Gente infame che non sa cos’è il pudore [cit.]

Gli anziani che fanno i giovani (o anche i giovanilisti) in un certo modo li apprezzo.
Per dire, quando la ex suocera ultranovantenne di mia madre mi disse che amava ascoltare Gigi D’Alessio, io comunque lo apprezzai perché per lei era avanguardia pura.
Quindi quando quella rincoglionita della Fornero ha detto “ciusi”, io comunque ho gradito questo anglicismo. M’è sembrato scic, particolare, degno di nota, snobbetto al punto giusto per una faccia da stronza come quella.
“Ciusi” sta divinamente bene coi suoi fularini, col suo caschetto moscio, con la sua voce da beghina de paese.
Solo che poi ho pensato a una serie di cose, tipo a quanto ci ho sudato su quei dizionari, alla scuola per interpreti, per fare delle scelte lessicali appropriate. O tipo a quella volta che mi sono incrinata una vertebra in un incidente sul lavoro in nero, a 24 anni. O quella volta che ho visto morire una persona, la prima volta in vita mia, sempre sul lavoro, sempre in nero. O anche a tutte quelle volte che ho chiesto cento euri a genitrice per arrivare a fine mese. O quell’altra volta in cui ho aiutato una signora a mettersi una sciarpa nelle mutande per non cacarsi sotto, sempre durante quel lavoro in nero. E ci scordiamo i quattro mesi di lavoro gratis per il Vampiro? O di quando mi ha detto “sei bravissima, resta, però non posso pagarti”? O al giorno in cui sono arrivata allo Zoo di Testaccio, ormai promossa a responsabile da qualche mese, con il sorriso stampato in faccia di chi sta per firmare un contratto di addirittura un anno e invece era un progetto di tre mesi.
Mi basta anche solo pensare che quando il mio attuale datore di lavoro  mi ha detto che a gennaio 2013 avrò un contratto a tempo indeterminato, io in fondo in fondo non sono stata manco capace di essere felice, perché finchè non vedo non credo.

E quindi penso che ho quasi 29 anni, le tette grosse e i capelli biondi, un fidanzato con un gran bel culo, un abito da sposa “fottutamente impalpabile” [cit. AGB] e comunque sotto sotto ho l’ansia, e risiede tutta nel mutuo. Non credo che sia molto giusto rovinarsi l’esistenza per quattro spicci. Non credo che sia giusto che lo facciano AGB nel laboratorio in cui studia come salvarci dal parkinson, che lo faccia Mun che tenta di essere magistrato a soli 29 anni, che lo faccia PrimoAmicoMilanese che è professore di svedese a 28 anni, che lo faccia CugginoBoro che sarà anche uno spaccalegna ma è un bravo ragazzo, non penso che il lavoro di MAU (insegnante di liceo privato) valga 400 euro al mese, né che il Primate sia un privilegiato perché lavora da praticante avvocato 9 ore al giorno per 500 euro al mese e non aggratisse. E così via andare con tutti quelli che conosco, o quasi tutti.
E io sono una bionda svampita, però sono circondata da persone che – gravitando intorno alla mia puatrìn – hanno un certo spessore, stiamo tutti nella stessa barca che però naviga in un mare di guano [cit.]
Non me ne frega niente se la figlia della Fornero sta a casa con mamma e papà e l’hanno sistemata loro su un cuscino pieno di banconote. Davvero, a me di lei non importa. Mi importa parecchio di me e di noi, di quelli che comunque in piazza non ci vanno perché sennò rischiano il posto, di quelli che fanno gratis il lavoro che sanno fare e a pagamento un qualche cosa di raffazzonato. Mi importa che non mi cureranno i medici più bravi ma solo quelli che hanno avuto abbastanza soldi per stare fuorisede e fare i tirocini, che gli insegnanti non saranno più i più bravi e appassionati, ma solo quelli così disperati da non aver trovato un lavoro più gratificante socialmente ed economicamente. Mi importa pure che le commesse dei negozi di scarpe non saranno più donne interessate ai pellami e ai trend, ma studentesse di antropologia disperate a cui non frega nulla dei tacchi a cono e di quelli a stiletto e quindi non mi sappiano consigliare.
Una società fatta di persone che scelgono è una società che può scegliere di essere migliore. Una società di gente che non ha scelta, perché comunque la sera un piatto lo devi anche mangiare, è una società che va dove il vento la porta, che non prende una direzione propria, che non ha né il potere né la libertà di scegliere di cambiare.

Alla fine della fiera, nzomma, a me la scelta lessicale anglofona e un po’ sofistiché della Fornero m’è piaciuta, lei e il suo “ciusi”… però comunque ciusi un par de coioni.

 

22 pensieri riguardo “Gente infame che non sa cos’è il pudore [cit.]

  1. Bionda farei attenzione.
    La Fornero mi sta sul culo perchè ha spostato la mia lontana pensione in lontanissima e forse inesistente pensione però… però…
    Oltre ai tuoi esempi c’è anche quello che ha studiato la riproduzione dei fenicotteri grigi (che credo non esistano) e che vuole essere pagato per quello che ha studiato o quello che ha strappato una laurea non sapendo fare una O con il bicchiere e vuole dirigere fabbriche perchè è laureato

    Sarà che il mio metro di confronto, per ragioni familiari, sono medici che seguono protocolli (e che non sanno infilarsi un dito nel naso se non è scritto nel protocollo)…

  2. Elsa Fornero è semplicemente un personaggio inadeguato a ricoprire la carica che le è stata assegnata.
    Per dire, Sacconi era un bastardo vero, ma almeno perseguiva un disegno politico e ogni suo intervento era motivato in tal senso. Fornero esegue pedissequamente gli ordini di Monti, e ogni volta che apre bocca dice cazzate perché semplicemente non sa di cosa sta parlando.
    “Eh ‘sti ragazzi che non s’accontentano mai…” è un commento che mi aspetto dalla parrucchiera sotto casa, non da un fottutissimo ministro.

  3. @pellona: ed è subito voglia di patate fritte alle nove del mattino.

    @viv: tu hai ragione e io la penso anche come te. Il fatto che non basti né una laurea né le pretese per essere dei bravi, seri e competenti professionisti credo che sia noto.
    Ormai la laurea si prende coi punti della coop, quindi anche io resto abbacinata davanti a quello che fa ricerca sugli scrittori africani del secolo dodicesimo e pretende una cattedra, essere un bravo professionista vuol dire, tra le molte cose, avere anche un minimo di senso della realtà!
    Però questo discorso non vale quando parliamo di tante e tante altre professioni, a cui magari si accede tramite concorsi, che continuano a privilegiare solo quelli che hanno i mezzi per temporeggiare. Proprio perché la tanto millantata meritocrazia deve avere un senso, è inutile e dannoso a tutta la società che un ‘avvocatessa guadagni più come bebisittah che con le sue pratiche, che io prenda più da segretaria che da traduttrice. Perché così in tribunale discutono le cause i Ghedini e i figlidighedini, negli ospedali ci troviamo quelli che hanno avuto abbastanza soldi per stare otto anni fuoricorso, insegnano solo quei quattro che potevano aspettare venticinque anni in graduatoria per le supplenze e via andare in ogni campo.
    Dare la possibilità di concorrere per una posizione lavorativa (e non assegnare un posto e punto) a chi ha almeno sulla carta le competenze per ottenerla porta anche a un’inevitabile e sana scrematura dei cretini.

    @simcek: è vero, la Fornero sta lì a fare non si sa bene cosa ma comunque fatto male. Questo non la rende minimamente meno colpevole e responsabile delle merdate dannose e offensive che vomita in giro con quella sua aria da professoressa di lettere del secolo scorso. Se domattina, caro simcek, ti offrissero di fare la bionda procace, non credo proprio tu accetteresti. Come io non accetterei, che so, di progettare un carroponte per un’acciaieria, né di guidare uno scuolabus, né di praticare liposuzioni. In qualunque caso, da una persona anziana come la Fornero, mi sarei aspettata un’opinione leggermente difforme – almeno per saggezza – da quella della parrucchieramarisa di turno. Mortacci sua.

  4. Dimentichi, Bionda, che per chi sta al vertice, si vive meglio da ricchi in una società di poveri che da ugualmente ricchi in una società di meno poveri. Ed è quello che da 30 anni stanno perseguendo i liberali e liberisti di tutti i paesi, dai Chicago Boys made in usa giù per li rami del mondo fino ai nostri Bocconiani e Luissiani, ai nostri Sacconi e La Russa. (Io li chiamerei reazionari, ma è un vocabolo passato di moda)
    Ah, dimenticavo, ci aggiungiamo anche il nostro Ambasciatore Romano, quello che “il mondo della Belle Epoque era migliore del nostro, perchè la gente sapeva stare al proprio posto” ?

    Che ‘mmmondo di ‘mmmerda, grazie Treu, Grazie Mario Biagi.

    Anonimo SQ

      1. Se volete, vi racconto la storia del lavoro intermittente.
        Così capirai che bel pasticcio ha combinato quell’uomo.

        Anonimo SQ

  5. @AnonimoSQ: ma come? non ami la flessibilità? è bellissima invece! Parti dal presupposto che non guadagni una fava, comunque quel poco che prendi lo investi sempre per pagarti un affitto diverso in una città diversa…è bellissimo essere flessibili, anche se me pare che ce flettano sempre a una certa angolazione.
    @venti: DiCi?Nn Lo $0 $3 PoI M| Ri$pOnD3!

  6. Io penso che ho vent’anni più di te. E vent’anni fa aprivo il mio studio, un vecchio magazzino, con un tavolo e quattro cavalletti. Lo aprivo perché avevo avuto dei genitori che, credendo in me, mi avevano permesso di arrivare fin lì, lo aprivo perché avevo dei sogni, dei progetti, delle idee, lo aprivo perché avevo degli amici che volevano condividere i miei sogni..
    Vent’anni.
    Una moglie, una figlia, la macchina nuova, la casa, un mutuo. Facevi fatica, ovvio, non ti regala niente nessuno se non sei un figlio di, ma mi hanno insegnato che, per crescere sul serio è meglio così. Ti spaccavi la schiena ma c’era un guardare in alto, un obiettivo, anzi sempre più d’uno. Lavoravi cercando di dare il meglio, avendo sempre voglia di imparare, senza pensare come prima cosa ai soldi perché non è così che deve essere, quelli arrivano poi, se lavori bene, se ti impegni. Davi lavoro a persone che erano la tua famiglia, con cui passavi più di metà della tua vita, che crescevano anche grazie alle tue esperienze. Siamo arrivati ad essere in quindici, qui. E non ho MAI fatto un euro in nero.
    Il mio studio quest’anno compie vent’anni. E, sinceramente, non so se festeggerà i ventuno.
    Non so se sarò costretto a vender casa, non so chi riuscirò a tenere ancora.
    Oggi, non so.
    Riparto dal via. Come vent’anni fa.
    Qualcuno, in fondo me li ha rubati, questi vent’anni.

    1. @D&R: la cosa che più mi impressiona è che, nonostante la tua storia sia comunque attualmente angosciante, quelli della mia generazione non possono che invidiarti. E’ paradossale, ma perlomeno c’hai creduto (e campato) per vent’anni.

  7. Aggiungo a quello che dice Viv che, sì, è vero, ci sono dei laureati che non fanon la O col bicchiere, ma ci sono sempre stati, no? Non credo sia quello il succo del discorso.
    Quello che dice la Fornero, e che mi manda su tutte le furie, è che mia figlia sarebbe ciùsi perché, con una laurea con lode e la capacità di lavorare bene (perché glielo hanno detto), per un anno ha preso 6 euro lorde all’ora, un’ora qui e un’ora là dopo due o tre giorni, per fare il suo lavoro; e, volendo fare quello e non la cassiera (perché lei, avrebbe investito tempo e denaro per fare altro, non perché non le piacerebbe fare la cassiera…), si sente dire che è ciùsi perché non va a lavare i cessi.
    Se avesse voluto lavare i cessi, avrebbe cominciato dopo la scuola dell’obbligo e a quest’ora avrebbe messo da parte abbastanza per andare a fare un giro a Roma a dire alla Fornero: ciùsi dei miei coglioni, cretina.
    Per altro, non essendo ciùsi, ha ormai abbandonato il lavoro per cui si è laureata e fa l’impiegata part-time. Quindi non può andare a Roma a dire alla Fornero: ciùsi un par di balle, ignorante.
    (l’avevo già detto? Be’, l’ho ripetuto)

  8. Una cosa sola: non confondete Marco Biagi con la legge che porta impropriamente il suo nome. Fosse stato vivo, quella porcata non avrebbe visto la luce, o quantomeno si sarebbe giustamente chiamata “legge Maroni”.

  9. @ simcek
    Non lo so, qualcuno mi ha spiegato che in realtà il genio della lampada sarebbe stato il ns caro ex-ministro Sacconi.
    Vi racconto (come la ricordo): la ns università (sono entrato nel 1983) aveva uscieri e portinai, muratori, idraulici e giardinieri. Poi, è diventato moderno dare in subappalto, ed ha fatto finta di riciclare uscieri, muratori e giardinieri in lavori d’ufficio, sub-appaltando a ditte e cooperative (e qui non dico di più, temo la giustizia). Così la ns portineria è stata data in appalto ad una cooperativa (è un Istituto Scientifico, abbiamo merci, strumenti e/o tecnici di ditte che vanno e vengono, come e più di una azienda artigiana).
    Successivamente, l’appalto lo vinse una ditta, senza dipendenti, che offrì di sub-sub appaltare alla cooperativa di prima, o di assumerne i dipendenti (a meno paga, ovviamente).
    Poi arrivarono Biagi e Treu, e l’appalto lo vinse un’ altra ditta (senza dipendenti), che si offrì di riassumere ulteriormente i dipendenti precedenti, ma con le modalità del “lavoro discontinuo”, previsto dalla Legge Biagi. Ovvero: quando uno sta in portineria, controlla chi entra e chi esce, ma solo mentre qualcuno entra od esce; se nessuno entra od esce, in effetti, non lavora: ergo, si configura il lavoro discontinuo, che si può retribuire largamente di meno (generosamente stimiamo metà dell’orario di presenza ?). Anche il numero di persone per turno, ovviamente, così configurandosi dopo attenta analisi il lavoro, può essere ridimensionato.
    Vi risparmio la storia delle cause e dei ricorsi dei dipendenti “trombati” e di quelli costretti ad accettare una drastica riduzione del salario con ben maggiore orario.
    Morale della favola: son rimaste meno persone, guadagnano a stento 600/800 €/mese con turni di 8 ore minimo, con un turnover orribile, per cui spesso non conoscono neppure noi dipendenti (passano da una sede all’altra). Se debbono andare a fare cose nelle aule , chiudono giustamente la guardiola e mettono il cartello “Torno subito” etc. In compenso, il numero di furti ad opera di malintenzionati (spesso balordi del quartiere) introdottisi tranquillamente (gli studenti vanno e vengono) è cresciuto esponenzialmente.
    Che ne dite? Bravo/ì davvero quel/quei giuslavorista/i e/o ministri ? Gli basterebbero quei soldi per mantenere non dico la famiglia, ma anche solo loro stessi ? La “giusta mercede agli operai”, si diceva un tempo, no ? Così si doveva rilanciare l’economia del paese, vero ?

    Anonimo SQ

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