, perché -non si capisce come – ma a Grey piace la precariella e le dà la caccia a suon di auto in regalo, computer in regalo, shopping illimitato in regalo. Lei, manco a dirlo, ci sta. Arrivano al dunque, lui sfodera la nota spada de foco e lei dice “Grey, ottimo direi”. Quindi trombano ma lei è precaria, caruccia e vergine. Quindi, momento Memorie di una Gheisha, fa la macchia di imene sul lenzuolo.  Dopodichè lui le dà da firmare un accordo di riservatezza piuttosto lungo in cui c’è anche una clausola sul non cacarsi addosso reciprocamente. Di lì è tutto un “ciao, come va? trombiamo!” con delle descrizioni particolareggiate di sti quattro/cinque amplessi che poi, diggiamoggelo, non sono davvero niente di che. S’accoppiano nella vasca da bagno, s’accoppiano in una  stanza accanto a quella in cui stanno i genitori di lui e cose simili. E capirai che trasgressioni! Alla fine, ma proprio alla fine, esce fuori sta questione del sadomaso, lui vorrebbe corcarla di botte pretendendo che a lei piaccia. Ora, io non me ne intendo, fatto sta che tutto sto sadomaso doloroso da morire si riduce a quattro cinghiate sulle chiappe con tanto di spalmata di crema emolliente dopo. Eccapirai, che scandalo. Ai tempi di mio nonno era il padre di famiglia che diceva “me tolgo la cintura eh..” e i bambini finivano in silenzio il piatto di minestra.
Pare che questo romanzo abbia fatto impazzire le casalinghe disperate e depravate di mezzo mondo, che abbia risvegliato chissà cosa in chissà chi e via discorrendo. Io ho capito che è il classico libro che legge chi non legge: scritto male, inconsistente, con quattro sozzerie che in confronto Armoni era un pornazzone, sto famoso “accordo di riservatezza” (di 4 o 5 pagine) viene ripetuto più e più volte a voler allungare il brodo con l’acqua sciapa, i personaggi hanno lo spessore e l’introspezione di una figurina Panini tarocca, MA sopratutto: cominciano a copulare poco prima della metà, ma che è? Voglio leggere un porno soft, mica solo un soft. Manco a dirlo, il finale è leggermente troncato nel nulla: i due litigano, lei lo lascia per finta, lui lì per lì non la richiama. Fine. Ma che fine è? Quella che dice “comprati gli altri due”. Sì, come no, aspettami seduto amico libraio.
VOTO: cinquanta sfumature di marrone

Le mie prime 5 grandi convinzioni su Milano

Ormai è qualche mese che vivo qui, povera me. Vivo in una graziosa e verde periferia tra Monza e Milano, lavoro in centrissimo.

Probabilmente il signoreddior ha capito che se non mi avesse messo almeno quattro piante intorno, sarei definitivamente impazzita, quindi vivo in una casa con un giardino che sembrano cinque e lavoro attaccata a uno dei pochissimi angoli verdi di questo lago di cemento.

Milano non è neanche brutta però è tutta grigia. Occhei, il grigio è elegante…ma il verde mi sta che è una meraviglia.

Il centro di Milano è un buco e sta tutto intorno al duomo, non c’è un albero manco a morire, in compenso fioriscono butic meravigliose.

I milanesi più che simpatici sono gentili. E facceli pure stronzi, direi.

Gli autoctoni continuano a usare indefessamente la parola “terrone” e “terronata” come nulla fosse, continuano a dire “ma a Roma i negozi aprono alle 11.00” il tutto davanti al mio accento tutt’altro che ambiguo. Lo dicono come se io dovessi capire, perché quella è la verità rivelata.

Milano mi sembrava culturalmente vivissima, vista da Roma, invece mammancopegnente: la stagione teatrale è pressoché una schifezza e quei due teatri che ho visto non avevano manco il riscaldamento.

Comunque, critiche a parte, ecco le mie prime cinque grandi verità sulla città della Smadunnina:

5- A Milano le ragazze sono tutte magre. Tutte: le milanesi doc e quelle di importazione, c’è una quantità di donne alte e magre che fa spavento. Generalmente hanno anche degli orribili piedi lunghi (i piedi sopra il 37 scarso non dovrebbero essere ammessi sulla faccia della terra).

Non so se riuscirò mai ad ambientarmi. Belle eh, intendiamoci, ma troooooppo lunghe!

4- A Milano gli uomini portano i legghinz.

Ora: fanno schifo sul 99 per cento della popolazione femminile, quelle poche che stanno bene dimostrano comunque un dubbio buongusto, cosa cacchio spinge un uomo – seppur omosessuale – a mettersi su una roba del genere? Tutti co ste zampe secche e ste camicette di ginz o a quadri, sti cappelli fintoboemièn- verogrezzèn, tutti a fare i Pete Doherty del Giambellino. Un grosso: vestiteve!

3- A Milano si mangia al napoletano/al toscano/all’umbro/al messicano.

Il massimo del tipico che si trova è la “Risotteria”. In realtà io sono convinta che il vero piatto tipico milanese sia il sushi. Buono così altrove non ce n’è (forse tranne che in Nippone). In alternativa il piatto tipico potrebbe essere il Giropizza. Per chi ha la fortuna di non sapere cosa sia, lo spiego io: si va in un posto e si spendono 12 euri fissi più cinque euri a bottiglia d’acqua. L’ambiente è una specie di capannone industriale che in qualunque altra parte del mondo ospiterebbe un’officina. Nelle lande lombarde, invece, ospita tavolate e tavolate mal tovagliate, i camerieri sono dei muli da soma con delle cinghie alla schiena, portano in grembo vassoi grossi come il tavolo de mi nonna con due maniglie ai lati, lì sopra campeggia sto metro tondo di una roba secca e asciutta condita solo ed esclusivamente male (tipo frutti di mare e pesto)  che si può mangiare fino a scoppiare. Praticamente un suicidio assistito.

2- I milanesi sono convinti che la loro città sia “lu centru de lu munnu”. Forti della definizione “capitale della moda”, si avvalgono del primo lemma applicandolo in senso assoluto: Milano capitale. In realtà, io che sono abituata alle distanze di Roma, vedo tutto piccolissimo. La metropolitana ha fermate ovunque, il bus si ferma ogni 300 metri…insomma, è tutto mini.

Loro, comunque, pensano di vivere in una metropoli europea, una roba diversa ma comparabile a Parigi. Tutto ciò mi è molto comodo: camminando al massimo dieci minuti in una qualsiasi direzione dal mio ufficio, arrivo a una profumeria.

1- I milanesi accorciano le parole in maniera strana. Nel mio dialetto si accorcia tutto, parliamo velocemente, sforbiciamo ad inizio parola, quanto al centro, quanto alla fine in modo che “dobbiamo andare a scuola” diventa “doemo nnàa scola” passando, senza colpo ferire, da 21 a 14 lettere e fonemi. I milanesi, invece, attenti all’immagine come sono, parlano il loro italiano con le vocali sbagliate e poi fanno alcune scuciture di stile che al mio orecchio suonano come un singolo dei Modà: inutile e dannoso. Insomma, parlando con un milanese sentirete dire: “mi hanno alzato lo stipe, ieri siamo stati al risto, in vacanza vado a Curma”. Ora prendo un pennello da fard e me lo pianto nel timpano.

Queste, comunque, sono convinzioni tutte mie derivanti dall’attenta osservazione del mondo circostante. Insomma, pura opinione opinabile.

La verità incontrovertibile, invece, è questa: i milanesi non esistono.

Non ho ancora conosciuto una persona che fosse una nata a Milano da genitori nati a Milano. Nella mia classe delle elementari ero l’unica umbra di genitori umbri ma di nonni forestieri, insomma la frase “sono umbro” aveva un significato profondo (e terribile, lo ammetto) fatto di polenta col cinghiale, verbi inventati, bestemmie perenni e tanto tanto tanto vino rosso.

La frase “sono milanese” invece significa “sono nato a Cinisello da mamma napoletana e papà pugliese perché mio zio abruzzese s’era trasferito a Rho visto che lavorava a Sesto San Giovanni, comunque sia mi nutro di aperitivi e voto Lega Nord”.