TRE METRI SOTTO ‘N TRENO [cit.]

"Finalmente è venerdì, porta via lo stress di questa settimana" dicevano gli articolo31 nel loro ultimo cd decente. E io ci ho sempre creduto, l’ho sempre sostenuto che il venerdì è più importante del sabato e molto più cool. Figurarsi se poi di venerdì a Roma c’è la Notte Bianca. E chi m’ammazza? Ormai addio paese, addio Umbria: sto in città e ci sono mille cose da fare. La prima delle quali è andare allo stasg. Quindi stamane mi alzo, la serranda è tirata giù perchè tira vento allora devo accendere la luce. PUK! Dalla lampadina una pioggia di luce di stelle si propaga nella mia stanza alle 8 di mattina. Quanta poesia appena sveglia! Come no. Sì sì. Si era appena fulminata in  maniera estremamente spettacolare la lampadina che penzola dal filo della mia camera.

Vabbè, stica. Vado in cucina a farmi un caffè e qui la luce funziona. Perchè semplicemente non alzo la tapparella? Perchè tira vento e in cucina manca un vetro alla finestra. Si è spaccato qualche mese fa, tipo a giugno. Ma faceva caldo e quindi non serviva, anzi, era pure comoda la presa d’aria autoprodottasi. La mia casetta è intelligente.

Insomma mi preparo, oggi mi infighetto che vado a pranzo con AmicaUmbra: ballerina testa di moro, jeans bianco, cinta testa di moro, canotta bianca e blusa velata a fiori. Va sottolineato che la blusa è in puro polimero sudatore massimo. Ma a settembre Roma è fresca dunque posso indossarla.

Mi carico il pc nella fantasmagorica valigetta pelle e tessuto di Piquadro residuo della laurea che vuota pesa 5 chili. Col pc dentro e il maus e l’agenda e gli occhiali e la biro e il blocco appunti e il portafogli fa tipo 9 chili.  Chissene. Parto: metro, Termini, mitico 40. Arrivo chiamo il Vampiro e mi accorfo che- toh!- l’alimentatore del pc è rimasto sul tavolo della cucina. Che bellezza, giubilo e gaudio in tutto lo stato pontificio! Quindi riprendo i mezzi, torno a casa e ritorno vicino casa di Benni Sicstiin. Il tutto in sole 2 ore. Che poi, mettiamolo agli atti, io non è che smanii così tanto di stare 4 ore sui mezzi di una capitale occidentale  l’11 settembre. Insomma arrivo lì e mi dico "vabbè tanto oggi alle due e mezza stacchi, serena". E infatti alle 17.30 stavo ancora aspettando che riattaccassero il fax nell’ufficio di Ciampi.

Calma zen, domani è sabato. Domani è sabato e dopodomani domenica. Sii serena. E infatti "Frangia senti, portati il telefono aziendale a casa, così almeno puoi fare qualche chiamata domattina" proferisce la voce del Vampiro. Inspira. Espira. Inspira. Espira. Il polimero ormai appestava tutta la mia zona periascellare. Che imbarazzo. Caffè e imbarazzo, caffè e imbarazzo.

Ok, adesso sono quasi le 6 quindi me ne vado, ho deciso. Sono sola in questo grande ufficio, non voglio morire per mano di quel pazzo segaiolo di portinaio me ne vado. Perchè lo so che lui è quello è il classico personaggio alla fraticello del nome della rosa, lo so, si vede. Mi guarda con quella faccia avvezza solo a eminenz e eccellenz, con quegli occhietti zozzi. Via via sono giovane e piacente, meglio scappare.

E poi domani ho il pranzo accordato con BelloneMicroFallico (ho rimandato la cena ieri dopo la liaison dangereuse di sabato sera) e mi ha anche chiamato AmicaLogorroicaTorinese che vuole venire da me doo ben due anni e mezzo che non ci vediamo! Il mio uichend sarà ricco di emozioni e niente affatto noioso, a partire da stasera, lo so.

E infatti arrivo a casa e, in preda alla smania di organizzarmi gli appuntamenti, mi muore il cellulare. Morto, defunto, kaputt, nessun segno di vita, manco il coma irreversibile. Il mio nochia rosa con adesivo di Kitty se n’è andato nel paradiso dei telefonini, così, all’improvviso, come Maic.

ll tutto alle 19.30. Allora corro e mi metto le birchenstoc, i jeans sporchi, la canotta puzzolente di polimero sudatore e il golfino della nonna, un occhio struccato e uno no. E corro, corro corro verso ilcentro vodafone del mio tanto caro Calabrese.

Si rende necessaria una parentesi: Calabrese mi ha venduto la internetchi. Calabrese è alto, moro, con la pelle scura, i denti bianchi e la maglietta rossa. Calabrese è un gran pezzo di figo. E io c’ho un occhio struccato e uno no e le ascelle radioattive. Cioè. Ogni scusa è buona per fare una ricarica da Calabrese, per parlare con Calabrese, per sorridere a Calabrese. Per vedere che Calabrese non me caca. Ma insomma, io voglio un cellulare, un cellulare che costi poco e funzioni. Subito.

– ciao Calabrese, scusa l’ora, lo so che ti trattengo ma ho un problema…mi serve un telefono subito! Guarda il mio…

E sto stronzo del mio cellulare si illumina. E mi chiede di inserire l’ora e la data. Pure il fuso mi chiede. Davanti a Calabrese che mi guarda con odio. Alle 19.50. E siamo io, Calabrese e un cingalese che ha appena staccato il suo turno di cucitura di palloni.

E tornata a casa con le doppiepunte tra le gambe, apro il frigo. Sento l’eco. Vedo ‘aurora boreale della lampadina. Mi stupisco che non si fulmini. Apro il freezer e ci scoproL’era Glaciale, solo che non fa ridere: una busta di cicoria surgelata e una di parmigiano grattato. E quello ho mangiato. ADVAISORI: non provate a rifarlo a casa, questa roba è mangiata solo da professionisti.

Del colloquio a cui mi sono sottoposta, di quelli a cui ho sottoposto, della lotta tra me e me davanti a messenger sempre più a portata di errore, parlerò quando non avrò i piatti che ululano nel lavandino.

Mi domando se stia conducendo un’esistenza tanto poco degna di menzione da rendere necessario uno scurimento tricologico.

15 pensieri riguardo “TRE METRI SOTTO ‘N TRENO [cit.]

  1. nooo, bionda, non ci provare, a scurirti che sennò a me tocca il biondo platino da escort berlusconiana diomenescampi.

    tieni duro e pensa ammè, che lunedì comincio con due classi che sono un incrocio tra il CPT di Lampedusa, il Cottolengo di Torino e il pubblico di Maria DeFilippi…

  2. già immagino il cecchino ben appostato e pronto a far fuoco sull’incauto coiffeur che dovesse accostarsi alla tua chioma bionda con in mano della tinta scura…..

    giuseppe

  3. Sai, ragazza mia, mi meraviglio sempre della lucidità con cui tu riesca a riportare una giornata come questa sul tuo blog..
    Sei un caterpillar.

    Comunque, se le lampadine fanno i capricci, sin dalle elementari noi meridionali siamo invitati a credere che siano i dispetti del u’ monicciello (il monachetto). Sta attenta.

  4. ah sì, Durlindana…”u monecacidd”, già…
    Io dico che finchè Frangia avrà la forza di esorcizzare la sfiga con i suoi post (che per inciso, a me fanno ridere tanto), la sfiga non sarà mai davvero tale…

  5. “Quel giorno un carro di fuoco attraverserà tutto l’universo, lasciando dietro di sé una forte luce a voi sconosciuta. Quello sarà l’avviso che il castigo di Dio è vicino. La terra tremerà, il Sole girerà su sé stesso con grandi esplosioni; la Frangia si tingerà di nero”.

  6. @lanoise: no, la maria nooooo…
    @pallina: dici che basta prenderla per culo la sfiga? no, perchè poi ho anche rotto l’interruttore della luce dello sgabuzzino…
    @Caroto: scrivilo su uno striscione e scendi in piazza!
    @giuseppe: e chi lo manda sto cecchino?
    @laDurli: ma come il monachetto? io che sono culo e camicia con Benny, mi ritrovo avverso un curiese?
    @ilgattosilver: no, la mia è un’esistenza degna di stipsi.
    @tomada: t’è presa bene con le apocalissi ultimamente?

  7. io eviterei lo scurimento tricologico..a priori! ma cmq anche ragionandoci, non si può dire che tu stia conducendo un’esistenza poco degna di menzione,non foss’altro per il lungo post che hai scritto che appunto menziona la tua vita e che viene letto avidamente! e poi frangia.. e poi su con la vita! almeno non ti tocca vivere la traccia 17 del cd Elio Samaga Hukapan Kariyana Turu. tu sai chi. tu sai come.

    ScimmiaColVestito

  8. @tomada: essendo io orfana si Scai, non so di cosa parli.
    @Scimmia: effettivamente il mio tempo esistenziale (che non oserei definire “vita”) è degno di essere vissuto proprio perchè io so chi, io so come.
    @lanoise: no no no, Calabrese sa scrivere il proprio nome, l’ho visto. E tu sai bene che io adesso voglio uno non alfabetizzato, è categorico.

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